Che tristezza il Festival di Sanremo deturpato dai protocolli anti-Covid. Solo Fiorello ci regala una risata

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Ho davvero avuto un moto strano, direi un conato, nel momento in cui ho visto Amadeus entrare sul palco dell’Ariston vuoto. Il Festival di Sanremo, quest’anno, in base ai folli protocolli del Comitato Tecnico Scientifico (che fanno perfettamente rima), si svolge senza pubblico. Il Covid, come ormai sappiamo bene tutti noi povere vittime di questa pandemia ‘apocalittica’, non risparmia nessuno; soprattutto non risparmia gli assembramenti e quindi i teatri, almeno alcuni; altri sembra risparmiarli, come lo studio di “C’è Posta per te” di Maria de Filippi, che va in onda col pubblico e dove ogni seggiolino è diviso da un pannello di plexiglass. E soprattutto il virus ha i suoi orari; come un vampiro succhia-sangue esce la sera e si ritira di giorno. E poi ama i colori. Il rosso in particolare. Quando la zona diventa rossa vuol dire che c’è lui a spargere sangue, un po’ ovunque.

Dicevamo, Sanremo. Fossi stato in Amadeus mi sarei rifiutato di condurre un Festival in quelle condizioni. Con gli applausi registrati, e quei poveri cristi dell’orchestra costretti a suonare in mascherina (ma il maestro no!). Con la ridicola mascherina che nessuno studio serio e scientificamente fondato ha mai dimostrato essere in grado di prevenire il contagio. Anzi, il contrario. Studi seri hanno semmai dimostrato che fa più male che bene indossarla, e soprattutto indossarla in quel modo, per tutto quel tempo e senza cambiarla almeno due o tre volte nel giro di qualche ora.

Capisco gli sponsor, capisco il cachet milionario di chi conduce, degli ospiti, il giro di soldi. Ma farlo in queste condizioni è davvero imbarazzante, e soprattutto ci espone al ridicolo agli occhi del mondo. Non solo, sapevate che la Liguria da lunedì è tornata in fascia gialla ma che le zone del sanremese e del ventimigliese dovevano essere rosse per via dell’alto numero di contagi, ma per il Festival è stata fatta una eccezione e quindi i ristoranti della città dei fiori hanno potuto aprire a pranzo per far mangiare l’allegra brigata Rai e cantanti vari? Il virus c’è ma a volte si camuffa, fa delle eccezioni, a seconda delle convenienze, spesso di sponsor.

Per fortuna c’è Fiorello. In una esilarante scena in cui si consegnavano i fiori di Sanremo a una giovane cantante, Amadeus ha sottolineato come secondo i protocolli del famoso CTS (quelli folli, appunto), i fiori non dovevano essere consegnati a mano, pena essere fulminati dal virus in agguato. Al ché Fiorello entra con un carrello con sopra un vaso di vetro coi fiori dentro e dice “questi non si possono toccare ma non si sa come ci sono arrivati qui, né chi ce li ha messi, boh” e poi ingiunge alla sventurata ragazza di non toccarli pena rimanere infettata. C’è davvero solo questo da fare ormai; ridere, ridere di gusto di fronte all’idiozia, e all’insensato terrore collettivo che ha ormai pervaso le menti degli italiani a causa non solo di uno spregiudicato terrorismo mediatico ma a causa della medicina che si è sostituita alla politica (vile e deresponsabilizzata) nel prendere decisioni sulle nostre vite. Mai nessuno avrebbe dovuto permettere a dei medici, chiunque essi siano, di avere l’ultima parola sui nostri comportamenti. E invece la politica ha fatto esattamente questo; si è tirata fuori, pavidamente, e ha lasciato che per colpa di un virus poco più forte di una influenza le nostre abitudini venissero sconvolte, capovolte, umiliate.

Facile dire che per non accettare questo scempio, per rispettare la storia e la tradizione del Festival più importante d’Italia bisognerebbe boicottarlo e non guardarlo. Gli italiani si sono bevuti le pantomime di Conte e Casalino, le trasmissioni faziose e aggressive della Gruber contro chiunque avesse obiezioni sulla gestione del virus, le censure di quello lì che conduce la mattina su RaiUno e che toglie la linea a chi non si fa intervistare in mascherina, le Barbare d’Urso passate dalla festa del popolo di Pietralata alle domeniche Mediaset con benedizione di Zingaretti, le Myrte Merlino che s’inginocchiano per Black Lives Matter e vengono nominate cavaliere del lavoro (ohibò!)…  si berranno, gli italiani, pure questo orrore di un Festival grottesco, ridicolo, farsesco, umiliante. Si stanno bevendo l’uomo della provvidenza, Mario Draghi, che sta militarizzando il sistema Italia per rovesciare le sorti del Conte-Casalino, in una rincorsa a chi è più ‘serio’ contro il temibile morbo manzoniano.

Fortuna non ci sono cadaveri in strada come sulle pagine del grande romanzo del grande scrittore milanese, quei “Promessi Sposi” che Umberto Galimberti vorrebbe togliere dai piani di studio perché osa dire che la Provvidenza fa la Storia. Ci sono però gli sketch sanremesi con i figuranti in mascherina, ridicoli, orrendi e, a pochi passi da loro, i co-conduttori senza, con intorno gli inservienti, gli addetti ai lavori, tutti in museruola indaffarati a far girare la macchina del panem et circenses soprattutto in un momento come questo in cui il popolino impaurito deve tirare la cinghia e non respirare più nemmeno all’aria aperta, mentre lorsignori si divertono alle nostre spalle; spalle sempre più ingobbite, gravate dall’assenza di lavoro, senza ristori, senza Cig, senza speranza ma con, purtroppo, Roberto Speranza ancora ministro della salute.

Gli italiani si berranno questo Sanremo indecente, dove non si danno i bacetti né gli abbracci, dove l’Ego di Ibra può tranquillamente spaziare nel teatro vuoto a suo piacimento. Dove da tempo non ci sono più i Duran Duran o i Depeche Mode o Peter Gabriel come ospiti d’onore ma dobbiamo accontentarci di Laura Pausini. Dove si invita, ovviamente, l’infermiera ‘simbolo’ della lotta al Covid, quella che ha postato la foto con l’infezione per via della mascherina usata per dodici ore e che ha lanciato il suo messaggio-propaganda filo pandemico, cioè che non dobbiamo abbassare la guardia, e dobbiamo lavarci le mani e mettere la mascherina, e tutte queste ritualità che ormai sembrano soltanto superstizioni, riti apotropaici, evocazioni misteriche. E che, non avendo alcuna base scientifica, non sono servite, come purtroppo si è visto dopo un anno di morti e contagiati, a nulla. Col Covid si deve convivere come ha fatto e fa la Svezia. Tutti gli altri approcci sono fallimentari.

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