Daniele Capezzone continua la sua battaglia di libertà condotta combattendo contro le fobie e i dogmi della sinistra italiana (ma non solo). Da coerente liberale, l’autore mette a nudo l’ipocrisia che porta gli esponenti della sinistra a negare la legittimità di un governo che pure ha ottenuto, nelle urne, un’ampia maggioranza. L’unico problema è che tale governo è dichiaratamente di destra e, in quanto tale, rappresenta una novità nella storia dell’Italia repubblicana.
Negazione della realtà
A sinistra è in atto una vera e propria negazione della realtà. Un esempio. Ricordo di aver letto, sul quotidiano di Carlo De Benedetti, Domani, l’articolo di un politologo il quale si dichiara sicuro che, nel nostro Paese, la sinistra sia tuttora in maggioranza. Facile dimostrare, dati alla mano, che si tratta di una falsità. Negli ultimi anni la sinistra ha sempre governato senza aver mai conquistato la maggioranza dei voti.
Proprio per questo motivo sono stati necessari interventi esterni (diciamo condotti dall’alto) per far sì che essa mantenesse il potere e governasse senza aver ricevuto un mandato specifico da parte degli elettori. I quali si sono alla fine stufati votando in massa una coalizione di centrodestra. Questo fatto ha mandato in tilt una sinistra che, già prima, era in piena confusione e aveva bisogno di personalità “tecniche” per continuare a governare.
La scorciatoia antifascista
Di qui l’appello ossessivo ad un presunto pericolo fascista, scordando che in democrazia sono pur sempre gli elettori a decidere chi deve governare e chi no. Ma, tant’è, la scorciatoia del pericolo fascista viene usata – finora senza successo – come grimaldello per rovesciare l’esito delle ultime elezioni e ridare il bastone del comando ai “buoni”, relegando i “cattivi” all’inferno, dove dovrebbero sempre stare.
Ora Capezzone ci offre un’ottima analisi di questa situazione col suo ultimo libro appena giunto nelle librerie. Si tratta di “E basta con ’sto fascismo”, edito da Piemme. Quarto di una serie che comprende “Likecrazia” (2020), “Per una nuova destra” (2021), e “Bomba a orologeria” (2022).
L’autore nota subito che la sinistra attuale si colloca da un lato su una linea di continuità con il defunto PCI e, dall’altro, innesta sul vecchio tronco marxista-leninista elementi nuovi e non specificamente italiani quali “politically correct”, pseudocultura “woke” ed ecologismo estremo. Del resto l’attuale segretaria del Pd, Elly Schlein, molto influenzata dalle ultime tendenze della sinistra Usa, costituisce un esempio paradigmatico di tutto questo.
I conti con la storia
L’autore nota anche che, mentre a destra i conti con la storia si sono fatti, a sinistra ciò non è accaduto. O, almeno, è accaduto solo in minima parte. Resta infatti la convinzione che venne espressa in forma icastica da Norberto Bobbio, il quale affermò che “resta la differenza tra un’ideologia perversa non solo nei mezzi ma anche nei fini (il nazifascismo) e una perversa nei mezzi e salvifica nei fini (il comunismo). Ci si potrebbe domandare se la bontà del fine non renda ancora più evidente la perversità dei mezzi. Come si è potuto pensare che un fine buono potesse essere raggiunto con mezzi cattivi?”. Il problema, tuttavia, è stabilire che cosa significhi l’espressione “fine buono”.
Non bisogna dimenticare che, per quanto riguarda gli esseri umani, la bontà dei fini va sempre commisurata ai limiti delle loro capacità cognitive. E soltanto un pieno riconoscimento di tali limiti può aiutarci a smettere di pensare alla storia in termini di fini “salvifici”.
Solo così si può comprendere che Stalin non era certamente migliore di Hitler e di Mussolini, e solo così si può evitare la demonizzazione dell’avversario politico che a sinistra è sempre stata praticata. È questa la strada che consente di comprendere che, se è legittimo parlare di antifascismo, altrettanto legittimo è parlare di anticomunismo. Un passo, però, che la sinistra si rifiuta tuttora di compere.