Ora che i mondiali di calcio sono finiti, adesso che le televisioni iniziano una programmazione estiva striminzita e deludente, tra repliche e avanzi di magazzino, c’è una sola cosa che può regalarci un momento di buonumore al giorno, un attimo di sollievo dalle preoccupazioni, una benedetta distrazione da rate di mutuo, cartelle Equitalia, suocere invadenti, mogli asfissianti: seguire nei tg la marcia finale del Pd verso l’autodistruzione. E’ una saga straordinaria: meglio dei romanzi umoristici di Wodehouse. Puoi essere depresso, agitato, o semplicemente un po’ svogliato: ma con la terapia-Pd è garantito un rapido ritorno al benessere. Più loro sprofondano, più a te si riaffaccia il sorriso sulle labbra.
Ancora pochi mesi fa erano lì a pontificare su tutto, potenti e prepotenti. Renzi abbronzatissimo in camicia bianca, la Boschi svolazzante, i tg della testata unica tosco-venezuelana a raccontare le loro imprese: inaugurazione di start-up, salite e discese da treni, Leopolde supercafonal, puntate a Maranello, missioni internazionali. Poi però, è arrivato il 4 marzo, e la successiva botta alle amministrative del 10 giugno. E il Pd si è ritrovato ridotto prima da partito nazionale a forza appenninica, e poi a riserva del Wwf, con pochi esemplari custoditi in parchi protetti.
Ma la cosa meravigliosa è che quei pochi-esemplari-in-parchi-protetti stanno litigando selvaggiamente tra loro. Se le danno di santa ragione, tipo hooligans in curva: i quali però, in genere, se la prendono con la curva opposta. Qui, invece, le bastonate sono tutte dentro i corridoi e le stanze di Largo del Nazareno. Dicono le cose peggiori gli uni sugli altri: e il bello è che, conoscendosi bene fra loro, spesso è tutto vero.
Quello che fa più tenerezza è il reggente Martina, detto “Undertaker” (per chi legge a Roma, si può tradurre: “cassamortaro”), cioè il dirigente a cui è stato affidato il compito di procedere alla tumulazione del partito. Missione alla quale si dedica con ammirevole scrupolo, con dedizione lodevole: ogni sera una frasetta al tg per dire che Salvini è cattivo e l’immigrazione non è un’emergenza (giusto per scrollarsi di dosso qualche decina di migliaia di elettori alla volta), e poi qualche operazione straordinaria per garantirsi che la bara sia adeguatamente imbullonata. L’ultima di Undertaker? Dovendo comporre la “segreteria” (organo del quale si ignorava l’esistenza), cioè un gruppo di dirigenti chiamati a collaborare con lui nel servizio di onoranze funebri, ha pensato bene di metterci dentro i rappresentanti di tutte le correnti. Con alcune perle deliziose: tipo la nomina di Boccia, un amico del governatore pugliese Emiliano impegnato a chiudere Ilva e Tap, come responsabile per le imprese. Dracula all’Avis, insomma. Il bello è che sono bastate poche ore per suscitare le ire di tutti: di Calenda (“è un harakiri”) e dello stesso Emiliano, che ha fatto ritirare Boccia. E così, come nello schiaffo del soldato, Martina le ha prese un po’ da tutti senza sapere bene da chi venisse l’ultimo ceffone.
Naturalmente imperversano i renziani, la cui ossessione è sgambettare il povero Undertaker mentre regge la bara. Non passa giorno senza bordate del giglio magico contro Martina. Obiettivo? Alimentare la nostalgia verso Renzi, e creare le premesse del “comeback”, del grande ritorno, come se mezza Italia fosse in ansia di rivedere e risentire il Bullo.
Poi ci sono gli aspiranti segretari, tipo Zingaretti: non l’attore, quello del Commissario Montalbano, ma il fratello Nicola, che governa la Regione Lazio e fa già l’occhietto ai grillini. Schema di gioco? Riesumare i Ds, cioè una versione più nostalgica, più “rosso antico” del Pd, e successivamente convolare a nozze con i grillini, sperando che nel frattempo questi ultimi abbiano rotto con Salvini.
In un altro angolo della riserva-Wwf, in fondo non ostili a Zingaretti, ci sono quelli che cercano di ricreare una specie di vasta alleanza di centrosinistra. Se il Pd si sposta a sinistra, dicono, allora servirà pure una specie di simil-Margherita più centrista. Ecco allora i Calenda e i Gentiloni. Ed ecco anche la lenzuolata di Scalfari, l’altroieri su Repubblica, che indica altri possibili compagni di strada: da Casini a Bonino. Zero virgola più zero virgola. Un trionfo annunciato, insomma.
Naturalmente, non mancano i professori a bordo campo: il più agitato e fomentato (ormai è un elemento fisso delle scenografie televisive: i tecnici a fine trasmissione spengono le luci dello studio, ma lui lo lasciano lì tipo pianta grassa) è il professor Cottarelli, già premier per tre ore e mezzo. Poveraccio, ora sente il bisogno di far vedere ogni giorno che esiste, e ne spara a raffica: l’altra settimana, seppellitto dalle pernacchie su Twitter, ha più o meno proposto di togliere il passaporto a chi è indietro con il pagamento delle tasse. Come si dice: fisco amico…
Come si vede, la soap-opera Pd è appassionante. Non si smette di seguirla, di ridere, di raccontarla agli amici. Produttori, registi, interpreti e comparse meritano tutto il nostro ringraziamento: senza di loro, l’estate del 2018 non sarebbe la stessa.