Speciale Russiagate / Spygate

Russiagate: la CIA attivò agenzie alleate per spiare la Campagna Trump

Ecco come fu innescata la bufala della collusione con la Russia. “Invenzione” per nascondere che Putin preferiva Clinton, non Trump nel 2016

Obama Brennan (CBS)

I giornalisti indipendenti Michael Shellenberger, Matt Taibbi (già autori di diversi report sui Twitter Files) e Alex Gutentag sono tornati sulle origini del Russiagate, l’enorme bufala orchestrata nel 2016 (e per i tre anni successivi), con la complicità dell’amministrazione Obama, ai danni di Donald Trump, per affondarne prima la candidatura, poi la presidenza (e in parte riuscendovi). Su Atlantico Quotidiano potete trovare un ricco speciale.

La segnalazione all’FBI

L’origine e le motivazioni dell’operazione, e i suoi primi passi, con l’apertura dell’indagine dell’FBI denominata Crossfire Hurricane, sono stati ricostruiti, ma i tre giornalisti accendono, o meglio riaccendono i riflettori su un aspetto rimasto tuttora oscuro, ovvero il presunto ruolo di servizi segreti alleati che sarebbero stati “attivati” dalla CIA. L’FBI iniziò a indagare e sorvegliare la Campagna Trump a seguito di segnalazioni di agenzie alleate che “per caso” avevano scoperto indizi secondo cui alcuni suoi consiglieri potevano essere collusi con la Russia.

Anche di questo, all’epoca, scrivemmo in abbondanza su Atlantico Quotidiano, visto che tra i Paesi alleati coinvolti si parlava anche dell’Italia. Ricordate il nome di Joseph Mifsud, il professore della Link University, tuttora non reperibile, che aveva attirato l’attenzione sul consigliere di Trump George Papadopoulos?

L’indagine dell’FBI era iniziata dopo che funzionari dell’Intelligence australiana segnalarono a funzionari Usa che un consigliere di Trump – Papadopoulos – aveva confidato ad un diplomatico australiano, Alexander Downer, incontrato in un bar di Londra, che la Russia aveva materiale “dirty” sul candidato democratico Hillary Clinton.

La richiesta della CIA

Ebbene, secondo Shellenberger, Taibbi e Gutentag, che citano fonti vicine alla Commissione Intelligence della Camera, la Intelligence Community Usa chiese alle agenzie di spionaggio alleate di sorvegliare 26 collaboratori di Trump nel periodo precedente alle elezioni del 2016 – sorveglianza da cui poi sarebbero scaturite le accuse di collusione con la Russia. Un sospetto non nuovo, questo, ma sollevato già anni fa, che ora verrebbe avvalorato da nuove fonti.

L’ex direttore della CIA John Brennan avrebbe identificato e presentato gli obiettivi ai “colleghi” del cosiddetto “Five eyes” (le agenzie di intelligence di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, tra cui c’è condivisione delle informazioni) chiedendo la loro collaborazione per spiare e mettere sotto controllo la Campagna Trump.

La Comunità di Intelligence Usa definiva i 26 “come persone con cui entrare in contatto o da manipolare”, ha riferito una fonte. “Erano obiettivi del nostro stesso IC e delle forze dell’ordine: obiettivi di raccolta di informazioni e di disinformazione“, ha spiegato la fonte.

Secondo l’articolo, il Government Communications Headquarters, il controspionaggio britannico, stava prendendo contatti con gli associati di Trump già nel marzo 2016. Una data che coincide con il primo incontro a Roma tra George Papadopoulos e il professor Joseph Mifsud, mesi prima dell’hackeraggio del Comitato Democratico e dell’apertura dell’indagine Crossfire Hurricane.

“Stavano stabilendo contatti con persone di Trump già nel marzo 2016″, ha riferito la fonte. “Stavano mandando persone in giro per il Regno Unito, Australia, Italia – il Mossad in Italia. L’MI6 lavorava in una scuola di intelligence che avevano creato”. E qui il riferimento sembra proprio essere alla Link University di Roma dove si sono incontrati Mifsud e Papadopoulos per la prima volta.

Il faldone scomparso

Le informazioni relative a questa operazione di sorveglianza sarebbero conservate in un “faldone da 10 pollici” che Trump aveva ordinato fosse declassificato alla fine della sua presidenza e che potrebbe contenere le prove che “molti funzionari dell’Intelligence Usa hanno infranto le leggi contro lo spionaggio e le interferenze elettorali”. L’ex direttore della CIA Gina Haspel avrebbe bloccato il rilascio del “raccoglitore”, in cui ci sarebbero anche prove del suo ruolo nella bufala della collusione Trump-Russia.

Putin preferiva Hillary

Ieri i tre giornalisti hanno pubblicato un secondo articolo, in cui si sostiene che la CIA “ha inventato l’intelligence” per nascondere il fatto che Vladimir Putin preferisse in realtà Hillary Clinton, non Donald Trump, come presidente.

I russi non temevano una presidenza Clinton. “Era una relazione con cui si sentivano a proprio agio”, ritenevano alcuni analisti della CIA, non c’erano prove concrete che la Russia sostenesse Trump. Anche questo è qualcosa di noto. Già era emersa in passato, infatti, l’esistenza di valutazioni di questo tenore all’interno dell’agenzia, che però il direttore Brennan avrebbe squalificato e tenute nascoste al resto della Comunità di Intelligence e in particolare all’FBI.

“Hanno fatto sembrare che Putin sostenesse Trump”, ha aggiunto la fonte, ma le valutazioni degli analisti indicavano il contrario. Brennan censurò il dissenso all’interno del gruppo di 24 analisti “selezionati” – e non provenienti da 17 agenzie come viene detto, ma solo da quattro, anzi tre, se si considera che l’ufficio del DNI è solo di coordinamento.

Brennan e gli autori dell’Intelligence Community Assessment (ICA) – il documento in cui si affermava che il Cremlino avesse interferito nelle elezioni a danno della Clinton e a favore di Trump, dipingendo il nuovo presidente come un puppet di Putin – “abbellirono” le loro conclusioni trasformando fonti inaffidabili in affidabili, ha spiegato una fonte a conoscenza dell’indagine della Commissione Intelligence della Camera.

“Hanno migliorato la stesura del loro rapporto per consentire a quelle fonti di avere più credibilità e una valutazione più alta. Li abbiamo beccati su 3-4 punti in cui quelle persone non avevano un record storico credibile e hanno cambiato la classificazione della fonte per quel rapporto Brennan”.

L’ex avvocato dell’FBI Kevin Clinesmith è stato condannato alla libertà vigilata nel 2021 dopo aver ammesso di aver falsificato un’e-mail per rinnovare un’intercettazione telefonica contro l’ex consigliere della Campagna Trump Carter Page. Nel marzo scorso, il procuratore speciale John Durham ha concluso che l’indagine dell’FBI sulla presunta collusione di Trump con la Russia era “seriamente viziata” e non c’era alcun elemento legale per aprirla.