Un pluripremiato teorico politico, Yoram Hazony, spiega magnificamente da dove viene fuori e qual è il Dna filosofico, politico e culturale di quella che siamo soliti definire sinistra woke. Lo ha fatto in un libro, Conservatism: A Rediscovery, uscito alla fine di agosto dell’anno scorso e ambiziosamente finalizzato a fornire una nuova base teorica per il conservatorismo.
Un marxismo camuffato
La narrazione di Hazony mostra come “l’egemonia del liberalismo illuminista” sia andata a farsi benedire per lasciare il posto ad un marxismo camuffato – cioè il “progressismo” nella sua formulazione woke.
Dunque, accomunare o marchiare come marxisti tout court i promotori della cosiddetta cancel culture, gli attivisti di BLM (Black Lives Matter) e i seguaci della CRT (Critical Race Theory, “teoria critica della razza”) è quanto meno impreciso se non azzardato. Questo approccio è spiazzante per i tanti che si erano fidati della vulgata corrente soprattutto nel mondo anglofono.
L’intuizione marxiana che le categorie che i liberali usano per costruire la loro teoria della realtà politica (libertà, uguaglianza, diritti e consenso) siano insufficienti per comprendere il dominio politico, spiega Hazony, mantiene la sua centralità.
La ricerca di una nuova classe di oppressi
Come il marxismo, la sinistra woke divide l’umanità in oppressori e oppressi, e vede lo stato come uno strumento di potere che dovrebbe essere adattato ai bisogni dei presunti oppressi. Ma essa ha abbandonato la prospettiva socioeconomica della vecchia teoria marxista, e cioè che le persone formino invariabilmente classi o gruppi coesi e il fatto che queste classi o gruppi invariabilmente pratichino l’oppressione e lo sfruttamento reciproco, con lo stato che funziona come uno strumento della classe degli oppressori.
La sinistra woke continua tuttavia a immaginare la realtà secondo linee simili, però ha sostituito gli antagonismi socioeconomici (che si esprimono come conflitto di classe) con qualcos’altro e senza rinunciare alla soluzione rivoluzionaria.
La Scuola di Francoforte
Per comprendere questo salto di qualità, prosegue il ragionamento di Hazony, occorre capire cosa ha rappresentato il contributo della Teoria Critica praticata nella Germania tra le due guerre dalla Scuola di Francoforte (Horkheimer, Adorno, Marcuse, Habermas… per citare soltanto alcuni).
Invece di evidenziare la lotta di classe incentrata sulla proprietà dei mezzi di produzione, i teorici critici parlavano di combattere il pregiudizio e… aumentare la soddisfazione erotica! Tra i teorici della Scuola di Francoforte, infatti, si fece strada il tentativo di assimilare il marxismo a una variante della psicologia freudiana. E nell’opera di Herbert Marcuse il socialismo marxista si fonde appunto con la visione della sessualità polimorfica.
Negli anni ’70, in modo particolare, divenne chiaro che la classe operaia dei Paesi occidentali si stava spostando a destra e dunque non poteva più essere cavalcata come classe rivoluzionaria di sinistra.
I rivoluzionari culturali
Marcuse, tedesco ma naturalizzato statunitense, pensò bene a quel punto di aggiungere alla sua miscela rivoluzionaria la rabbia dei giovani neri. Questa era una linea d’azione utile perché, negli anni ‘60, i neri erano stati sempre più attratti dall’attivismo rivoluzionario, anche se presto sarebbero stati raggiunti da altri in quella che può essere descritta come la sinistra post-marxista.
Sebbene i membri di quella che alla fine si è evoluta nella sinistra woke e antifa cercassero una “classe oppressa”, le loro scelte non avevano nulla a che fare con il proletariato di Marx. La vera classe operaia non voleva avere niente a che fare con i rivoluzionari culturali e negli anni ’60 scoppiarono persino scontri tra i due gruppi nelle città americane.
I nuovi bisogni
Marcuse e i suoi seguaci, ricorda Hazony, hanno anche ridefinito il “regno dei bisogni”, rispetto a come era inteso nel marxismo tradizionale. Non era più il lavoro necessario per sostenere la classe operaia, ma piuttosto l’acquisizione di un appagamento psicologico ed estetico.
Tali idee rappresentano un’alternativa contro-culturale sia al marxismo tradizionale sia alla società cristiana ancora riconoscibilmente borghese che Marcuse e altri teorici critici speravano di trasformare. I partiti comunisti in tutto l’Occidente, così come i critici sovietici, condannarono questa riconfigurazione del marxismo come un’inaccettabile distorsione del materialismo dialettico di Marx. Altrettanto virulenta, ovviamente, fu la reazione della destra cristiana.
Ebbene, lo wokeismo, fa notare Hazony, è una distorsione del marxismo ancora più grottesca di qualsiasi cosa abbia prodotto la Scuola di Francoforte tra le due guerre e nel Dopoguerra. Questa sinistra ha abbandonato ogni teoria marxista riconoscibile, e tuttavia non si perita di continuare a venerare gli eroi comunisti mentre si richiama alla lotta, tra le due guerre, tra la sinistra comunista e il “fascismo”.
