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Prigioniero in Russia: l’ex premier israeliano Begin racconta il gulag

Internato per due anni, fino al maggio 1942, poi divenne primo ministro dal 1977 al 1983. Testimonianza preziosa delle atrocità commesse dal comunismo sovietico

Begin Carter Camp David (Ytube) Begin accanto a Carter per l'accordo di Camp David con l'Egitto

Sui libri di storia, viene generalmente ricordato per essere stato il firmatario degli Accordi di Camp David per la pace tra Israele e l’Egitto assieme ad Anwar Al-Sadat, nonché per essere stato il primo premier di destra nella storia dello Stato ebraico. Ma pochi sanno che Menachem Begin, primo ministro israeliano dal 1977 al 1983, quando ancora viveva in Unione Sovietica venne internato in un gulag per quasi due anni a causa del suo attivismo politico.

Sulla base di questa esperienza, nel 1952 Begin scrisse un libro di memorie, Prigioniero in Russia, recentemente tradotto in italiano dalla casa editrice Giuntina, in un’edizione curata dallo storico Massimo Longo Adorno. Ai tempi in cui è stato scritto fu una delle prime testimonianze dei gulag sovietici, se non la prima in assoluto, ad essere pubblicata in Occidente. Questo perché è uscito quasi un decennio prima del romanzo “Una giornata di Ivan Denisovič” di Aleksandr Solženicyn.

cover Begin

Il giovane Begin

Già durante la sua gioventù in Russia, Begin aveva militato nel Betar, movimento legato alla corrente revisionista del sionismo, il ché lo costrinse a spostarsi di nascosto: dopo che l’invasione della Polonia nel 1939 da parte dei tedeschi e dei russi lo costrinse a lasciare Varsavia per trasferirsi a Vilna (oggi Vilnius, capitale della Lituania), qui venne arrestato il 20 settembre 1940 dalle autorità sovietiche, in quanto il Betar era stato etichettato come un’organizzazione “borghese e controrivoluzionaria” e per questo illegale.

Dopo gli interrogatori, venne deportato in un gulag dove rimase internato fino al maggio 1942, quando riuscì a fuggire verso la Palestina sotto il Mandato Britannico, divenendo uno dei capi dell’organizzazione clandestina Irgun Tzvai Leumì.

L’incarcerazione

È interessante notare come quando Begin scrisse le sue memorie oltre un decennio dopo lo svolgersi dei fatti narrati, basandosi unicamente sulla propria memoria, i suoi ricordi dell’internamento e delle vessazioni subite erano assai chiari e nitidi. Ciò è confermato dal fatto che, decenni dopo e in seguito al crollo dell’Urss, vennero ritrovati a Vilnius i verbali del suo interrogatorio negli archivi della sede locale del KGB.

Assai dettagliate sono le descrizioni degli interrogatori, delle torture e dei soprusi subiti da parte delle autorità sovietiche. Il suo interrogatore, in particolare, viene descritto come un uomo guidato da una fede cieca nel comunismo, come se questa fosse una religione dogmatica e Marx ed Engels i suoi profeti.

“Prigioniero in Russia” costituisce una testimonianza preziosa delle atrocità commesse dal comunismo sovietico, scritta da un uomo che anche in condizioni critiche è rimasto fedele alle proprie idee. Qualcosa che lo ha reso libero anche nella prigionia.