Immaginate la seguente scena: serata a casa di amici per vedere tutti insieme la partita decisiva del campionato. Tutti i più interessati seduti sul divano, mentre i meno tifosi, con moglie e compagne a bere una birra e a chiacchierare. La partita è prossima alla fine quando un lancio filtrante mette l’attaccante solo a tu per tu con il portiere, il bomber fa una finta, scarta il portiere e insacca a porta vuota. A questo punto sul divano del padrone di casa ci si aspetterebbe un’orgia di abbracci, accompagnata da urla festanti e invece niente, il silenzio. Cos’è successo si domandano gli altri invitati, ma non riescono a capire. Finché una delle mogli più sfacciate, interrompe il silenzio, chiedendo lumi su quella situazione che, ai più, sembrava surreale. E si sente rispondere: stiamo aspettando il VAR.
Il VAR (Video Assistant Referee) è ormai entrato nel nostro campionato, ogni tifoso conosce a perfezione (o almeno crede) le casistiche in cui questa fantastica innovazione può intervenire ad aiutare/correggere il direttore di gara. Molti errori arbitrali vengono corretti, ma ancora le polemiche non sono state debellate, perché il “protocollo” non soddisfa sempre il tifoso, anche o soprattutto perché le norme che regolamentano l’intervento del VAR sono quasi per puristi della lingua italiana: “…solo quando un chiaro errore è stato commesso dall’arbitro centrale”. E allora quale errore si può definire “chiaro”? Un fuorigioco di tre cm non è chiaro? Quindi gli arbitri VAR non dovrebbero comunicarlo all’arbitro centrale, o forse sì. Se prima avevamo la regola del fuorigioco che era vittima di interpretazioni, l’applicazione del VAR rischia di diventare un mare magnum di interpretazioni soggettive, che sono il pane quotidiano dei cercatori di polemica.
C’è da considerare anche che questa nuova regolamentazione sta sicuramente agevolando il lavoro degli arbitri in campo, ma in alcuni casi, per i giudici di linea nel dettaglio, capita che questi si possano sentire deresponsabilizzati dal segnalare un’infrazione: “Tanto poi c’è il VAR, se ho sbagliato, mi corregge”.
Nel campionato in corso c’è stata una sensibile diminuzione degli interventi dell’on field review, forse perché gli arbitri si sono sentiti defraudati del loro potere decisionale. Questo sta portando ad una stortura nell’applicazione del protocollo (nell’ultima giornata di campionato ha fatto non poco discutere il rigore concesso alla Fiorentina contro l’Atalanta) e proprio in questi giorni c’è stato un intervento del designatore Nicchi a riportare la “collaborazione” con il VAR sugli standard dello scorso anno, che hanno contribuito a convincere la FIFA ad utilizzare il VAR anche nella Coppa del Mondo disputata in Russia.
Conosciamo bene la sequenza della scenetta: l’arbitro che, dopo essersi consultato via auricolare con gli assistenti al VAR, fischia, fa il segno del monitor (disegna un rettangolo in aria), corre verso la zona alle spalle del quarto uomo e controlla in solitudine le immagini che gli assistenti gli trasmettono. Finito il controllo l’arbitro fa nuovamente il segno del monitor con le dita e indica la decisione finale presa, inappellabile. Quindi ogni tifoso dovrebbe mettere in pausa la propria esultanza o le proprie proteste solo dopo che l’arbitro ha visionato le immagini.
E’ dura, è molto dura. Come si fa a mettere in pausa l’adrenalina? Prima del VAR era già difficile aspettare quell’attimo dopo il goal, per vedere che l’arbitro indicasse il centrocampo e ora ci troviamo costretti a dover aspettare degli interminabili minuti prima della decisione inappellabile. Immaginate la famosa corsa di Carlo Mazzone sotto la curva Bergamasca e se lì fosse intervenuto il VAR ad annullare il goal? Come glielo avrebbe spiegato l’arbitro di turno a Carletto? Comunque ormai il VAR è entrato a far parte delle regole di questo sport, dalla prossima edizione verrà utilizzato anche dalla UEFA nelle competizioni europee e i benefici che sta portando sono sotto gli occhi di tutti. Il VAR è stato introdotto per rendere il calcio “più giusto”, o forse sarebbe meglio dire “meno sbagliato”, o ancor meglio per recitare come il protocollo, “meno chiaramente errato”. Sicuramente lo sta rendendo meno adrenalinico. Con questo non si vuol dire che l’on field review sia da bandire, ma forse bisognerebbe trovare un modo per lasciare al tifoso la libertà di esultare al momento giusto. Forse adesso ci si rende più conto di quanto fossero campate in arie certe frasi che si era soliti sentire prima dell’avvento del VAR da chi difendeva l’operato degli arbitri: “Nel calcio tutti possono sbagliare: l’attaccante, il portiere e anche l’arbitro”. Ora se l’arbitro sbaglia… ops scusate, se sbaglia “chiaramente” può essere corretto.
E allora teniamoci il VAR, che snatura un po’ il calcio per come siamo abituati a viverlo, ma forse lo sta solamente evolvendo verso una nuova esperienza emozionale al passo con i tempi e con la tecnologia. La prossima volta il Mazzone di turno aspetterà l’on field review prima di correre sotto la curva avversaria e magari il tempo che ha impiegato l’arbitro per convalidare il goal avrà fatto scendere l’adrenalina e risparmiato qualche parolaccia ai tifosi e svariate giornate di squalifica al buon Carletto.