Si annuncia una ricchissima stagione di mostre, a partire dal mese di settembre. Tante le esposizioni da non perdere. Dall’8 settembre la Fondazione Magnani-Rocca presenterà una retrospettiva dedicata ad uno dei più grandi artisti del secolo scorso: Roy Lichtenstein (New York 1923-1997). Un autentico genio della Pop Art americana che ha influenzato grafici, designer, pubblicitari ed altri artisti contemporanei tanto che ancora oggi è possibile riscontrare riferimenti allo stile di Lichtenstein in ogni ambito del design e della comunicazione. Una mostra, allestita alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo presso Parma, che riunirà oltre ottanta opere del maestro e degli altri grandi protagonisti della Pop Art americana: per evidenziare sia la sua originalità che la sua appartenenza a uno specifico clima, saranno presenti infatti, a confronto con quelle di Lichtenstein, anche opere iconiche di Andy Warhol, Mel Ramos, Allan D’Arcangelo, Tom Wesselmann, James Rosenquist e Robert Indiana. In virtù della sua fama e della sua centralità, Lichtenstein è stato oggetto nel mondo di numerose mostre antologiche, che ne hanno ripercorso la lunga carriera, iniziata negli anni Cinquanta, giunta a un punto di svolta decisivo nei primissimi anni Sessanta, consacrata definitivamente nel corso dello stesso decennio e proseguita con coerenza e costante riscontro sino alla scomparsa avvenuta nel 1997. Quello che renderà unica questa mostra sarà il principio di lettura complessiva della creatività dell’artista, permettendo di apprezzare Lichtenstein nella sua interezza, affrontando tutte le stagioni e tutti i temi della sua arte. Per questa ragione, la mostra potrà essere vista seguendo due percorsi complementari: considerando i diversi temi secondo il tradizionale ordine cronologico, oppure analizzandoli sotto diversi punti di vista, seguendo proprio la metodologia di Lichtenstein, con una particolare attenzione, oltre che alle opere su tela, alla formidabile produzione grafica, momento assolutamente centrale nel percorso creativo dell’artista. Centrale anche nell’affermazione pubblica di Lichtenstein e della Pop Art in generale, che proprio nella grande diffusione permessa dalla grafica ha trovato uno dei motivi principali del suo successo realmente popolare. Un appuntamento unico nel suo genere, reso possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Magnani-Rocca con celebri musei internazionali e prestigiose gallerie e collezioni private.
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La mostra “Camera Pop. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano & Co” ripercorrerà la storia della trasformazione del documento, fotografico nello specifico, in opera d’arte, giunta al culmine negli anni ’60. Dal 21 settembre al 13 gennaio a Camera – Centro Italiano per la Fotografia saranno esposte oltre 120 opere tra quadri, fotografie, collages, grafiche, che illustrano la varietà e la straordinaria vivacità di questa grande vicenda. La mostra, curata da Walter Guadagnini, direttore di Camera, si inserisce, afferma il presidente Emanuele Chieli “nella linea di grandi mostre che caratterizza l’attività di Camera, filone che vanta precedenti di successo, come le rassegne L’Italia di Magnum (2016) e Arrivano i Paparazzi! (2017). Mostre che intendono indagare un momento storico attraverso un movimento o uno stile fotografico, illuminando contemporaneamente l’aspetto artistico e quello sociale”. La Pop Art è stata un fenomeno mondiale, esploso negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa, e diffusosi rapidamente anche nel resto del mondo “che ha rivoluzionato”, è l’opinione di Guadagnini, “il rapporto tra creazione artistica e società, registrando l’attualità in modo neutro, fotografico, adottando gli stessi modelli della comunicazione di massa per la realizzazione di opere d’arte. In questo senso, la fotografia è stata, per gli artisti Pop, non solo una fonte di ispirazione, ma un vero e proprio strumento di lavoro, una parte essenziale della loro ricerca”. È sufficiente pensare al più celebre e celebrato rappresentante di questa tendenza, Andy Warhol, le cui opere derivano, per la grande maggioranza dei casi, da fotografie (la celeberrima “Marilyn”, la serie delle “Sedie elettriche”, tutti i ritratti alle celebrità del tempo), e che ha scattato migliaia di fotografie, conferendo alla riproduzione meccanica della realtà un ruolo centrale nella definizione della sua poetica. Ma si può anche ricordare come l’opera di Richard Hamilton “Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing” del 1956, che sarà in mostra, unanimemente considerata come la prima opera compiutamente pop della storia, sia un collage fotografico. Così come in Italia il più celebre rappresentante di questa tendenza, Mario Schifano, ha sempre operato attraverso e con la macchina fotografica. Allo stesso tempo, l’affermazione della cultura Pop ha liberato energie sorprendenti anche all’interno del mondo dei fotografi, che si sono misurati direttamente non solo con il panorama visivo contemporaneo, ma anche con le logiche della trasformazione del documento in opera d’arte. Tra i protagonisti presenti in mostra, oltre a quelli già ricordati, si possono citare gli americani Robert Rauschenberg, Jim Dine, Ed Ruscha, Joe Goode, Ray Johnson, Rosalyn Drexler; gli inglesi Peter Blake, Allen Jones, Joe Tilson, David Hockney, Gerald Laing, Derek Boshier; i tedeschi Sigmar Polke, Wolf Vostell; gli italiani Mimmo Rotella, Michelangelo Pistoletto, Franco Angeli, Umberto Bignardi, Gianni Bertini, Claudio Cintoli, Sebastiano Vassalli e tanti altri. Tra i fotografi, si sottolinea la presenza di Ugo Mulas, cui viene dedicata un’intera sala, dove verranno esposte le serie realizzate negli Stati Uniti e quella della Biennale di Venezia del 1964, e di Tony Evans, fotografo dei protagonisti della Swinging London dei primissimi anni Sessanta.
