DeSantis stana le élites liberal: vogliono accogliere tutti, purché non a casa loro

Il governatore Repubblicano della Florida fa trasferire 50 migranti illegali (50!) nella lussuosa e radical chic Martha’s Vineyard. Indovinate? Respinti

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DeSantis ha fatto il botto. Secondo quanto inizialmente riportato dalla Gazzetta di Vineyard, una cinquantina circa di migranti illegali provenienti dal Texas sono atterrati all’aeroporto di Martha’s Vineyard, Massachusetts, mercoledì pomeriggio.

Ma la Gazette è stata prontamente e parzialmente smentita dal governatore della Florida, Ronald Dion DeSantis, il quale si è preso il merito di tutta l’operazione. “Sì, la Florida può confermare che i due aerei con immigrati illegali arrivati ​​a Martha’s Vineyard oggi facevano parte del programma di trasferimento dello stato per trasportare gli immigrati illegali verso destinazioni di santuari”, ha detto a Fox News il direttore delle comunicazioni di Desantis, Taryn Fenske.

Che ha subito dopo aggiunto: “Stati come il Massachusetts, New York e la California sapranno prendersi meglio cura di queste persone, da loro stessi invitate nel nostro Paese incentivando l’immigrazione illegale”, il tutto nella loro qualità di ‘stati santuario’ e nel rigoroso rispetto delle politiche di frontiera aperta dell’amministrazione Biden.

Il giorno dopo DeSantis ha chiarito ulteriormente il concetto: “Non siamo uno stato santuario, ed è di gran lunga preferibile far rotta verso una giurisdizione santuario” (quegli stati che disapplicano le norme federali in materia di immigrazione irregolare). E noi, ha aggiunto sarcasticamente, daremo volentieri una mano onde “agevolare il viaggio dei migranti verso pascoli più verdi”.

Del resto, ha concluso, “ogni comunità in America dovrebbe condividere gli oneri, i quali non dovrebbero ricadere su una manciata di red states” (stati a guida repubblicana).

Migranti respinti

Un aspetto ironico di tutta la vicenda è che Martha’s Vineyard, località situata al largo della costa del Massachusetts, è da tempo immemorabile una destinazione estiva elegante per i ricchi vacanzieri, i quali si suppone che siano in buona parte di orientamento progressista o quanto meno RINO (acronimo che sta per Republicans in name only, Repubblicani solo di nome), come il governatore dello stato, Charlie Baker, cordialmente detestato da Donald Trump, contraccambiato a sua volta con pari entusiasmo.

A tal riguardo mi corre l’obbligo di segnalare la sublime presa per i fondelli di Tucker Carlson – il titolo dice quasi tutto: Why no one in Martha’s Vineyard – including the Obamas – celebrated the migrants (Perché nessuno a Martha’s Vineyard – inclusi gli Obama – ha festeggiato i migranti).

Niente spazio, infatti, nelle lussuose e spaziose ville di Martha’s Vineyard, tra cui quelle di esponenti Democratici di spicco come l’ex presidente Barack Obama. Dopo due giorni di incertezza e polemiche – e un ridicolo comunicato in cui si parla di “crisi umanitaria” sull’isola – il governatore del Massachusetts ha schierato 125 uomini della Guardia Nazionale per trasferire i 50 migranti in una base militare (la Joint Base Cape Cod).

“Non abbiamo sistemazioni per 50 migranti”, si è giustificata la coordinatrice del rifugio per senzatetto di Martha’s Vineyard, Lisa Belcastro.

Migranti anche a casa Harris

Quella di DeSantis, comunque, è solo l’ultima di una serie di azioni analoghe messe in atto da taluni governatori repubblicani per protestare contro le politiche colabrodo praticate da Biden ai confini meridionali della nazione.

Ha cominciato nell’aprile scorso il governatore del Texas, Greg Abbott, seguito a ruota in maggio dal suo omologo in Arizona, Doug Ducey. Il Texas, ha detto Abbott in una nota ha trasportato in autobus circa 10.400 immigrati a New York, DC e Chicago il 9 settembre.

E giovedì scorso il governatore ha detto che due autobus di immigrati dal Texas sono arrivati nei pressi della residenza della vicepresidente Kamala Harris presso l’Osservatorio navale degli Stati Uniti a Washington. Le persone sugli autobus provenivano da diversi Paesi, tra cui Guyana, Nicaragua e Venezuela.

L’astro nascente del Gop

Lo scalpore destato dal colpaccio di Ron DeSantis, in ogni caso, non si giustifica principalmente con la rilevanza del gesto in sé e per sé (che appunto non rappresenta una novità assoluta), quanto con la crescita esponenziale del personaggio in questi ultimi mesi.

Considerato l’erede naturale di Trump, in pochi anni questo poco più che quarantenne italo-americano fermo nei principi ma dai modi simpatici ha trasformato la Florida in un laboratorio politico del conservatorismo a stelle e strisce. È lui l’astro nascente del Gop.

Non solo, è l’unica alternativa praticabile e ragionevole a una ricandidatura di Trump, o se vogliamo è “il candidato naturale a traghettare il trumpismo dopo Trump”, come scrive Massimiliano Herber su Tempi.

Alcuni sognano un dream team Trump-DeSantis. Mitiche rimangono le sue battaglie contro le esagerazioni restrittive anti-Covid e contro l’ideologia woke, lo scontro contro il mondo Disney e i giganti della Silicon Valley, il coraggio e la determinazione nel perseguire un’agenda che lo pone a tutti gli effetti in rotta di collisione con l’imperante politically correct.

Insomma, quando DeSantis alza il tiro, l’America si mette sul chi vive. E fa bene.

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