Tutto è bene quel che finisce bene. O quasi. A Verona non c’è scappato il morto che, forse, novelli cattivi maestri, dai giornaloni invocanti la rivolta contro il “medioevo”, si auguravano. Non vi sono stati neppure scontri con forze dell’ordine, che avrebbero consentito alle sinistre e ai cattolici adulti di tuonare contro la “polizia fascista” di Salvini. Di più, dal punto di vista comunicativo il Congresso delle famiglie è stato un successo. Se giornaloni isterici, piddini e pentastellati (e anche qualche forzaitalina) non avessero ululato sguaiatamente, pochi avrebbero seguito l’evento. Ora tutti sanno che cosa è il Congresso, e solo una minoranza degli italiani crede che siano tutti tagliatori di teste dei gay.
La cagnara si è, insomma, come al solito rivoltata contro la sinistra, esperta in boomerang. La contro manifestazione è stata infatti un flop, non solo numerico visto le forze in campo, ma di partecipazione di big. Il Pd, per esempio, non vi ha mandato i suoi pezzi da novanta: spedirci Monica Cirinnà a Livia Turco è sembrato piuttosto uno sberleffo. Zingaretti deve infatti rispondere ai cattolici che forse non apprezzeranno gli slogan della contro-manifestazione di sabato tipo “Figa mia cazzi miei!” o “L’unica Madonna è la Ciccone”. E tuttavia è troppo tardi per il Salumiere Triste (copyright Andrea Scanzi) per fare marcia indietro: la sinistra tutta ha appoggiato, con argomentazioni spesso deliranti, il dovere di sopprimere la voce del Congresso, negandogli persino la legittimità di parlare.
Dobbiamo renderci conto che più la sinistra diventa liberale più si fa intollerante, repressiva, violenta. Da anticomunista doc, con nostalgia ho pensato alla maggior saggezza con cui Togliatti o anche Berlinguer avrebbero affrontato questa vicenda. Certo possiamo pensare che, innestato su un corpo totalitario, quello post comunista, il liberalismo non poteva che diventare esso stesso intollerante. Ma forse c’è nel liberalismo attuale (basti vedere in Usa e nel Regno Unito, dove il comunismo non c’è stato) una vocazione censoria e a sua volta totalitaria: che, secondo molti filosofi e storici, sta anche alla radice del liberalismo originario.
Inoltre, non sarà facile al Pd spiegare al proprio mondo cattolico di riferimento questa plateale presa di posizione per il femminismo, il transgenderismo e il queerismo hard. Certo la Chiesa è quella di Bergoglio e non più quella di Ratzinger. Se ci fosse stato Benedetto, il Congresso non avrebbe infatti assunto quei toni perché il suo saggio e sapiente magistero avrebbe fatto in modo di guidarlo politicamente. Ma se ora i cattolici si sentono soli, e alcuni di loro alzano la voce, è responsabilità di Bergoglio e soprattutto del PdG (Partito dei Gesuiti) che domina. Nonostante questo, però, come ha notato Giovanni Orsina su La Stampa, la porta della Chiesa è rimasta mezza aperta: condivide il Congresso nella sostanza e non nella forma. Parole ben diverse da quelle del Pd e dei cattolici adulti che gli tengono bordone.
Tutto bene, quindi? Niente affatto. Nonostante le dichiarazioni sagge ed equilibrate di Matteo Salvini al Congresso, Verona ha mostrato a mio avviso che la Lega non può governare con i 5 stelle per un mostruoso divario sul piano antropologico. Tutto il resto si può mediare, i valori non negoziabili, no. Certo, nel passato, anche in Italia, partiti come la Dc e il Psi, nonostante visioni antropologiche molto diverse, hanno potuto a lungo restare assieme. Ma, a parte che il Psi di Craxi era quello che mandava Claudio Martelli e Giuliano Amato a dialogare con CL a Rimini, si trattava di un’altra epoca. Quella in cui la biopolitica non aveva preso il sopravvento.
Oggi invece le tematiche biopolitiche, dall’aborto all’inseminazione artificiale al cosiddetto utero in affitto, sono centrali di un progetto politico, cioè di come si vuole organizzare la polis. Per questo non si può affrontare questo tema solo con la posizione, nobile e coraggiosa, di un Cruciani che pannelliamente è andato a Verona per dire “non sono d’accordo con voi ma mi batterò per farvi parlare”. Non basta, insomma, adottare una posizione politica che si limiti a dire “ognuno faccia ciò che vuole”. Prima di tutto perché questa è esattamente l’ideologia globalista dominante, che vuole le pretese dell’io debbano diventare diritti, al di là di qualsiasi valutazione etica, fino all’apotesi del nichilismo valoriale. Ma poi perché i temi biopolitici, a cominciare dall’aborto, non possono essere affrontati da una prospettiva individualista, perché non riguardano solo gli individui, ma la communitas.
Noi conservatori dovremmo su questo cominciare una discussione seria: per non essere schiacciati, da un lato dalle Scilla di interventi legislativi dall’alto, e dall’altro dalla Cariddi di finire per parlare come una Mara Carfagna qualsiasi.