A Roma le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano nella sede di Galleria Corsini la mostra L’enigma del reale. Ritratti e nature morte dalla Collezione Poletti e dalle Gallerie Nazionali Barberini Corsini, a cura di Paola Nicita. Per la prima volta nella capitale, e fino al 20 febbraio del prossimo anno, sono esposte le più significative Nature morte della collezione di Geo Poletti (Milano 9 aprile 1926 – Lenno 13 settembre 2012), storico dell’arte, connoisseur, pittore e collezionista, famoso per il suo occhio e giudizio infallibile, che formò la sua raccolta a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Con esse, altri quattro dipinti della sua raccolta che vengono messi a confronto con alcune opere delle Gallerie Nazionali, solitamente non esposte al pubblico, e con un’opera proveniente dal Museo nazionale di Varsavia, allo scopo di indagare relazioni, intrecci, scambi tra opere e artisti, anche inaspettati. Le 28 opere in mostra sono accomunate dall’adesione alla “pittura di realtà” e al naturalismo caravaggesco, in tutte le sue declinazioni note e per certi versi ancora enigmatiche. Un’esposizione fortemente voluta dalla direttrice Flaminia Gennari Santori che sottolinea: “Come per la mostra di Mapplethorpe anche in questa occasione si prosegue alla Galleria Corsini con l’esplorazione del collezionismo, sia come pratica che come categoria culturale, tema costitutivo e identitario delle Gallerie Nazionali di Roma”. Il percorso espositivo si snoda negli ambienti della Galleria Corsini, partendo dalla “Galleria del Cardinale”, dove è esposto il Democrito di Ribera, appartenente alla collezione di Geo Poletti sin dai primi anni Sessanta, e inizialmente interpretato come Geografo sorridente. Il dipinto, segnato dall’intensità dell’espressione del filosofo e da una forte aderenza ai valori naturalistici, fu realizzato dal giovane pittore valenzano nella fase del passaggio da Roma a Napoli, tra il 1615 e 1618. La mostra prosegue nella “Camera verde”, dove la Maddalena penitente della collezione Poletti suscita stupore per la sua ostentata nudità: una ragazza poco spirituale che assume un’espressione terrena, malinconica e uno sguardo perso nel vuoto. Dopo un’intricata storia di attribuzioni, la tela è stata ascritta al contesto spagnolo prossimo a Velázquez.
Non si tratta di accostare la raccolta alla storica collezione Corsini, così distante per consistenza, tempo e gusto, benché alcune tangenze non mancheranno: l’intento è quello di riflettere sul tema del collezionismo, sia come pratica che come categoria culturale. Pittore egli stesso dopo l’incontro con Mario Sironi, Geo Poletti fu poi influenzato dalle opere di Umberto Boccioni, Giorgio De Chirico, Arturo Martini e soprattutto Francis Bacon. Una sua mostra si tenne nel 1962 alla Galleria Il Milione di Milano, curata da Giovanni Testori. Nel catalogo della sua personale, sempre al Milione nel 1967, lo storico dell’arte Francesco Arcangeli lo descrisse come “appassionato conoscitore di molta arte del passato ma uomo moderno”. La conoscenza nel 1951 di Roberto Longhi segnò una svolta determinante nei suoi interessi per le opere d’arte. Il suo gusto e la sua cultura di collezionista maturarono nel continuo confronto con storici dell’arte e studiosi; oltre a Longhi, vi furono Giuliano Briganti, Federico Zeri e Mina Gregori, ovvero i maestri della disciplina storico artistica in Italia. Poletti ne condivise la passione per l’arte di Caravaggio e dei caravaggeschi e la riscoperta critica per il genere della natura morta. Sono in mostra alcune opere significative della sua raccolta, esposte accanto a dipinti delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini selezionati per l’occasione e a un quadro del Museo nazionale di Varsavia, messi a confronto allo scopo di indagare relazioni tra le opere e gli artisti, anche inaspettate. Del resto, si tratta di dipinti accomunati dall’adesione alla “Pittura di Realtà” e al naturalismo caravaggesco, in tutte le sue declinazioni note e per certi versi ancora enigmatiche.
