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“Delitto alla Farnesina”, un giallo politico per sorridere e riflettere

Un delitto nelle stanze di un ministero importante, un’indagine tra attici radical chic e “Onesti in Movimento”. Ecco la trama del giallo di Daniele Capezzone

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Dopo aver pubblicato nello spazio di due anni i volumi Likecrazia (2020) e Per una nuova destra (2021), Daniele Capezzone si cimenta ora nel genere giallo offrendoci Delitto alla Farnesina (La Verità/Panorama).

Il protagonista, Michele Morabito, è lo stesso Capezzone che si muove agilmente, come sempre, nel mondo politico italiano, svelando ai lettori i suoi (molti) difetti e i (pochi) pregi.

La grande conoscenza che l’autore ha di tale mondo gli consente, pur cambiando nome ai personaggi e ai partiti – e alla sua stessa gatta – di far comprendere perché la politica nazionale attraversa una grande crisi. Non un caso unico, peraltro. Basti pensare alla vicenda di Boris Johnson che sta mettendo a soqquadro il ben più solido Regno Unito.

Inizio col dire che il libro, scorrevolissimo e scritto con prosa limpida e accattivante, si legge d’un fiato. Dal punto di vista partitico protagonisti sono gli “Onesti in Movimento”, diventato a sorpresa forza maggioritaria in Parlamento, e il “Partito del Progresso”.

Quest’ultimo, in teoria, erede del vecchio PCI, ma in pratica covo di radical chic che amano riunirsi soprattutto a Capalbio. I suoi esponenti, ormai, non parlano più di operai e di lotta di classe, preferendo le distinzioni gender, i diritti Lgbt e l’adorazione di Greta Thunberg.

Il delitto

Come in ogni giallo che si rispetti, la molla della narrazione è un delitto, e più precisamente l’avvelenamento di Pasquale Africa, giovane amico e collaboratore del ministro degli esteri Filippo Di Carmine. Lui pure molto giovane, leader di spicco degli “Onesti in Movimento”, campano, che ama circondarsi di suoi compaesani (e i lettori, a questo punto, avranno già capito di chi si sta parlando).

Il delitto, avvenuto nelle stanze della Farnesina (il Ministero degli esteri), assume subito connotati misteriosi. Chi poteva avere interesse a uccidere un personaggio piuttosto oscuro come Africa? Stampa e magistratura brancolano nel buio, e Morabito inizia allora la sua indagine personale.

Le ipotesi

Si scatena una ridda di ipotesi. Alcuni ipotizzano che i servizi segreti Usa abbiano voluto colpire Di Carmine e gli “Onesti” a causa delle loro pulsioni anti-occidentali e filo-cinesi in particolare. Il giovane ministro degli esteri ha infatti spinto il governo a firmare, primo e unico in Europa, il grande progetto della “Via della Seta” elaborato da Xi Jinping, suscitando le ire del Dipartimento di Stato Usa.

Non mancano, tuttavia, coloro che puntano il dito contro un leader della destra italiana, anche se non si capisce perché avrebbe dovuto colpire proprio un personaggio secondario come Africa.

I radical chic

Morabito accetta un appuntamento con Lalla Belfiore, firma di punta di “Moralità”, storico settimanale della sinistra chic italica. E qui troviamo uno dei passaggi più gustosi del libro, Il protagonista riconosce al primo colpo l’attico della giornalista perché vi campeggia la bandiera azzurra dell’Unione europea.

“Caduta mamma Urss – scrive l’autore – avevano trovato un nuovo ombrello, trasferendo la stessa fede cieca e la stessa inclinazione storicista: la storia ha quella direzione, e se ti opponi sei un reazionario” (p. 38). Nemmeno la Belfiore, tuttavia, trova spiegazioni plausibili per il delitto.

Un altro volto possibile di noi stessi

Di ipotesi in ipotesi, Morabito trova alla fine il colpevole, che confessa, ma lascia la gloria della scoperta al magistrato-star di turno. Non dirò chi è l’assassino per non rovinare il piacere della scoperta ai lettori, ma si tratta comunque di un delitto dettato dalla nausea per i trucchi della politica, soprattutto con riferimento agli “Onesti”.

Il mattino seguente Morabito si gode il grande successo dell’articolo che ha scritto per il suo giornale, e conclude: “non pensiamo, amici lettori, di poterci sedere sul banco dell’accusa, o accanto alle parti civili. Quello che è accaduto ci rivela un altro volto possibile di noi stessi: quello di probabili soggetti disadattati, anzi inadattati, o forse del tutto inadatti al tempo in cui ci è stato dato di vivere” (p.183).

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