È disponibile nelle librerie l’ultima opera di Daniele Capezzone: “Occidente. Noi e loro“ (editrice Piemme). Molto significativo anche il sottotitolo: “Contro la resa a dittatori e islamisti”. Questa volta il direttore editoriale di Libero affronta un tema che ci coinvolge tutti, poiché riguarda il destino stesso di quell’Occidente al quale apparteniamo e di cui molti, oggi, negano addirittura l’esistenza.
Come sempre l’autore non ha peli sulla lingua e, con una prosa scorrevole e accattivante, denuncia i danni enormi che cancel culture, politically correct e wokismo arrecano alla concezione del mondo che le nazioni occidentali contrappongono a quella propagandata e diffusa a livello globale da autocrazie e dittature.
L’influenza delle autocrazie
Dopo la fine vittoriosa della Guerra Fredda qualcuno s’era illuso che il modello liberaldemocratico fosse destinato a diffondersi senza ostacoli al mondo intero (tipiche, in questo senso, le tesi di Francis Fukuyama). Purtroppo non è stato così, e oggi la Russia di Vladimir Putin, la Cina di Xi Jinping e l’Iran degli ayatollah stanno cercando di imporre un nuovo modello di ordine mondiale, ben diverso da quello a trazione Usa che appare in crisi.
Le potenze autoritarie sono riuscite a guadagnare influenza nel cosiddetto “Sud del mondo”, soprattutto nell’Africa post-coloniale e nell’America Latina, quest’ultima considerata per decenni “il cortile di casa degli Stati Uniti”. Parimenti il loro peso è cresciuto anche in sede Onu, organizzazione in apparenza neutrale ma che Capezzone, giustamente, giudica sempre più asservita ai regimi dittatoriali.
La posta in gioco
L’autore nota che molti (troppi) in Occidente non comprendono quale sia la posta in gioco complessiva, ben al di là del dramma ucraino e delle operazioni militari israeliane. “In gioco – scrive l’autore – ci sono almeno tre elementi decisivi, direi esistenziali. Primo: il messaggio, se non di resa, quanto meno di accondiscendenza che ci consegnerebbe alle potenze autoritarie (Pechino, Mosca, Teheran). È come se dicessimo loro: ci siamo dimenticati cosa sia la deterrenza, cosa sia una supremazia militare occidentale così chiara da non poter nemmeno essere sfidata, e in ultima analisi siamo disposti a rimettere in discussione, più o meno a pezzi, l’intero ordine globale post 1945” (p. 43).
Dal che consegue che gli alleati, si tratti di Ucraina, Taiwan o Israele, sono “tutti potenzialmente sacrificabili, o se volete più ipocritamente – tutti difendibili ma solo fino a un certo punto” (ibid.). Capezzone cita giustamente una celebre affermazione di Margaret Thatcher, la quale nel 1988 sostenne che “la nostra visione del mondo è garantita dalla forza della nostra difesa”. Ammesso, aggiungiamo noi, che la forza di quella difesa si sia disposti a usarla sul serio.
Convulsioni interne
Il problema è che l’Occidente è oggi preda di convulsioni interne. Basti pensare alla progressiva islamizzazione dei grandi atenei americani, il che suscita molti dubbi sulla capacità della prossima classe dirigente Usa di affrontare la sfida posta dalle dittature. Non solo. Sino a tempi recenti l’anticomunismo rappresentava uno dei principali collanti del mondo politico e della società Usa. Collante che ora si è indebolito, come si può facilmente notare ascoltando i discorsi degli esponenti della sinistra liberal al Congresso di Washington.
Naturalmente la situazione non è certo migliore in Italia, dove gran parte del mondo studentesco adotta in modo acritico ogni posizione anti-americana e anti-israeliana. E, a tale riguardo, converrebbe svolgere un’analisi critica sul ruolo svolto da molti insegnanti, tanto nelle scuole secondarie quanto nelle università. A volte pare di essere ancora in pieno ’68, come se il mondo esterno non si fosse nel frattempo evoluto.
Il volume di Capezzone è pieno di analisi attente, anche se in controtendenza rispetto alle opinioni dominanti, e di preziosi spunti di riflessione. Per questo merita di essere letto e meditato con attenzione. Sperando che, com’è avvenuto in un passato recente, dei democratici solo presunti non boicottino la sua presentazione pubblica.