Da Riccardo III a Boris Johnson il passo è breve. O almeno può sembrare. Così, la serie tv This England – che prende il titolo da un verso di un’opera di Shakespeare – racconta un’altra tragedia, molto più vicina a noi: quella dello scoppio della pandemia di Covid-19 nel Regno Unito nell’autunno-primavera del 2020.
Manca il Johnson politico
Protagonista dei fatti narrati è l’ormai ex premier inglese Boris Johnson, interpretato da Kenneth Branagh. Anche se è difficile mettersi nei panni di un personaggio così particolare, Branagh non sembra minimamente all’altezza del compito: il suo Johnson appare sì svagato come intendeva farsi percepire l’originale, ma anche incapace di prendere quelle decisioni che in realtà ne hanno fatto nel corso degli anni uno dei manovratori politici più abili e cinici nel partito Tory e a Westminster.
Manca, nell’interpretazione di Branagh proprio il “politico”: un fallimento assoluto se pensiamo all’opera del Bardo, tutta incentrata sul potere come insopprimibile ambizione dell’uomo.
Tutti hanno sottovalutato il coronavirus
Johnson si ritrova, dunque, a doversi occupare di una cosa più grande di lui, la pandemia, e appare curarsi ben poco di quanto sta accadendo attorno a lui, preso com’è dalle celebrazioni per la Brexit, dall’imminente nascita del settimo figlio, dai problemi famigliari e da quelli interni al suo governo.
L’immagine di un Johnson che ha sottovalutato l’arrivo del coronavirus in UK è quello che vuole trasmetterci la fiction. Nulla di nuovo, se pensiamo alle critiche che sono piovute – più o meno giustamente – al leader Tory.
Critiche che, se vogliamo, si potrebbero applicare a tutti i leader mondiali: da Giuseppe Conte – che ci disse di “stare tranquilli” perché da noi il Covid non sarebbe mai arrivato – a Emmanuel Macron, che, in una Parigi spettrale, impaurita dall’aumento dei casi, si fece filmare mentre andava al cinema con la moglie.
Ma la fiction è fiction e tra una visita a Chavening e una alla dimora di campagna dei premier UK, Chequers, Johnson viene informato della gravità della situazione. Una situazione che nessuno – al mondo – sa come gestire. Se Johnson si trova a mal partito con grafici, numeri e nuove sigle come “indice RT” e così via non c’è da fargliene una colpa: chi al mondo aveva – o poteva avere – la situazione realmente sotto controllo?
L’eminenza grigia
This England mette in scena alcuni personaggi-chiave dell’entourage di Johnson: il capo della comunicazione, Lee Cain; il deus ex machina della sua vincente campagna elettorale Isaac Levido; e, soprattutto, Dominic Cummings, il mefistofelico capo dei consiglieri e vero e proprio Rasputin di Johnson, interpretato magistralmente da Simon Paisley Day.
Nei primi episodi appare in nuce il dissidio tra lo stesso Cummings e Carrie Johnson, moglie del premier ed ex capo della comunicazione del Partito Conservatore. Dissidio che porterà all’addio di Cummings da Downing Street e alle conseguenti rivelazioni sul partygate.
Una serie passatempo
Se l’obiettivo della serie è quello di fare luce sulla “vera storia” del Covid in Inghilterra, meglio, ovviamente, rivolgersi ad altre fonti e alla letteratura sul tema (è recentemente uscito con la rivista conservatrice Spectator un resoconto dei fatti scritto dall’ex Cancelliere Sunak).
Se, invece, è avvicinare i telespettatori alle dinamiche politiche che governano i grandi uffici di stato – come Downing Street – meglio rivolgersi a Shakespeare e al suo Riccardo III. This England è un buon passatempo per una serata fredda e piovosa: inglese, si direbbe, con facile gusto per il cliché.