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I lupi scesi dai monti per “defascistizzare” l’Istria: i crimini dei comunisti nei ricordi di un esule

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Sebbene nell’ultimo ventennio circa, da quando nel 2004 venne istituito il Giorno del Ricordo, sia gradualmente aumentato il riconoscimento nei confronti delle vittime delle Foibe, per decenni i loro parenti sono stati costretti a piangere i loro morti in silenzio, in quanto lo Stato italiano non voleva riconoscere i crimini commessi dagli jugoslavi per non suscitare le reazioni dei comunisti. Anche per questo, è più importante che mai ascoltare le storie di quegli esuli istriani e giuliano-dalmati che sono ancora vivi e in grado di raccontare in prima persona ciò che hanno vissuto.

Tra questi un nome degno di nota è quello dell’artista e scrittore Piero Tarticchio il quale, giunto dall’Istria a Milano quand’era ancora un bambino, e oggi residente a Segrate, ha raccontato in diversi libri le storie degli infoibati e dei sopravvissuti. L’ultimo è la sua autobiografia Sono scesi i lupi dai monti, edita da Mursia.

Nel libro, Tarticchio comincia raccontando la sua infanzia a Gallesano, piccolo paese dell’Istria; un mondo non perfetto ma dove comunque si viveva bene finché, a partire dal ’43 e ancor più dopo la liberazione, scesero dalle montagne i comunisti di Tito (i “lupi” del titolo), che con il pretesto di sradicare il fascismo uccisero in due ondate innumerevoli civili, la cui unica “colpa” era quella di essere italiani, e costrinsero gli altri a fuggire (e qui viene facile il parallelismo con chi oggi parla di “denazificazione” in merito all’invasione russa dell’Ucraina).

Nel corso di quegli eccidi, Tarticchio perse nelle Foibe sette parenti, tra cui il padre del quale non sono mai stati ritrovati i resti. Inoltre, viene raccontato come perse un caro amico d’infanzia in quella che viene ricordata come la Strage di Vergarolla quando, il 18 agosto 1946, i titini provocarono un’esplosione sulla spiaggia di Pola che causò decine di morti e feriti.

Quasi altrettanto raccapriccianti sono le pagine in cui viene raccontato il modo in cui vennero accolti in Italia coloro che erano stati costretti a lasciare le loro case: i comunisti italiani aizzarono folle inferocite contro gli esuli inermi, additati come “fascisti”, al punto che quando questi giunsero in treno alla stazione di Bologna, deboli e denutriti, videro i lavoratori ferroviari che per “protesta” versavano per terra il latte destinato ai bambini. Questo fu per molto tempo il destino degli italiani d’Istria e Dalmazia, prima perseguitati nelle loro terre e poi trattati dalla stessa Italia come una specie di corpo estraneo.

“Sono scesi i lupi dai monti” non è un libro adatto a tutti, in quanto l’autore non ha problemi nel raccontare anche i dettagli più macabri di quelle vicende storiche. Ma è senza dubbio un libro necessario, poiché la storia del popolo istriano illustra cosa succede quando i popoli diventano accecati dall’odio e dall’ideologia, che in questo caso non ha portato solo gli slavi a colpire tutti gli italiani senza distinzioni, ma ha anche messo gli stessi italiani l’uno contro l’altro.