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Un vademecum anti fake news sull’Unione Europea

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Passata la celebrazione dei 60 anni dei Trattati di Roma, restano tutti irrisolti i nodi da sciogliere nell’Unione Europea e si fa più pressante la spinta populista. Cosa accadrà alle prossime elezioni in Francia e Germania? I paesi dell’Est verranno davvero emarginati in un’Europa a due velocità? Sono molte le fake news sull’Ue, che Roberto Sommella, direttore delle Relazioni Esterne dell’Autorità Antitrust, fondatore della Nuova Europa, cittadino onorario di Ventotene, sede dell’omonimo Manifesto europeista, ha cercato di smascherare nel suo ultimo libro “Euxit, uscita di sicurezza per l’Europa” (Rubbettino), che esce ora anche tradotto in lingua inglese.

Noi europei siamo oggi il 7% della popolazione mondiale, produciamo il 25% del Pil totale e consumiamo il 50% del welfare planetario. Viviamo in un contesto di benessere rispetto al resto del mondo ma siamo ancora troppo piccoli e divisi per sopravvivere alla competizione globale. Eppure, sono sempre di più le pulsioni a smontare l’Unione, quando sarebbe invece cruciale rafforzarla per frenare  xenofobia, nazionalismi e terrorismo e rilanciare la crescita. Da questo assunto parte il libro di Sommella, scaricabile anche in versione e-Book.

Per controbattere le tesi di chi vorrebbe tornare a confini e monete nazionali, in un momento cruciale per l’Ue, dove tutte le elezioni sono un referendum sull’euro e sull’Unione, Sommella, partendo dagli effetti della Brexit sui mercati finanziari inglesi, cerca di smontare tre luoghi comuni a proposito dei migranti, dei paesi che guadagnano con le politiche della Bce e di quelli che vorrebbero ritirarsi dopo l’adesione comunitaria.Euxit. Uscita di sicurezza per l'Europa

“Euxit. Uscita di sicurezza per l’Europa”, ora anche in inglese: “Euxit. Emergency exit for Europe”
di Roberto Sommella
Rubbettino
pag. 85 – 10 Euro

Per quanto riguarda i flussi migratori, l’opera del direttore delle relazioni esterne dell’Antitrust e fondatore dell’associazione La Nuova Europa, sottolinea che non siamo affatto di fronte ad un’invasione, sebbene Germania, Francia e altri quattro paesi del Nord vorrebbero un’ulteriore sospensione dell’accordo di Schengen. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, raccolti nei World Population Prospects, i flussi migratori in Europa dal 2000 al 2010 sono stati di 1,2 milioni di persone per anno. Il che fa lo 0,2% su 500 milioni di abitanti. Una cosa affrontabile, visto che negli Stati Uniti ne arrivavano nello stesso periodo 1 milione. In media tra il 2000 e il 2015, ognuno tra Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna ha accolto tra i 100 e i 200.000 profughi. Solo l’anno scorso c’è stato il picco di un milione di ingressi nei lander tedeschi, amplificato dal fatto che il piano di ricollocamento tra i paesi stabilito dalla Commissione Juncker per orae’ un fallimento. Ma anche in Italia vanno smontati dei luoghi comuni. Nel nostro paese, a fronte dei 3 miliardi di costi per gestire l’emergenza profughi, i benefici derivanti dal flusso migratorio sono rilevanti. Nel 2014 i contributi INPS versati da lavoratori extracomunitari ammontavano a circa 8 miliardi a fronte di prestazioni pensionistiche pari a circa 642 milioni e non pensionistiche (cassa integrazione, disoccupazione, malattia, maternità, assegni nucleo familiare) pari a 2,420 miliardi, con un saldo positivo quindi di circa 4,5 miliardi di euro. Anche a livello fiscale l’apporto finanziario degli immigrati regolari e integrati nel tessuto sociale e produttivo è positivo. I contribuenti stranieri hanno dichiarato nel 2014 redditi per 45,6 miliardi, versando 6,8 miliardi di Irpef.

Anche sugli effetti del Quantitative Easing della Bce il libro smonta i miti che vogliono il Belpaese principale beneficiario del bazooka di Mario Draghi. Confrontando le variabili fotografate nel primo mese del 2015 (anno del varo del QE) con le ultime disponibili, sempre dello stesso anno, si dimostra che è invece la Germania ad aver goduto di più dalla politica monetaria di Francoforte. Il Pil tedesco è infatti aumentato dal +1,4% di inizio anno al +1,7% (dato di fine settembre), il debito pubblico è diminuito dal 74,3% del Pil al 71,9% (fine 2014 su fine 2015), la disoccupazione è a livelli americani (è scesa in un anno di QE dal 6,5% al 6,3%) e le esportazioni hanno registrato un boom: da un saldo attivo di 90 miliardi si è passati a 106 miliardi di euro.

Euxit fa anche il punto su chi spende di più e chi ha guadagnato di più dalla partecipazione all’Unione. Ogni tedesco ha ‘’speso’’ 1.034 euro per l’Europa, gli italiani si sono fermati a 623 pro-capite, mentre gli spagnoli hanno ricevuto a testa 335 euro, i polacchi 1.522, i portoghesi 2.100, la Grecia 2.960 euro netti a cittadino ellenico. Passando invece alla ripartizione delle risorse strutturali comunitarie, si scopre che cresce la percentuale di denaro spettante all’Europa centro-orientale (177,57 a 180,93 miliardi, +2,6%) rispetto a quella dell’Europa occidentale (169 miliardi a 140 attuali, -16%). Dunque proprio nei paesi dell’Europa dell’Est, dove si erigono nuovi muri contro i migranti, i trasferimenti strutturali comunitari sono diventati sempre più rilevanti, pesando ormai tra il 2 e il 3% del Pil e superando spesso gli investimenti diretti esteri.

Per battere quindi la voglia di Euxit che alberga ormai in ogni paese europeo, Sommella auspica che i governi convochino, in vista dei 60 anni dal Trattato di Roma, una grande Conferenza che abbia all’ordine del giorno tre compiti: la redazione di una Costituzione Europea, il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo, la riforma della legge elettorale con espressa scelta del Presidente della Commissione da parte dell’elettorato. Solo così si riuscirà a passare dall’attuale Confederazione ad una vera Federazione di stati, abbandonando una terra di mezzo che ricorda i presupposti che hanno portato all’implosione della ex Jugoslavia e dell’Unione Sovietica.