Capitalismo e wokeismo
Oggi come oggi, nonostante le proposte socialisteggianti che occasionalmente entrano nelle liste dei desideri, il capitalismo imprenditoriale è parte integrante della sinistra post-marxista. Né è probabile che i capitalisti-imprenditori finiscano sul lastrico per i contraccolpi dell’agenda verde (che la maggior parte dei Paesi occidentali sta spingendo alla grande).
I capitalisti-imprenditori che donano denaro al Comitato nazionale democratico e alle sue controparti nell’Europa occidentale e nell’Anglosfera non andranno a mendicare se gli eco-militanti ottengono ciò che vogliono. I ricchi protetti dallo stato stanno già realizzando profitti convertendosi all’energia verde. La classe aziendale gode dei vantaggi dei contratti governativi e della protezione dei propri guadagni in fondi esentasse.
Se i capitalisti versano i loro soldi a Black Lives Matter, CRT e LGBT, non è perché sono marxisti. Citibank, Disneyworld, Coca Cola, Pfizer, ecc., appartengono alla classe privilegiata dell’America woke, ed è la classe operaia prevalentemente bianca che pagherà con le tasse per il regime woke in cui spadroneggiano i giganti aziendali d’America.
Chi paga il conto
Per dire, anche l’aumento proposto dall’amministrazione Biden delle aliquote dell’imposta sulle società dal 21 al 28 per cento avrà probabilmente un impatto molto più forte sui salariati che sul 5 per cento con reddito superiore. È stato stimato che il 50 per cento di questi costi aggiuntivi si tradurrà in riduzioni salariali e aumento dei prezzi per i consumatori.
L’inflazione già prodotta dall’attuale amministrazione ha danneggiato le classi lavoratrici e medie molto più dei guadagni di coloro che hanno un reddito di 500 mila dollari o più all’anno. Alla fine, i ricchi potrebbero avere meno da temere dall’aumento del prezzo dei beni di prima necessità prodotto dal governo, a cominciare da cibo e carburante. Secondo il Ways and Means Committee del Congresso, a giugno dello scorso anno l’inflazione aveva spazzato via i risparmi di una vita di oltre 26 milioni di famiglie a basso reddito.
La sinistra più distruttiva di sempre
Un altro aspetto di rilievo che Hazony giustamente segnala è che, a differenza del marxismo, la sinistra woke ha da tempo cessato di rendere omaggio alla scienza e alla razionalità. Questa sinistra è guidata dall’odio contro gli americani tradizionali, con ruoli di genere fissi, gerarchie comunitarie e qualche forma di fede religiosa ereditata. La verità, in quel tipo di prospettiva, è determinata e ridefinita da chi è al potere.
Le credenze “risvegliate” non hanno alcuna connessione necessaria con ciò che è empiricamente dimostrabile, poiché nella prospettiva woke la scienza occidentale e la dimostrazione empirica sono contaminate dal pregiudizio bianco, maschile e razzista.
Il comunismo in Europa, almeno in pratica, non ha mai mostrato la frenetica energia nichilista che sembra endemica nella sinistra woke. Dall’abbattimento delle statue all’abolizione dei sessi, all’incitamento alla violenza della folla contro i bianchi americani, all’apertura dei confini per l’invasione dei migranti del Terzo Mondo, la sinistra “risvegliata” sembra molto più socialmente e culturalmente distruttiva della maggior parte dei governi comunisti del passato.
Interessante, vero? Ha ragione Paul Gottfried, editor in chief di Chronicles: A Magazine of American Culture, il mensile pubblicato dal prestigioso think tank conservatore Rockford Institute, che in un lungo e illuminante articolo riconosce che quella di Hazony “è forse la migliore esposizione di come la sinistra woke rappresenti una forma ‘aggiornata’ del marxismo tradizionale”.
Dio nello spazio pubblico
Ciò, malgrado il fatto che l’argomento non sia quello dominante del libro in oggetto, come del resto dice il titolo dello stesso. Un libro che, tra l’altro, ha fatto molto discutere, visto che l’autore – ebreo osservante trasferitosi da diversi anni con tutta la famiglia a Gerusalemme – postula che una nazione non può prosperare se non onora pubblicamente Dio e non pone la Scrittura in una posizione privilegiata dal punto di vista pubblico.
“Una teoria politica nella tradizione conservatrice”, egli scrive, “non può essere fatta funzionare senza il Dio delle scritture”. Il che, nonostante alcune assonanze con qualche Padre fondatore, sembra escludere non solo scettici aperti come David Hume, ma mette in dubbio anche le credenziali di personaggi importanti, come Montesquieu o lo stesso Thomas Jefferson, che riconobbero l’utilità politica e sociale della religione biblica ma non erano convenzionalmente devoti. Ma questo è tutto un altro discorso…