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Occhio, si squaglia il Movimento 5 Stelle…

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L’effetto anti-casta viene meno, l’agenda di governo è dominata da Salvini, i limiti della squadra sono palesi. Più la cambiale-Roma in scadenza

La legge spietata della turbopolitica è ben nota a chi abbia uno sguardo realista e freddo: quello che si crea rapidamente può con altrettanta rapidità essere prosciugato. Viviamo in un tempo di estrema volatilità elettorale: non c’è più un voto di appartenenza consolidato, ed è facilissimo che, “a ondate”, il consenso vada verso qualcuno e poi se ne allontani con altrettanta velocità.

E’ successo a Renzi, con il 40 per cento delle mitiche elezioni europee del 2014 tramutato in pochi mesi in un odio selvaggio, profondo, intimo, da parte di una grande maggioranza degli elettori.

In modo del tutto diverso, e per ragioni completamente differenti, anche i grillini dovrebbero prestare molta attenzione ai mesi che li separano dall’appuntamento delle Europee 2019, naturale “tagliando” per verificare la salute della compagine di governo.

Intendiamoci bene: il problema non è la battuta d’arresto alle recenti amministrative. E’ fatale che un partito d’opinione, che conta tutto su una campagna di tipo nazionale, risulti regolarmente “sacrificato” in contese comunali. Tutto molto prevedibile.

Semmai, ci sono almeno quattro fattori che rischiano di pesare in modo devastante.

Primo. L’effetto anti-casta è destinato a finire. Va bene: attendiamoci nelle prossime settimane il gran rogo dei vitalizi, con la regia della Presidenza della Camera. Molti applaudiranno. Ma la cosa, dopo poco, finirà lì. Anche perché, quando sei al Governo con una mezza dozzina di ministri pesanti, diventa difficile fare sistematicamente scaricabarile prendendosela con chi non c’è più.

Secondo. L’agenda di governo è dominata in lungo e in largo da Salvini. Non solo rispetto all’immigrazione, ma realisticamente, molto presto, anche per ciò che riguarda il confronto con l’Unione Europea. Quanto a Di Maio, il suo reddito di cittadinanza, comunque la si pensi nel merito (qui non se ne pensa bene), non può essere realizzato subito: prima, ammette lui stesso, occorrerà impiegare (traduzione: sprecare) altri soldi per i centri per l’impiego. Ergo, il cavallo di battaglia grillino è destinato per molto tempo a rimanere lontano dal cuore della scena.

Terzo. I limiti della squadra sono palesi. Piaccia o no, la Lega ha una classe dirigente già sperimentata nel fuoco del lavoro governativo e parlamentare: cosa che non si può dire per i grillini, nella migliore delle ipotesi abituati al massimo – da una legislatura – a leggere in Aula il compitino di protesta tipico dell’opposizione. Dura immaginare, con questo pedigree, che i neoministri grillini possano imporre la propria agenda a un’antica, sapiente, occhiuta ragnatela di funzionari, burocrati e capi di gabinetto.

Quarto (ma non certo ultimo per gravità). La cambiale-Roma, intesa come amministrazione Raggi, è ormai in scadenza. Per motivi letteralmente soprannaturali (essenzialmente un invincibile disprezzo per le giunte comunali precedenti), i romani non si sono ancora ribellati a uno sfascio palese: nel trasporto, nella viabilità, nei servizi. Ben al di là delle grane giudiziarie scoppiate ieri (qui siamo garantisti sempre, non a targhe alterne), è inevitabile che ci sia un momento in cui la grande generosità degli elettori romani verso i Cinquestelle si esaurirà, si rovescerà, si tramuterà nella richiesta incattivita di risultati, di un rendiconto, di una qualche realizzazione. E a quel punto, non vorremmo davvero essere nei panni della Raggi e dei suoi mutevoli, intercambiabili, ipersostituibili ed evanescenti assessori.

Non sappiamo se, “all’apparir del vero”, cioè di tutte queste grane, basterà l’epifania di Dibbah, cioè il gran ritorno di Di Battista, per riscatenare la voglia di urlare e sfogarsi. Contro chi, peraltro? E’ una domanda che negli uffici della Casaleggio & Associati – immagino – più di qualcuno si sarà già fatto.

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