Un viaggio tra i Monti Appalachi per spiegare l’America: intervista a Jacopo Rossi Lucattini

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“Appalachi – Piccola Storia D’America in dieci tappe” è un vero e proprio Bildungsroman della storia degli Stati Uniti, condotta con verve e passione da Jacopo Rossi Lucattini, scrittore e traduttore, ma soprattutto gran conoscitore del mondo a stelle e strisce. Atlantico Quotidiano lo ha intervistato per parlare di America e del suo libro.

DANIELE MELONI: I libri sull’America abbondano in Italia. Non c’è corrispondente della stampa e della tv mainstream che non abbia voluto raccontarci la “sua America”. Questo libro però ha un’altra angolazione. Si sofferma su un particolare fisico degli Stati Uniti – la presenza della catena dei monti Appalachi – e su linee di faglia della società americana che raramente emergono negli altri racconti. Cosa ha ispirato questo libro?

JACOPO ROSSI LUCATTINI: Innanzitutto, bisogna dire che l’America è effettivamente una realtà complessa, multiforme, che va ben al di là di facili riduzioni, semplificazioni e, soprattutto, appiattimenti sulle coordinate europee continentali. Questo vale sia dal punto di vista politico che culturale, sotto il profilo della contemporaneità come della storia. Al netto di narrazioni troppo spesso condotte sulla base di pregiudizî o comunque di posizioni marcatamente ostili agli Stati Uniti, è abitudine piuttosto consueta, su questa sponda dell’Atlantico, raccontare l’America come se fosse semplicemente un ramo d’Europa cresciuto nell’emisfero occidentale, riconducendone le dottrine e le contrapposizioni filosofico-politiche a dicotomie continentali quali destra-sinistra (in modo più grezzo), o conservativeliberal (in modo certamente più congruo, ma sempre fuori bersaglio).

Se proprio volessimo ridurre la Weltanschauung filosofico-politica statunitense ad una contrapposizione fondamentale, dovremmo senza dubbio individuarla in quella teoretica tra big government e small government, e nella sua declinazione pratica di confronto tra potere centrale e States’ Rights. Non dar loro il giusto risalto rischia di impedire ai lettori di comprendere a fondo questa realtà, di leggere questa storia in modo da adattarla alla propria Weltanschauung, e di non riuscire così a collocare la contemporaneità dei nostri giorni nel contesto più appropriato. Questo è il principio ispiratore del presente libro: accompagnare il lettore in un viaggio attraverso l’America, sfruttando una pista, se così vogliamo definirla, tracciata tra le valli dell’Appalachia: un viaggio durante il quale cercare di guardare alle fasi fondamentali della sua storia, ai personaggi che hanno contribuito a plasmarla, e ai fenomeni che l’hanno caratterizzata, il più possibile, se non con gli occhi di un osservatore americano, con la guida di chi abbia formato la propria preparazione sulla storia americana in un contesto accademico statunitense, pur essendo pienamente europeo per cultura e forma mentis.

DM: Cosa rappresentano gli Appalachi nella storia americana sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista politico (che è sempre legato alla geografia di una nazione)?

JRL: Come ho accennato, il percorso attraverso cui accompagno il lettore passa da dieci piccole città poste sui Monti Appalachi, che rappresentano una delle regioni più peculiari e più ricche di storia dell’intero continente. Un percorso che, in effetti, non è stato – volutamente – concepito come lineare nel suo complesso, ma solo all’interno delle singole realtà: procedendo da una città all’altra, si prenderà parte ad un vero e proprio viaggio avanti e indietro nel tempo, ovviamente non in modo erratico, ma seguendo le fila dei grandi temi conduttori. Sono convinto che questo possa essere un modo ottimale per comprendere l’intreccio di temi, la loro sovrapposizione nei piani locali, statali, nazionali e internazionali, spesso in momenti, in circostanze e con modalità differenti e specifiche – e così riuscire a vedere gli schemi, gli orditi su cui questa storia è stata tessuta.

DM: Ci sono punti di partenza e di arrivo in questo viaggio?

