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Il 900 continua sotto mentite spoglie: le ideologie infestano le democrazie

Gli esperimenti sociali non sono finiti. L’idea di una malleabilità infinita dell’uomo accomuna totalitarismi e democrazie di oggi, che poco hanno appreso del secolo scorso

Green Deal Von der Leyen © Sergey Novikov, claudiodivizia e Adam Lapunik tramite Canva.com

Un consumato cliché storiografico chiama “breve” il XX secolo. La filosofa francese Chantal Delsol, col suo Elogio della singolarità. Saggio sulla modernità tardiva (Liberilibri), dimostra esattamente il contrario. “L’epoca attuale – scrive l’autrice – non rappresenta un’opposizione alle ideologie del XX secolo, contrariamente a quanto si crede. Rappresenta invece la loro continuazione, sulla scia della stagione dei Lumi”.

Delsol

Il “tutto è possibile” dei totalitarismi

La post-modernità, che la studiosa preferisce chiamare “modernità tardiva”, definizione meno carica di connotazioni ideologiche, caratterizzata dal rigetto delle “grandi narrazioni” sul destino dell’umanità e dal ripudio delle certezze sulla sua natura, perpetua il convincimento “di poter fare ciò che vogliamo dell’uomo; attraverso il rifiuto del radicamento e della trasmissione a vantaggio del progresso e dell’universalismo”.

Il “tutto è possibile”, nucleo dei totalitarismi che si proponevano di rifare il mondo, sopravvive in quella forma mentis che si ostina a denigrare l’essere, ossia ciò che si dà all’uomo ed è a lui indisponibile, in nome di un “bene” disincarnato e futuro. Scrive la Delsol: “nel ‘tutto è possibile’ del totalitarismo, che era costretto a fare ricorso alla violenza, non crediamo che sia soltanto il ricorso alla violenza a essere pericoloso”.

L’idea di una malleabilità infinita dell’essere umano accomuna, dunque, i totalitarismi e le democrazie della modernità tardiva, che nulla hanno appreso da un secolo trascorso invano: “la conoscenza che abbiamo del nazismo non ci ha persuasi a stabilire confini rigidi agli esperimenti genetici, così la conoscenza che abbiamo del comunismo non ci ha convinti a stabilire confini rigidi alle sperimentazioni sociali”.

La mente corre subito ai numerosi esperimenti politici di cui sono ancora vittime gli europei, dall’alterazione della composizione etnico-religiosa del loro continente attraverso l’immigrazione di massa fino alla “nuova normalità” imposta durante la pandemia da Covid-19, passando per la teoria del Genere e il Green New Deal.

L’odio della realtà

Il tutto animato da quella “rancorosa volontà di suicidio” che contraddistingue l’individuo della tarda-modernità, ormai privo di fiducia verso le utopie, ma sempre insoddisfatto del mondo che si vede costretto ad abitare. “I totalitarismi – scrive sagacemente la studiosa – odiavano la realtà, perché essa non aveva più significato in rapporto alle loro attese. Noi la detestiamo perché non ha più significato in se stessa”.

I nuovi sudditi

La destrutturazione dell’individuo operata dalla modernità tardiva, che mira a privarlo delle “certezze” dei suoi padri e del “mondo culturale” che ha ereditato, genera un individuo malleabile e vuoto, spogliato persino di ogni “tentazione concettuale”, che finisce per somigliare al suddito dei regimi totalitari. Ponendo così termine alla nozione di “soggetto autonomo” partorita dalla civiltà europea.

Qui, Chantal Delsol, influenzata da Hannah Arendt come molti liberal-conservatori di Francia, ripropone una riflessione della filosofa ebrea: gli individui venuti dal nulla, sradicati e apolidi nello spirito, non sono affatto più liberi e autonomi, bensì più esposti a ogni forma di sottomissione.

Proprio nell’ottica del recupero di una dimensione pienamente “umana” e di un corretto rapporto con la realtà, l’autrice si rivolge alla letteratura dissidente dell’Europa centro-orientale: Havel, Wałęsa, Patočka, Miłosz, Kundera, Bělohradský. Lo scopo di questi intellettuali non era solo quello di abbattere la tirannia, ma soprattutto “si preoccupavano di ristabilire nei suoi diritti l’uomo reale“. La colonizzazione russo-sovietica “creò una separazione tra il mondo di dopo e il mondo di prima […] Il comunista si faceva passare per un navigatore di mare aperto: bruciava dietro di sé le proprie navi”. Il dissidente, al contrario, cerca di preservare ciò che resta di quelle navi, al fine di salvare quanto di buono vi era in quel passato.

L’ideologia del progresso

L’ideologia del progresso espressa dal sovietismo infesta anche le democrazie della modernità tardiva che, sebbene impieghino metodi meno terroristici e violenti, tentano comunque di “strappare l’uomo al suo passato colpevole, ai suoi credo eteronimi, ai suoi comportamenti arretrati di rispetto e fedeltà a se stesso”. Nella convinzione che più ci si allontana dal passato, tanto meglio sarà.

Come il dissidente, anche l’uomo attuale sente la necessità di “preservare l’unità umana nel tempo” e di “salvare una verità sull’uomo, quella di cui l’essere umano non potrebbe liberarsi del tutto senza contemporaneamente autodistruggersi”. Ma a quale “verità” si riferisce l’autrice? Intende, con quel termine la “concordanza con la realtà presente e vivente”. Quella, per esempio, che ci permette di affermare che esistono uomini e donne, complementari perché differenti, di contro alla vertigine dell’indifferenziato.

Questo rigetto della condizione umana è la premessa alla negazione dell’umanesimo europeo. Scrive saggiamente la filosofia: “L’umanista non è chi venera esclusivamente la propria teoria sull’uomo. Amare l’umanità significa accettarla, accoglierla con tutte le sue debolezze, allo scopo di contribuire al suo slancio”.

Si tratta di un invito a quello che Hannah Arendt chiamava “Amor Mundi”, ossia “amare il mondo così com’è”, che non significa né accettazione acritica dello stato di cose presenti né rifiuto sprezzante, ma dialogo costante e comprensione di ciò che è, nel suo darsi. “Il mondo che riceviamo in dote – conclude Chantal Delsol – è pieno di essere, nel senso che in esso si dispiegano forze che noi non vi abbiamo introdotto. Il nostro sguardo, sinora rivolto verso progetti demiurgici, dovrà dirigersi verso le potenzialità dell’essere. Il fascino esercitato su di noi dai progetti deve lasciare il posto all’attenzione per gli obiettivi possibili e auspicabili“.

Quanto detto finora rappresenta solo il tema centrale del libro che la studiosa, con grande efficacia, dirama e ramifica in numerose direzioni. Per tale motivo il libro della Delsol, come tutte le opere dense di significato, è difficile da riassumere. Leggerlo nella sua interezza è il solo modo per conoscerne con esattezza il contenuto.

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