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#Muro30 – 1. C’era una volta un muro

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Nell’indifferenza pressoché generale ricorre quest’anno il trentennale della caduta del Muro di Berlino. Evento epocale, simbolo della fine dei sistemi comunisti in Europa Orientale, episodio chiave nella formazione della coscienza politica della mia generazione, come la sconfitta del nazifascismo lo fu per le anteriori.

Esattamente 58 anni fa, nella notte tra il 12-13 agosto 1961, per ordine delle autorità della Germania dell’Est (DDR), cominciava la costruzione del Muro che da allora avrebbe diviso Berlino e non solo. Nelle celebrazioni di circostanza che si produrranno nei prossimi mesi, l’occidente politicamente corretto preferirà parlare semplicemente di riunificazione di un continente, di fine della Guerra Fredda. È stato così quasi sempre, salvo nel decennio successivo al crollo. Ma il 9 novembre 1989 fu innanzitutto un giorno di liberazione.

Fu il trionfo di un sistema politico, economico e sociale imperfetto ma rispettoso della dignità umana su un altro che ambiva alla perfezione facendo scempio delle più elementari norme di civiltà. Fu l’epilogo del più tragico e grottesco esperimento totalitario mai concepito. Fu una storia di vincitori e di sconfitti. Fu il giovedì in cui le democrazie liberali seppellirono il socialismo reale sotto i mattoni della sua stessa alienazione.

Per ricordare, a beneficio di chi c’era e di chi no, proverò a ricostruire da qui al 9 novembre i passaggi principali della cronaca/storia del Muro di Berlino, avvalendomi principalmente di tre testi: “1961-1989 Berlin. Les années du mur” di Bernard Brigouleix, 2001; “The Fall of the Berlin Wall: The Revolutionary Legacy of 1989” a cura di Jeffrey A. Engel, 2011; “The Berlin Wall: A World Divided, 1961-1989” di Frederick Taylor, 2008.

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