Pubblichiamo la recensione del prof. Ludovico Martello al saggio di Pondrano Altavilla G., Scala A., “Ripensare i fondamenti della liberaldemocrazia nell’era di internet”, in “MicroMega”, 7/2018
L’ondata neopopulista, che corre lungo il web come un fiume in piena, sta travolgendo gli argini della democrazia liberale rappresentativa un po’ dovunque nel mondo: vecchi partiti e corpi intermedi – resti di superate suppellettili ideologiche – sembrano galleggiare stancamente, sospinti dalla corrente della democrazia diretta telematica verso il mare indistinto del passato.
Certo, verso il passato, poiché la democrazia diretta, qualunque forma assuma, non è moderna ma inevitabilmente “antica”. Il Moloch organicistico che la incarna, in questo caso senza uniformi e passo marziale, ancora una volta si pone come antitesi al processo di modernizzazione, tenta di imbrigliare le leggi del mercato, è deciso ad annegare l’individuo nell’anonimato e nel conformismo della rete.
E’ proprio l’ora, dunque, di Ripensare i fondamenti della liberal-democrazia nell’era di internet come recita il titolo del saggio pubblicato recentemente da MicroMega (7/2018).
Il testo è un tentativo curioso: uno storico e teorico politico (Gianmarco Pondrano Altavilla) ed un fisico (Antonio Scala) che, con metodo multidisciplinare, collaborano per capire e proporre delle soluzioni che possano contribuire a risolvere le criticità del sistema politico liberaldemocratico sulla base delle prime analisi quantitative al mondo sulla diffusione delle informazioni online. Una proposta inedita, e preziosissima, soprattutto nell’italico contesto della teoria politica crocianamente diffidente verso le scienze empiriche. Del resto, i due autori sono consapevoli di aver frantumato una sorta di tabù quando spiegano:
“curioso allora, il caso che ha portato alla realizzazione di questo lavoro. Un fisico ed uno storico che sulla base di una reciproca simpatia e curiosità scoprono che i rispettivi settori e ricerche potevano essere arricchiti e reinventati sulla base del confronto con sfere diverse. Un totem del pensiero politico – quello della giustificazione del modello liberal-democratico – messo in crisi, in questione, dalle nuove scoperte dell’analisi quantitativa applicata alla discussione, e per questo rimesso alla prova nel suo pilastro fondante (la teoria del confronto). Ma soprattutto un metodo nuovo, che affiancasse alla distinzione logica delle proposizioni di fatto e di valore della teoria politica, la misurazione empirica-controllata tipica delle cosiddette scienze esatte. Ecco, tutto questo (un esperimento, in fin dei conti a sua volta, votato più a porre domande che ad offrire soluzioni) ha animato lo studio che segue e che vorrebbe, nelle intenzioni di chi scrive, rappresentare non solo un contributo alla discussione sulla democrazia nel ventunesimo secolo ma un piccolo manifesto di lavoro, un appello, se si vuole, alla contaminazione tra i settori disciplinari che non si trasformi in confusione ma in revisione ed arricchimento reciproco.”
“Quale sarà democrazia nel ventunesimo secolo? Quale saranno i meccanismi che la regoleranno di fatto”, questi per molti versi i quesiti che guidano il lavoro. È possibile che la risposta venga dalla democrazia della rete.
Una democrazia – è bene ricordarlo – che, almeno in essenza, è la versione aggiornata della democrazia diretta praticata nell’agorà greca: la democrazia degli antichi, quella democrazia che immola l’individuo con le sue libertà sull’altare della comunità. Quella forma di democrazia dove “l’individuo – ha spiegato Giovanni Sartori – è sussunto nella sua città, esattamente come un organo appartiene al suo organismo”. Una nuova versione del populismo che dell’antico populismo conserva tutti i tratti illiberali, aggiungendone di originali: il linguaggio sintetico e semplificato degli spot pubblicitari; ed il potentissimo mezzo della rete a disposizione per diffondere il proprio messaggio “distopico-salvifico”.
Ecco allora la necessità, l’urgenza di campire, di comprendere come effettivamente, empiricamente funzionano i meccanismi della diffusione dell’informazione in rete, e – per conseguenza – l’importanza del saggio di Pondrano e Scala.
Dai primi studi sulle “Echo Chambers”, nel 2001 ad opera di Cass Sunstein, sino al vero e proprio studio analitico-quantitativo delle “camere dell’eco” come “macchine della polarizzazione”, gli autori ci guidano alla scoperta del complesso universo di internet, dei suoi social-media, illustrando, con una impressionante mole di dati empirici, la dinamica della formazione, della circolazione, e della amplificazione di posizioni ideologiche monolitiche. Durante il passaggio e la permanenza nelle “camere dell’eco” le convinzioni si polarizzano e si radicalizzano. Opinioni contrastanti vengono interpretate come attacchi e come tali non suscitano dubbi ma meccanismi di difesa che rafforzano nei diversi gruppi le convinzioni di partenza. Un metodo della formazione delle diverse opinioni che esclude la possibilità di posizioni di confronto, con il conseguente autoconvincimento della giustezza delle proprie scelte a priori fino al rifiuto irrazionale di eventuali controprove, di qualsiasi natura, empiriche comprese. “La cosa più imprevista – spiegano – era la totale assenza di posizioni intermedie, tanto che fu necessario ripetere più e più volte le analisi prima di essere certi dei risultati: alla fine fu incontrovertibile che le persone interessate alle tesi analizzate si polarizzano senza possibilità di dialogo. Lo stesso fenomeno osservato sia negli utenti italiani (con un campione di circa 10 milioni di profili) che in quelli Usa (con un campione di circa 60 milioni), si ripeteva anche in altri social media – Twitter, YouTube – o in contesti differenti come il dibattito sulla Brexit, sul referendum italiano, sui vaccini, sul cambiamento climatico: in tutti questi casi, le comunità si polarizzavano su posizioni contrapposte ed incompatibili smettendo di dialogare”.
Pondrano Altavilla e Scala interpretano i dati a loro disposizione stando accorti alla correttezza epistemologica delle procedure, attenti a non smentire o validare proposizioni di valore affidandosi a delle analisi di fatto. A conclusione della loro indagine, essi indicano proprio nella dimostrata assenza del confronto l’elemento di criticità per la futura sopravvivenza del modello sociale liberaldemocratico: “Le camere d’eco potrebbero segnare la fine del metodo del confronto?”. Certo, una tale eventualità è possibile e per sventarla è imperativo che tutti noi, ognuno di noi esca dalla propria camera d’eco, che sia contaminato e contaminante, che faccia da intermediario con le altrui diversità per evitare di essere tutti fagocitati dalla polarizzazione liberticida.