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La Casa dei Tre Oci di Venezia dal 6 settembre al 6 gennaio del prossimo anno renderà omaggio al grande fotografo francese Willy Ronis (1910-2009). La mostra, la più completa retrospettiva di Ronis in Italia, presenta 120 immagini vintage, tra cui una decina inedite dedicate a Venezia, e documenti, libri e lettere mai esposti prima d’ora. L’esposizione, curata da Matthieu Rivallin, coprodotta dal Jeu de Paume di Parigi e dalla Médiathèque de l’architecture et du patrimoine, Ministry of culture – France, con la partecipazione della Fondazione di Venezia, organizzata da Civita Tre Venezie, presenterà 120 immagini vintage, tra cui una decina inedite dedicate a Venezia, in grado di ripercorrere l’intera carriera di uno dei maggiori interpreti della fotografia del Novecento e protagonista della corrente umanista francese, insieme a maestri quali Brassaï, Gilles Caron, Henri Cartier-Bresson, Raymond Depardon, Robert Doisneau, Izis, André Kertész, Jacques-Henri Lartigue e Marc Riboud. Pur non essendo un movimento codificato da un manifesto
programmatico, quello umanista dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile, per scoprirvi un significato esistenziale universale. Attraverso le sue immagini, Ronis sviluppa una sorta di micro-racconti costruiti partendo dai personaggi e dalle situazioni tratte dalla strada e dalla vita di tutti i giorni, che lo portano a estasiarsi davanti alla realtà e a osservare la fraternità dei popoli. Se è vero che le sue fotografie corrispondono, in una certa misura, a una visione ottimista della condizione umana, Ronis non ne cela l’ingiustizia sociale e s’interessa alle classi più povere. La sua sensibilità nei confronti delle lotte quotidiane per la sopravvivenza in un contesto professionale, familiare e sociale precario, rivela che le sue convinzioni politiche, militante comunista, lo conducevano a un impegno attivo, attraverso la produzione e la circolazione di immagini della condizione e delle lotte operaie. Sebbene la maggior parte delle sue immagini più riprodotte siano state scattate in Francia, sin dalla sua giovinezza Ronis non ha smesso di viaggiare e fotografare altri luoghi. Il suo stile resta intimamente legato al suo vissuto e al suo modo di intendere la fotografia. Non esitava, infatti, a rievocare la sua vita e il suo contesto politico e ideologico. I suoi scatti e i suoi testi raccontano un artista desideroso prima di tutto di esplorare il mondo, spiandolo in segreto, aspettando pazientemente che esso gli sveli i suoi misteri. Ai suoi occhi è più importante ricevere le immagini che andarle a cercare, assorbire il mondo esteriore piuttosto che coglierlo e, da qui, costruire la sua storia.
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A Palazzo Ducale di Genova, nella Loggia degli Abati, dall’8 settembre al 24 febbraio del prossimo anno sarà possibile ammirare l’attesissima mostra retrospettiva Fulvio Roiter. Fotografie 1948 – 2007. Circa 150 scatti, per la maggior parte vintage,selezionati dal curatore Denis Curti con il prezioso contributo della moglie Lou Embo, racconteranno l’intera vicenda artistica del grande fotografo scomparso nel 2016, facendo emergere tutta l’ampiezza e l’internazionalità del lavoro di Roiter, collocandolo tra i fotografi più significativi dei nostri giorni. Il percorso espositivo narrerà gli immaginari inediti e stupefacenti dedicati alla Sicilia ed i suoi paesaggi, Venezia e la laguna, ma anche i viaggi a New Orleans, in Belgio, in Portogallo, in Andalusia ed in Brasile che hanno determinato i primi approcci alla fotografia di Roiter, nel pieno della stagione neorealista, di cui il fotografo veneziano ha ereditato la finezza compositiva. “Un bianco e nero aspro, contrastato, ruvido. Un desiderio di raccontare il mondo attraverso un attrito costante, senza mediazioni e senza menzogne. È questa la fotografia di Fulvio Roiter. Un modo particolare di guardare il mondo che ha ispirato l’opera del grande autore veneziano, fino alla fine dei suoi giorni, in una linea di racconto dinamica, ricca di sfumature, sorprese e colpi di scena, vicina a un approccio intimo alla fotografia”, afferma Curti. Ne deriveranno 9 sezioni di mostra, ciascuna espressione di uno specifico periodo della sua vita e del suo stile: L’armonia del racconto; Tra stupore e meraviglia: l’Italia a colori; Venezia in bianco e nero: un autoritratto; L’altra Venezia; L’infinita bellezza; Oltre la realtà; Oltre i confini; Omaggio alla natura; L’uomo senza desideri.