JRL: Partiremo affrontando la situazione particolare della società dello Stato più antico degli Usa, la Virginia, spaccata tra due sistemi economici e culturali e presto divisa dalla Guerra Civile – tema che sarà ripreso con capitoli interamente dedicati a scoprire l’effettiva realtà del mondo schiavista del Sud. Passeremo poi allo sviluppo industriale – che sarà oggetto di grandi attenzioni già nella terza città e poi in modo estremamente approfondito con la penultima – le dinamiche e i motivi della Grande Depressione, il New Deal e la nascita di un modello politico, l’omonima New Deal Coalition, che rispecchia alla perfezione la tendenza tutta americana a portare avanti istanze politiche diverse sui differenti livelli.

Infatti, la grande alleanza di gruppi di interesse creata da Franklin Delano Roosevelt per il Partito Democratico si poneva come riformista e progressista a livello federale, proponendo per il governo un ruolo attivo e importante nell’economia, per sostenere una nazione in grande sofferenza, attirando così nel Nord intellettuali e working class, la buona società della East Coast e le minoranze etnico-religiose, afroamericani in testa. Allo stesso tempo, tuttavia, si poneva anche come il campione degli States’ Rights, difendendone le prerogative con grande tenacia nei rapporti Stati-Governo federale. A livello pratico, questo significava che in tutto il Sud, nello stesso identico momento storico, i Dem erano una forza ferocemente conservatrice, dedicata a difendere con ogni mezzo la segregazione razziale e i privilegi delle élite bianche meridionali. Se non si tenesse presente ciò che abbiamo detto sulla natura profonda del dibattito politico americano, questa potrebbe sembrare un’insostenibile ipocrisia – e col tempo questa visione si sarebbe in effetti fatta strada in una parte del partito, aspetto di cui si parlerà a Danville, sempre in Virginia, nella nostra quarta tappa – ma per decennî ha rappresentato essenzialmente il modo migliore, o comunque il più funzionale, per garantire un equilibrio precario tra i due mondi filosofico-politici che ormai conosciamo.

DM: Quali sono i periodi storici maggiormente considerati nella produzione del libro?

JRL: L’idea alla base del libro è di fornire sia una visione d’insieme che di proporre dettagliati approfondimenti, dedicati ai momenti, ai protagonisti e ai fenomeni più determinanti nel plasmare l’America che conosciamo. Nelle nostre dieci città si potranno quindi incontrare tutti i periodi storici principali, a partire dallo spesso trascurato Settecento coloniale, all’interno del quale va invece a collocarsi la formazione delle istanze che avrebbero accompagnato la nuova nazione lungo tutta la sua vicenda, siano esse l’atteggiamento nei confronti dei nativi americani, i modelli amministrativi da adottare o le tendenze di natura socio-economica.

Anche sotto questo aspetto, l’obiettivo era riuscire a non seguire schemi limitati e limitanti: accanto all’analisi dei fenomeni ci sarà grande spazio per le vicende e le idee dei grandi personaggi – spesso illustrate da loro stessi in discorsi o diarî, da me scrupolosamente tradotti, inseriti e commentati. Perché la storia non è per me una mera questione di macrofenomeni, strutture e sovrastrutture: la storia è anche il frutto dell’operato di uomini e donne che si ritrovano, più o meno consapevolmente, ad indirizzarla con le loro azioni.

Posso fare un piccolo esempio: come scopriremo tra i giacimenti di carbone del West Virginia, è certamente vero che l’impatto della Prima Guerra Mondiale sul ruolo delle donne nella vita lavorativa economica del Paese ha in un certo senso giocato in favore dell’ottenimento dei diritti politici da parte di queste ultime. Ma ciò non sarebbe stato possibile, per certo non ad inizio Anni ‘20, senza il coraggio, l’ingegno e l’abnegazione di donne come Alice Paul e Lucy Burns, in grado di forzare la mano al presidente Wilson grazie alla forza di azioni spettacolari che portarono alla luce le violente reazioni dell’establishment Dem. Tuttavia, anche questi sforzi si sarebbero rivelati infruttuosi, senza il pragmatismo delle associazioni suffragiste, disposte ad accettare una Southern strategy, ossia ad impegnarsi coi vertici politici Democratici del Sud nel garantire che concedere il voto alle donne non avrebbe portato a dare un nuovo vigore al movimento per i diritti civili degli afroamericani – in cambio dell’indispensabile ratificazione dell’Emendamento sul suffragio femminile nel Sud.

