Caso Facebook: altro che punizioni e crociate, cercare soluzioni di mercato

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Una buona idea da Zingales e Rolnik.

Come spesso capita, è Allister Heath, il direttore del Sunday Telegraph, autentico punto di riferimento per chi creda nella libertà economica e nel mercato, a offrire una soluzione coerente e praticabile alla “crisi” aperta dal “caso” Cambridge Analytica.

Ho messo le virgolette alle parole “crisi” e “caso” per le ragioni ottimamente spiegate nei giorni scorsi, qui su Atlantico, da Federico Punzi. Che ci fosse (che ci sia!) un uso dei dati personali inseriti da ognuno di noi – a valanga – sui social media, era ed è un segreto di Pulcinella.

Scandalizzarsi è da sciocchi o da ipocriti: ed è naturalmente ammesso il cumulo delle qualifiche. In questo momento, sono attive decine di migliaia di app che hanno esattamente la funzione di profilare gli utenti, e classificarne gusti e orientamenti.

E il relativo uso politico è arcinoto. Tantissimi (cito ancora una firma nota ai lettori di Atlantico: Stefano Magni) hanno opportunamente ricordato l’uso debordante dei big data da parte di Barack Obama. Ma le cose evolvono sempre di più. Nelle ultime primarie repubblicane, in America, il candidato Ted Cruz aveva equipaggiato i suoi militanti porta a porta con una app che rivelava loro le preferenze (tratte da Facebook e dai social media) della persona a cui stavano per bussare, proprio per iniziare la conversazione dal tema più gradito (economia, tasse, immigrazione, armi, ecc), conoscendo già in anticipo l’orientamento dell’interlocutore.

Allora – e qui arriva l’uovo di Colombo, anzi di Heath – non si tratta di demonizzare, di armare crociate, e meno che mai di avere un approccio punitivo verso realtà (ognuno di noi ne è testimone) che hanno cambiato in meglio la nostra vita. Si tratta – semmai – di aprire un libero mercato dei dati.

Sono in campo molte proposte. Una delle più semplici e forse risolutive viene da Luigi Zingales e Guy Rolnik, e, se attuata, avrebbe anche il vantaggio di favorire la nascita di nuovi social network, oltre ai maggiori già esistenti. Di che si tratta? Di replicare per i dati e le informazioni (immagini incluse) che inseriamo sui social media lo stesso meccanismo di portabilità che qualche anno fa fu deciso per i numeri telefonici, prima ritenuti proprietà delle compagnie telefoniche.

In questo modo, sarebbe più facile “spostarsi”, facilitare la competizione e la concorrenza tra social media, e anche valorizzare un patrimonio (di scritti, di immagini, di rapporti, in ultima analisi di vita) che ormai fa parte della nostra personalità.

Sono in campo altre proposte ancora più libertarie (anzi: libertarian), tutte di grande interesse. L’auspicio è che la discussione parta da queste basi, e non, come ha ben spiegato Federico Punzi, da tentativi di vendetta (tassatori e regolatori) alimentati dai vecchi media radiotelevisivi e dal vecchio establishment politico.

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