Ma chi è stato Poletti? Pittore e collezionista, per tutti era Geo, nato a Milano il 9 aprile 1926. Nei primi anni Trenta parte con il padre e il fratello minore per San Paolo del Brasile dove rimane per pochi anni. Ben presto torna a Milano dalla madre dove prosegue gli studi privilegiando da subito l’arte. La madre, amica di Arturo Toscanini e di Carlo Maria Giulini, lo introduce alla lirica e alla musica classica, passione che lo accompagnerà per la vita. Durante la guerra si trasferisce con la famiglia nella villa di Bellagio, sul lago di Como, dove incontra Mario Sironi che lo incoraggia a dipingere. Nel 1950 torna a San Paolo per un anno, dove ritrova il padre e il fratello maggiore che nel frattempo si era trasferito in Brasile con la famiglia. I soggiorni in Brasile incidono molto sulla sua pittura. Molti dei personaggi ritrattati sono infatti ispirati alla popolazione locale. In particolar modo i volti delle figure, e persino un suo autoritratto, riprendono le tipiche fisionomie brasiliane. Continua a dipingere e inizia a studiare i maestri antichi senza trascurare, seppur con occhio critico, l’arte moderna e contemporanea. Oltre a Sironi, Boccioni, al primo De Chirico e Arturo Martini, apprezza Francis Bacon, artista che influenzerà in modo evidente la sua pittura. Nel 1962 espone una personale alla Galleria Il Milione, dove incontra Pietro Maria Bardi che acquista due opere e lo invita ad esporre al Masp, Museo d’Arte di San Paolo di cui è direttore. L’invito gli verrà più volte riproposto negli anni successivi ma sarà sempre “rinviato”. La mostra del 1962, che comprende solo opere figurative, è ben accolta dalla critica e dalla stampa. Giovanni Testori ne cura la prefazione del catalogo e scrive un lungo saggio illustrato per la rivista “Paragone”. Nel 1967, la galleria Il Milione presenta un’altra sua mostra personale, sempre figurativa. La prefazione del catalogo, affidata a Francesco Arcangeli, lo descrive come “…appassionato e conoscitore di molta arte del passato ma uomo moderno”. In quegli anni regalerà un suo dipinto a Roberto Longhi che ancora oggi è esposto nella casa a Firenze e fa parte della quadreria dell’omonima Fondazione. Altri galleristi d’oltreoceano si propongono per esporre le sue opere ma senza successo. Nel frattempo si appassiona sempre più allo studio e alla raccolta di pittura antica, dipingendo ormai solo per se stesso, senza più alcun intento espositivo e tanto meno commerciale. Accetta però di ritrarre due benefattori, su commissione della Cà Granda, realizzando due grandi ritratti a figura intera, che entreranno a far parte della quadreria dell’Ospedale Maggiore. Parallelamente alla sua attività di pittore, Geo Poletti diventa un appassionato collezionista. Nel 1951, tornato in Italia, incontra Roberto Longhi, con il quale stringe un intenso rapporto di amicizia e con cui condivide il metodo di studio e approfondisce soprattutto l’arte di Caravaggio e dei caravaggeschi e in generale tutta la pittura italiana e spagnola del Seicento. Longhi rimarrà per sempre un punto di riferimento fondamentale. Nel 1953 sposa Giulia Fiocchi, con cui ha in comune la passione per la pittura antica e dalla quale avrà quattro figli, Huberto, Giovanna, Alessandra e Francesca. In questi anni inizia a collezionare opere, soprattutto lombarde del XVII e XVIII secolo. Da allora la sua casa è frequentata quotidianamente da amici, storici dell’arte, antiquari e studiosi. Fra i più assidui Giovanni Testori, Mina Gregori, Federico Zeri, Alvar González-Palacios e Vittorio Sgarbi, ma tanti altri sono passati e passeranno ancora dalla casa di via Cernaia. Negli anni Settanta e Ottanta compie diversi viaggi a Londra dove acquista in asta e presso mercanti numerose opere, entrando in contatto con i maggiori esponenti del mercato antiquario internazionale. Negli stessi anni restaura una residenza sul Lago di Lugano dove trascorre parte del suo tempo e raccoglie le opere più importanti della sua collezione. La moglie Giulia gli è sempre accanto aiutandolo nel compito di ricerca storica dei dipinti che insieme acquistano e studiano. La sua collezione e i suoi studi si concentrano non solo sui pittori lombardi, come Tanzio da Varallo, Il Cerano, Ceruti e Fra’ Galgario, ma anche artisti di altre scuole ancora poco valutati dalla critica come Bartolomeo Passerotti, Pier Francesco Mola e Paolo Pagani. Una singolare passione è pure rivolta agli autori spagnoli, in particolar modo Velázquez e Ribera. Raccoglie, con passione e competenza, nature morte del Sei e Settecento, molte delle quali presentate in questa mostra. Un’importante opera della sua raccolta, la Caritàromana di Bartolomeo Manfredi, entra a far parte della Galleria degli Uffizi dopo l’attentato del 1993 in via dei Georgofili. Dona anche alcuni quadri al museo di Brera (Il Cerano, San Francesco in estasi; Alessandro Magnasco, Ritratto di Bartolomeo Micone; Carlo Innocenzo Carloni, Ritratto di signora), al Castello Sforzesco di Milano (Paolo Pagani, Sacra famiglia con Sant’Antonio da Padova) e presta regolarmente opere della collezione per importanti mostre nazionali e internazionali. Negli anni Novanta acquista dal Fai una casa a Lenno, di fronte a Bellagio, dove passa le estati e dove muore il 13 settembre 2012. La sua collezione, non solo dipinti, ma anche oggetti e sculture, è stata visitata, studiata e apprezzata dai più importanti critici d’arte e direttori di museo, oltre che da collezionisti e amici che amava intrattenere condividendo e illustrando le sue spesso lungimiranti attribuzioni.