In un articolo pubblicato su Il Dubbio, il quotidiano diretto con grande equilibrio da Carlo Fusi, il Passator Cortese sostiene che il centrodestra ha commesso l’errore di astenersi sulla Commissione Segre ma che, d’altra parte, non si può mischiare nazionalismo e razzismo.
“Personalmente non ho dubbi che chi ha scritto la mozione per il varo al Senato di una commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza non abbia reso un buon servizio alla ispiratrice della iniziativa, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, che giustamente ne auspicava una approvazione unanime. Così non è stato perché il centrodestra si è astenuto e la polemica è divampata immediatamente, né poteva essere altrimenti”.
Anche a me l’astensione è parsa discutibile—ma a differenza del Passator Cortese avrei votato contro—ma le motivazioni del centrodestra mi sono sembrate rispettabili. “Siamo contro il razzismo, la violenza, l’odio e l’antisemitismo – ha detto Matteo Salvini – ma non vogliamo bavagli e uno stato di polizia che ci riporti ad Orwell”. “Fratelli d’Italia – ha spiegato il senatore Fazzolari – si è astenuta per rispetto della Segre, ma non stiamo parlando di una commissione contro antisemitismo e totalitarismi, che ci avrebbe visti d accordo, ma di una struttura liberticida, in mano alla maggioranza, col potere di censurare idee non gradite…”. Non ho capito, invece, il commento del Passator Cortese. “Parole di fuoco e toni esasperati, tipici del lessico della opposizione, che non hanno risparmiato nemmeno un tema che si doveva tenere, per rispetto della dignità umana oltre che della senatrice Segre, al riparo della forsennata propaganda”. A essere sinceri, non ho visto tutto questo fuoco, né ho colto i toni esasperati stigmatizzati dall’articolista.
In un impeccabile editoriale su Il Messaggero dell’1 novembre u.s., Il Tribunale del bene un pericolo da evitare, Carlo Nordio ha messo il sigillo liberale su questa penosa vicenda. La Commissione Segre, per “la genericità della formulazione del suo indirizzo, la molteplicità dei riferimenti giuridici internazionali cui si riporta, e la stessa vastità dei suoi propositi e della sua ipotetica struttura” fa pensare a “una funzione incerta, ai limiti dell’ambiguità. Quanto ai risultati, nessuna persona di buon senso può illudersi che un simile organismo possa servire ad attenuare le pulsioni maligne di chi offende le vittime dell’Olocausto. Al contrario, la Commissione potrà (o intenderà) etichettare chi non si adeguerà alle sue aspirazioni velleitarie come insensibile qualunquista o addirittura nostalgico sansepolcrino. Con il risultato di sollevare le legittime reazioni di chi è contrario a questa iniziativa non per simpatie squadriste ma semplicemente in nome della tolleranza liberale”.
Va riconosciuto che c’è un problema reale di ordine pubblico. “Solo qui a Roma – mi ha scritto un amico liberale, Massimo Pittarello – tra quartieri popolari e borghesi, i ragazzi vestiti di nero col braccio alzato e le spranghe in mano, sono sempre di più e strillano sempre più forte”. Tutto vero, gli ho risposto, ma quegli episodi, che vanno repressi con la massima spietatezza, che c’entrano col fascismo? Forse è tempo di prendere in considerazione l’idea che i teppisti neri potrebbero essere il prodotto naturale – gli”effetti perversi” di cui parlano i sociologi – della retorica antifascista, che ha bisogno dei picchiatori fasciometallari per giustificare chierici e istituti che vivono di sceneggiate resistenziali… Un po’ come per i detective privati che senza le mogli puttane si troverebbero senza la clientela dei mariti sospettosi. A costo di presentare il regime come la quintessenza del Male assoluto gli si crea attorno un alone di fascino perverso che induce quanti odiano con tutte le loro forze – e per le più diverse ragioni – la società in cui vivono, a riconoscersi nel suo nemico ideologico numero uno. Somigliano, in questo, alle sette sataniche che, in odio alla Chiesa, al cristianesimo, all’umanesimo europeo e occidentale, adorano il Principe delle Tenebre. Le leggi ci sono per sbatterli in galera ma chi pon mano ad esse?. Perché certi social non vengono oscurati subito? Perché “i ragazzi vestiti di nero col braccio alzato e le spranghe in mano”, rei di imprese criminose, non vengono immediatamente incarcerati, concedendo semmai più poteri alla polizia e alle questure? Perché invece di pensare a nuove leggi non si rendono più gravi le pene già previste dalle vecchie?
Viviamo ormai in un revival assurdo e artificioso di antifascismo, con un Quirinale che non rinuncia a gettare benzina sul fuoco. “Non abbassare mai la guardia – così Sergio Matterella si è rivolto alle Forze Armate – e non sottovalutare tentativi che negano o vogliono riscrivere la storia contro l’evidenza, allo scopo di alimentare egoismi, interessi personali, discriminazioni e odio”. Ma a chi si riferisce il presidente? Non certo agli esaltati (beneficati da Franco Basaglia) che inviano alla Segre deliranti minacce e insulti. E allora a chi? Alla storiografia revisionista? E a che titolo? Dispiace doverlo dire ma quanti dicono che in giro c’è un odio eccessivo, intollerabile, mai visto prima, contribuiscono a trasformare in un fiume i rivoli neri che affiorano qua e là nella penisola. È in questo clima esasperato – mi si perdoni il rilievo cattivista – che si giustifica la nomina di senatrice a vita di una gentile Signora non per quello che ha fatto o scritto ma per quello che ha subito (solo in Italia poteva accadere…) e che l’ha resa un simbolo rispettabile per tutti gli Italiani.
Ci si chiede, però, se non sarebbe bastato conferirle la più alta onorificenza della Repubblica o la direzione di un Museo dell’Olocausto. Forse occorre rivedere i poteri concessi al presidente di nominare senatori a vita (Giorgio Napolitano, il cui senso dello Stato non era quello dei piemontesi Einaudi e Saragat, ne nominò quattro tutti di sinistra, per rafforzare il traballante Governo Prodi). Nessuno di loro ha fatto buona prova, nessuno, quando si è impicciato di politica, lo ha fatto in maniera misurata e super partes. A cominciare dalla Segre le cui esternazioni sulla crisi della democrazia e l’avanzata dei populismi non si distinguono dagli allarmi lanciati dalla comunista Laura Boldrini.