Chi osserva con un po’ di attenzione le cose d’Oltreoceano, anche senza bisogno di essere un professionista dell’informazione o un esperto di scienze comportamentali, non avrà potuto fare a meno di constatare sino a quali livelli di barbarie verbale (e iconografica) si siano spinti di recente gli odiatori del presidente Trump che si annidano nel mondo della cultura e dello show business. Tanto che, guardando il tutto dal punto di vista delle persone normali e di buon senso, si è combattuti, pirandellianamente, tra lo sgomento per situazioni e comportamenti che ci fanno inorridire e l’ilarità che è prodotta dallo strampalato intreccio di tragico e grottesco che quella realtà ci propone.
Di recente, a richiamare opportunamente l’attenzione su una serie di “sparate”, ci ha pensato non un vero e proprio addetto ai lavori , bensì un intellettuale di vaglia, Victor Davis Hanson, senior fellow per la storia militare e gli studi classici del Hoover Institution presso la Stanford University, nonché, per senso civico, columnist e collaboratore di varie riviste e testate nazionali, tra cui il National Review.
Hanson ha cominciato dalla giornalista e scrittrice Fran Lebowitz, che circa un mese fa, in una popolare trasmissione televisiva, aveva suggerito che il governo americano consegnasse il presidente “ai suoi amici sauditi, gli stessi che hanno fatto la festa a quel certo reporter,” con chiara allusione a Jamal Khashoggi, assassinato nell’ottobre del 2018, poi la Leibowitz, ça va sans dire, disse di essere stata fraintesa… L’elenco prosegue con l’anziano e famosissimo chef Anthony Bourdain, che coerentemente con la sua vocazione proponeva un tranquillo avvelenamento. Il chitarrista David Crosby, per parte sua, parlava genericamente di “incenerimento”, mentre l’attore Johnny Depp e il rapper Snopp Dogg proponevano, più banalmente, di sparare al presidente. E che dire dell’attrice comica Kathy Griffin, del comico George Lopez e del cantante metal Marilyn Manson, che proponevano suggestivamente la decapitazione dell’odiatissimo Donald? O della cantante Madonna e del musicista Mody, che hanno invece espresso una netta preferenza per gli esplosivi? Ma il top della fantasia creatrice lo ha raggiunto il gruppo musicale grunge/rock alternativo Pearl Jam, che ha ipotizzato nientemeno che la decomposizione del corpo di Trump. Quanto al Public Theater di New York City, si sono accontentati di auspicare un tradizionale accoltellamento. Brutale, ma anche sportivo, come al solito, Mickey Rourke ha espresso l’intenzione di percuotere il malcapitato con la sua mazza da golf. Più naturalista, l’attrice comica Rosie O’Donnell sogna di vedere il presidente precipitare da un’alta scogliera. Misticheggiante, invece, l’attore Charlie Sheen, che invoca un intervento divino che ponga fine all’esistenza dell’odiato presidente. Di assoluta mediocrità criminale, invece, la soluzione auspicata dal comico Larry Wilmore: soffocamento tramite cuscino. Decisamente sopra le righe, per esprimersi eufemisticamente, l’auspicio di Peter Fonda, icona degli anni Sessanta: “Bisognerebbe strappare Barron Trump [il figlio più piccolo del presidente e di Melania, n.d.r.] dalle braccia di sua madre e metterlo in una gabbia con dei pedofili. E vedere se la madre si deciderà a schierarsi contro con quella gigantesca testa di [bip] con la quale è sposata.”
A fronte di tanta protervia e crudeltà mentale, fa quasi tenerezza l’ossessione di Bob De Niro per delle reiterate gragnuole di pugni in testa, strascico probabile della sua mitica performance in Raging Bull, nei panni del grande pugile italo-americano Jake LaMotta…
Ora, dice Hanson, sarebbe interessante provare a sostituire il nome di Trump con quello di Obama e vedere se questo tipo di linguaggio non comporterebbe automaticamente l’ostracismo e la fine della carriera per gli odiatori, per non parlare delle conseguenze legali.
Il professore, fedele al suo istinto di studioso, che lo porta a interrogarsi sulle cause dei fenomeni, oltre che indignarsene, si chiede il perché di tutto questo odio. Sintetizzo al massimo le risposte che egli stesso si dà:
1. gli odiatori presumono che i loro “nobili scopi” (di eguaglianza, giustizia, ecc.) giustifichino qualsiasi mezzo (estremizzazione ignorante e volgare del machiavellismo), di conseguenza, se poi arriva il pazzo che li prende alla lettera ed “esegue”, quelli non si sentono minimamente in colpa…
2. le celebrities sono notoriamente persone incolte e spesso un po’ tonte, ma nel contempo sono piuttosto arroganti: siccome sono bravi a recitare, cantare, ecc. pensano di poter straparlare di qualsiasi cosa…
3. non hanno paura di subire le conseguenze delle loro parole: nessuno li licenzierà, perché i loro datori di lavoro la pensano allo stesso modo…
4. amano essere al centro dell’attenzione, e quindi…
5. molti di quelli che inveiscono sono il frutto degli anni Sessanta e Settanta (tutta roba che in Italia conosciamo bene)…
6. ad Hollywood e nel mondo dell’intrattenimento sono “divorziati” dalla maggior parte del resto dell’America, vivono avulsi dalla realtà (più ancora di quanto non lo siano quelli che in Italia sono conosciuti come i frequentatori di Capalbio e dintorni).
Insomma, il professor Hanson, uno studioso con l’acutezza particolare che gli deriva dall’aver esplorato a fondo il mondo e il pensiero classico, ancora una volta ci aiuta a capire un bel po’ di cose sull’America e ad orientarci nella confusione del nostro tempo; questo non a caso è il terzo o quarto articolo su Atlantico in cui riporto qualche sua riflessione o cito qualche suo libro o articolo. Inutile dire che alcune delle cose che impariamo da lui le possiamo già applicare utilmente alla nostra realtà italiana ed europea, altre si riveleranno utili nell’immediato futuro. Perché, come al solito, quello che accade dall’altra parte dell’Atlantico preannuncia e prefigura ciò che puntualmente si realizzerà qui da noi. Prepariamoci quindi al tipo di “barbarie” che i liberals del Nuovo Mondo ci hanno preparato. E prepariamo nel contempo le nostre contro-misure!