Recensione a cura di Patrick Bateman
Fra le più interessanti novità di questo 2021 appena iniziato sul variegato palinsesto Netflix c’è la serie tutta francese “Lupin” (interpretata da Omar Sy e prodotta da Gaumont) che si ispira e attualizza la figura dell’arcinoto ladro gentiluomo. Lo stesso ladro gentiluomo è stato poi fonte di ispirazione per il protagonista del manga “Lupin III”, edito per la prima volta nel 1967 e oggetto di innumerevoli adattamenti anime. Certamente questa figura misteriosa ed elegante, a cavallo del muro sottile fra bene e male, da più di un secolo ha alimentato tanti eponimi più o meno diretti ma non sono in molti a sapere che Arsenio Lupin è nato dalla mente dello scrittore francese Maurice LeBlanc e che, se fosse dipeso esclusivamente dal suo creatore, sarebbe stato un mero esercizio di stile o poco più.
Nel 1905 infatti, l’editore e amico Pierre Lafitte commissiona a LeBlanc un racconto che possa andare incontro ai gusti del pubblico, e l’autore, riottoso, scrive quasi di getto “L’arresto di Arsenio Lupin”, che si rivelerà subito un successo tanto grande quanto sorprendente. Sono gli anni della Belle Epoque, e di una certa frivolezza si ammantano anche i lettori, stanchi dell’amara satira borghese e del realismo e desiderosi di virare verso i sentieri dell’immaginifico e del poliziesco, intrattenendosi con una caccia al ladro o con un’indagine apparentemente senza soluzione.
“Le avventure di Arsenio Lupin” (uscito per la prima volta nel 1907 e ristampato da Newton Compton Editori in concomitanza con l’uscita della serie Netflix) è la prima raccolta di racconti con protagonista il ladro gentiluomo e, neanche a dirlo, riscuote un successo tale da legare indissolubilmente la penna di LeBlanc alla sua fortunata creatura, la quale lo accompagnerà con le sue peripezie fino alla morte, avvenuta nel 1941.
La figura di questo criminale sui generis affascina per grazia e per finezza, sia nei modi che nelle azioni. Lupin infatti non è un volgare tagliaborse o un delinquente dei bassifondi; le sue mani non sono mai sporche di sangue e nel perpetrare i suoi mirabolanti colpi rivolge sempre un occhio alla giustizia e all’equità. Non abbiamo proprio a che fare con un Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri, ma la sua figura è decisamente lontana da quella di un essere amorale e senza scrupoli che punta solo ad arricchirsi. Il trasformismo e l’eleganza nel sotterfugio sono il suo marchio di fabbrica, e ad essi si affiancano un utilizzo della logica e della deduzione pari solo a Sherlock Holmes, il celebre detective dato dall’altrettanto fortunata penna di Sir Arthur Conan Doyle.
In questi prime nove racconti assistiamo a un arresto con clamorosa evasione, a una preziosa collana misteriosamente scomparsa, a uno strano incontro con uno sconosciuto e a tante altre gustose trame che hanno quale comune denominatore l’astuto furfante in marsina. La scrittura di LeBlanc è asciutta e tagliente, e segue pedissequamente gli ammiccamenti del suo protagonista, che come ogni eroe (?) che si rispetti tende a monopolizzare l’attenzione del lettore con i suoi comportamenti e il suo carisma. A distanza di oltre cento anni da questa prima pubblicazione, Lupin continua a influenzare letteratura e cinema senza risentire del trascorrere del tempo, offrendo a nuovi e vecchi lettori una lettura vivace e un punto di vista gustosamente agli antipodi rispetto alle logiche del giallo tradizionale.