Come si può vedere, ancora una volta, le relazioni tra diversi piani della società e della politica americana ci appaiono il centro della sua storia, il terreno su cui si combattono le sue battaglie, e i rapporti di forza tra potere centrale e locale si confermano lo strumento col quale si vince o si perde. Tutto questo, e molto altro, troverete nel presente libro, che si sposterà costantemente sui varî livelli, cercando di offrirne una visione bilanciata e coerente.

DM: Nel libro vengono menzionati alcuni grandi della storia americana, ma anche l’influenza di personaggi meno noti. Quali? Come contribuiscono alla costruzione degli ideali della società americana?

JRL: In effetti, nel libro si può trovare un campionario piuttosto vasto di personaggi, che ricoprono un ruolo fondamentale nel fornire la varietà di punti di vista che ero interessato ad offrire. Si incontreranno certamente molte delle figure più note a livello globale, di cui si cercherà di illustrare gli aspetti troppo spesso messi in secondo piano – come la formazione personale e ideologica di Teddy Roosevelt o il rapporto tra il sindacalista Philip Asa Randolph e Martin Luther King e quello tra quest’ultimo e la cantante soul Mahalia Jackson. Ma troveranno il giusto spazio anche alcuni personaggi di grande importanza ma di solito considerati principalmente a livello locale, come John Sevier, primo governatore del Tennessee, che incontreremo spesso, a cavallo tra ‘700 e ‘800, e che ci fornirà spunti preziosi sulla “questione indiana” e sulle dinamiche dell’ascesa politica nei primi, fondamentali decennî di vita della nazione. Infine, ci sono anche persone comuni, le cui storie emergono dalle mie ricerche sulle fonti coeve, e possono portarci ad essere testimoni diretti dello svolgersi della storia nelle vite e nelle vicende quotidiane – come quella dello sfortunato William Henry Smith, un uomo afroamericano vittima di un linciaggio a Pulaski, Virginia, nel 1888, per non aver mostrato la giusta deferenza verso una signora bianca.

In effetti, molti degli argomenti che tratteremo tratteggiano inevitabilmente quadri a tinte fosche, facendoci capire come l’America sia davvero una realtà multiforme, in cui non esiste una divisione netta, tutto bianco o tutto nero, e in cui gli stessi protagonisti, come Henry Morgenthau Jr., segretario al Tesoro di FDR – principale responsabile dell’impegno americano nel salvare gli ebrei ungheresi ma anche autore di un piano di riorganizzazione post-bellica della Germania dalle conseguenze potenzialmente genocidarie – possano distinguersi sia per opere eccezionalmente positive che per iniziative incredibilmente negative.

Questa è l’America: non la nazione perfetta, nata completamente libera e destinata a diffondere con ogni mezzo la sua way of life al mondo intero, come credono i sostenitori del cosiddetto American Exceptionalism, una vera e propria teoria ideologica cardine, che ha accompagnato gli Usa lungo buona parte della loro storia – anche contemporanea, come vedremo. No, la storia ci dice che l’America è un Paese complesso, ricco di contraddizioni, di contrasti, un Paese con una storia spesso oscura. Ma ci dice anche che l’America è un Paese che è nato dandosi degli ideali grandi, alti, certamente non rispecchiati dalla realtà fattuale dell’epoca, ma che ha sempre saputo trovare la forza, lungo tutta la sua storia, di combattere da solo le proprie storture, e di rifarsi proprio a quegli ideali di libertà, di uguaglianza non nei risultati ma nelle opportunità, di autodeterminazione e di rispetto dell’individuo, come ad una guida, come ad un’ispirazione per cercare di superare i numerosi e gravi problemi che l’affliggevano – e, in parte, ancora l’affliggono. Tutto questo ho cercato di raccontare, più che di spiegare, in questo piccolo viaggio tra i Monti Appalachi.

“Appalachi – Piccola Storia D’America in dieci tappe” di Jacopo Rossi Lucattini (con disegno in copertina di Sophia Berg), € 14,99.

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