Il sasso in piccionaia, per così dire, l’ha lanciato quel discolo di Emmanuel Macron, quasi un mese fa. E da allora più di qualche sepolcro imbiancato si è ritrovato un po’ meno bianco, con non poco imbarazzo, almeno da parte di chi tiene alle forme e al bon ton. L’episodio lo ricordiamo tutti: è quando Macron dichiarò al mondo che lui si rifiutava, più o meno categoricamente, di escludere l’invio di truppe di terra in Ucraina – boots on the ground, secondo la dizione inglese, espressione che significa all’incirca andare a ficcarsi in un conflitto fino al collo e col rischio di romperselo (il collo).
Infatti, le sue parole erano ben oltre la “linea rossa” sia europea che americana in materia di intervento diretto sul terreno in quel martoriato Paese. E come c’era da aspettarsi, diversi Paesi Nato, tra cui gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito, si sono affrettati ad escludere tale eventualità. La “via verso la vittoria” è fornire aiuti militari “così che le truppe ucraine abbiano le armi e le munizioni di cui hanno bisogno per difendersi”, si legge in una nota della Casa Bianca. Allo stesso modo, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il portavoce del primo ministro britannico Rishi Sunak e l’ufficio del presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, hanno ribadito l’impegno concordato a sostenere l’Ucraina senza includere la presenza di truppe di Paesi europei o della Nato sul territorio ucraino.
Tre motivi per preoccuparsi
Tuttavia, queste dichiarazioni hanno tranquillizzato fino a un certo punto l’opinione pubblica, e chi temeva un’evoluzione malefica della situazione ha dovuto prendere atto che gli scenari meno augurabili si vanno profilando sempre più nitidamente all’orizzonte. La guerra nucleare (o la Terza guerra mondiale), in altre parole, sta diventando sempre più un esito probabile del conflitto.
Da allora, da quel 26 febbraio, le cose non sono cambiate più di tanto, se non per il fatto che è aumentata la consapevolezza del rischio di far precipitare il mondo nella Terza guerra mondiale. Ciò soprattutto grazie a tre fattori. Il primo è il cosiddetto Triangolo di Weimar. “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’acquisto immediato di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”, ha annunciato il cancelliere tedesco Olaf Scholz al termine di un incontro, tenutosi il 15 marzo, con il presidente francese e il primo ministro polacco, Donald Tusk, riferendosi al lancio di “una coalizione di alleati dell’Ucraina per le armi a lungo raggio”.
Il secondo fattore è l’insistenza con cui Macron ribadisce la sua posizione. “Forse ad un certo punto – non lo voglio, non prenderò l’iniziativa – dovremo effettuare operazioni sul terreno, qualunque esse siano, per contrastare le forze russe”, ha detto Monsieur le President al quotidiano Le Parisien, in un’intervista la settimana scorsa.
Il terzo fattore è la miopia con cui il capo della Nato Jens Stoltenberg continua a ripetere mantra come “l’Ucraina aderirà alla Nato. Non è una questione di se, ma di quando”, oppure esperti influenti come l’ex segretario Anders Fogh Rasmussen e l’ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO Ivo Daalder ribadiscono i loro appelli a portare l’Ucraina nella Nato il più presto possibile.
L’adesione di Kiev alla Nato
Facendo eco a una convinzione abbastanza diffusa, Stoltenberg afferma che il presidente russo Vladimir Putin “ha iniziato questa guerra perché voleva chiudere le porte della Nato… ma ha ottenuto l’esatto opposto: l’Ucraina è ora più vicina che mai alla Nato”.
Tuttavia, spiace osservare che la premessa principale del sillogismo è fuorviante, poiché mentre si presume correttamente che un evento (la volontà di Putin di chiudere le porte della Nato all’Ucraina) ne abbia causato un altro (la guerra Russia-Ucraina), sembra che si dia erroneamente per scontato qualcosa che in realtà non le è: che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato sia di per sé una buona cosa, indipendentemente dal contesto e dalle conseguenze.
A chi importa, del resto, che l’espansione della Nato verso est venga vista dai russi come diretta contro il loro Paese? Sarcasmo a parte, in realtà solo gli incauti potevano immaginare che la prospettiva dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato non avrebbe aggravato le tensioni con la Russia, portando potenzialmente a ulteriori conflitti o instabilità nella regione. Putin, per parte sua, è stato chiaro per molti anni sul fatto che se l’espansione ad est della Nato fosse proseguita, ciò avrebbe probabilmente incontrato una seria resistenza da parte della Russia. Tra gli osservatori occidentali, il direttore della CIA di Biden, William J. Burns, ha messo in guardia sull’effetto provocatorio dell’espansione della Nato ai confini della Russia dal 1995 in poi.
Ma anche a parte tutto questo, ci sono valide ragioni per cui la Nato non dovrebbe accettare l’Ucraina – per il bene dell’Ucraina. Portare l’Ucraina nella Nato ora “è una cattiva idea” che prolungherà la guerra e lascerà Kiev in una posizione ancora peggiore nel tempo, scrive Stephen M. Walt, professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard. L’adesione adesso non farà altro che prolungare la guerra:
Se ho ragione nel dire che Mosca ha attaccato in buona parte per impedire a Kiev di aderire alla Nato, allora coinvolgere l’Ucraina ora prolungherà semplicemente una guerra che il Paese sta attualmente perdendo. Se è questo il motivo per cui Putin ha lanciato la sua “operazione militare speciale”, è improbabile che le ponga fine se le sue forze si comportano abbastanza bene e l’adesione dell’Ucraina alla Nato è ancora sul tavolo. Il risultato è che l’Ucraina subirà danni ancora maggiori, mettendo presumibilmente a rischio il proprio futuro a lungo termine. L’Ucraina era uno dei Paesi europei che si spopolava più rapidamente prima dell’inizio della guerra, e gli effetti dei combattimenti (fuga dei rifugiati, calo della fertilità, morti sul campo, ecc.) peggioreranno questo problema.
A ciò si aggiunga che il Paese non soddisfa i requisiti di adesione. Si tratta ancora, nella migliore delle ipotesi, di una democrazia fragile, la corruzione è endemica e strutturale, le elezioni sono state sospese dall’inizio della guerra e ci sono ancora figure influenti nella società ucraina il cui impegno nei confronti delle norme democratiche è discutibile. Per queste e altre ragioni, lo scorso anno l’Economist Democracy Index ha classificato il Paese come un “regime ibrido”.
Vicolo cieco
Infine, un’amara constatazione da parte del professore:
L’Ucraina non può invertire la situazione sul campo di battaglia e riconquistare il territorio perduto, a meno che non disponga di molti più armamenti e non abbia il tempo di ricostituire le sue forze dopo le battute d’arresto dell’anno scorso. Il Paese soffre di una grave (e probabilmente irreversibile) carenza di manodopera e la combinazione di sorveglianza con droni, artiglieria ed estese fortificazioni russe renderà difficile o impossibile per Kiev compiere grandi avanzamenti territoriali. Le cheerleaders dell’Ucraina in Occidente si sbagliavano la primavera scorsa quando offrivano previsioni ottimistiche sull’imminente controffensiva, e stanno ripetendo questo errore suggerendo che ci sono ancora molti modi in cui l’Ucraina può invertire la tendenza. Vorrei che fosse altrimenti, ma dovremmo basare le scelte politiche sul mondo così com’è, non su come vorremmo che fosse.
Alla luce di quanto sopra, non solo l’Ucraina ma anche noi come Occidente sembriamo sprofondati in un classico cul de sac. Oserei dire che lo scenario è quello di un attore internazionale un po’ confuso e in preda a una strana ossessione nata da un malinteso, per cui si va verso la Terza Guerra Mondiale senza che ci sia una buona ragione per farlo.
Il piano di Trump
Ma non tutte le speranze sono perdute. Infatti, grazie al cielo, c’è Donald Trump. Ha brutalmente ma efficacemente riassunto gli aspetti salienti della questione il primo ministro ungherese Viktor Orbán dopo un incontro con Trump in Florida: Donald Trump “non darà un centesimo” all’Ucraina se verrà rieletto presidente degli Stati Uniti, ha detto. Questo sarebbe il primo grande passo verso il raggiungimento della pace, ha spiegato in pratica il leader magiaro, perché è ovvio che l’Ucraina non può stare in piedi da sola.
“Se gli americani non danno soldi e armi, insieme agli europei, la guerra è finita. E se gli americani non danno soldi, gli europei da soli non possono finanziare questa guerra. E poi la guerra finirà”, ha concluso. Inoltre, secondo lui Trump ha un “piano dettagliato” per porre fine alla guerra in Ucraina. Credo onestamente che tutte le nostre speranze di pace in quella parte del mondo siano affidate a quel piano.