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Roma città distrutta: un declino controllato metafora del Paese

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Fa impressione leggere su un’autorevole testata americana come la CNN on line un articolo che denuncia il declino di Roma. Fa impressione perché un conto è che ce ne accorgiamo noi che ci viviamo, che lo verifichiamo tutti i giorni, che ne parliamo fra noi come carbonaretti disillusi, che lo leggiamo sui nostri giornali e lo vediamo sui marciapiedi con incredula impotenza. Un altro conto è venir smascherati da un esterno. E’ come essere messi a nudo; i panni sporchi non vengono più lavati solo in famiglia ma esposti al giudizio di estranei. Fra noi, in fondo in fondo, vige un malcelato senso di rassegnazione. Di ipocrisia codarda. Se invece qualcun altro da fuori ti suona quello stesso campanello di allarme che da tempo lasciamo risuonare inascoltato… bè, ci si sente beccati in flagrante, punti nel vivo; e quel suono metallico si trasforma in una voce che sentenzia: eccoti qua, ti ho smascherato e inchiodato alle tue responsabilità.

Roma città distrutta, in una distruzione lenta cominciata con l’amministrazione Alemanno, proseguita felicemente con quella del sindaco Marino e che ha trovato nell’amministrazione a 5 stelle i liquidatori perfetti. Il Movimento 5 Stelle, infatti, per le sue caratteristiche girondine, ghigliottiniste, d’improvvisati senza alcuna capacità che non vedono l’ora di dare una bella smitragliata al parterre de roi che li ha messi ai margini (radendo pure al suolo la quinta di sfondo), non può che rappresentare la forza politica migliore per portare a termine il lavoro sporco cominciato 10 anni fa. E ci stanno riuscendo alla perfezione. Chiunque, in buona fede certo, girasse oggi per le strade e i quartieri della capitale, non può non accorgersi della devastazione. Basta fare due movimenti; alzare e abbassare gli occhi. In alto, vedrà palazzine vecchie, usurate, bisognose di ristrutturazioni che non vengono fatte, sverniciate, cornicioni che cadono a pezzi, intonaci sbiaditi e questo, purtroppo, anche in quartieri un tempo fiore all’occhiello di una borghesia che oggi sembra aver totalmente abbandonato la nave che affonda. In basso, marciapiedi lerci, immondizia ovunque (rumimata dagli zingari che, con fare assolutamente strafottente, vanno di cassonetto in cassonetto in cerca di ‘preziosa mercanzia’), strade dissestate e punteggiate di buche (alcune vere e proprie voragini
come dopo un bombardamento), pericolosissime per pedoni, motorinisti e automobilisti. In mezzo, alberi caduti, non curati, aiuole e ramaglie più simili a sterpaglie ammassate che a siepi ben curate. Senza considerare intere strade di vari quartieri che così, per caso, rimangono al buio per diversi giorni. A turno, magari (a nostra insaputa). E’ il trionfo del declino controllato. In fondo, il leader del Movimento 5 Stelle, quel signore genovese che senza i testi di Michele Serra e Stefano Benni non riesce a dire una battuta che faccia ridere, lo aveva preconizzato: durante i suoi seguitissimi spettacoli, col pubblico imbambolato come durante il comizio di un illusionista, aveva spiegato quale sarebbe stato il nostro futuro. Questo.

Roma, per sua storia, per caratteristiche architettoniche, spaziali, per i resti che spuntano da sotto terra in continuazione, per la conformazione della sua urbanistica e dello sviluppo a strati che ha avuto, non può essere paragonata a nessun altra città del mondo. Ecco perché chiunque sostenga che in fondo anche altre città occidentali erano/sono sporche non capisce (volutamente) il senso di quello che stiamo vivendo. Roma è unica e il suo declino è unico. New York può essere ripulita dall’immondizia, San Francisco può essere sgombrata dai suoi homeless, Parigi ha banlieu inospitali e degradate ma rimangono lontane dal centro e dagli arrondissement più importanti. Roma no. Il declino lo vedi in centro, a piazza Venezia dove la mondezza deturpa i giardini, lo vedi sotto il Vaticano dove gli homeless dormono sotto i portici senza che qualche papa argentino si preoccupi di dargli un tetto, lo schifo lo vedi a via del Corso coi cestini stracolmi di carta, lo vedi perché nessuno ha ancora pensato a un sistema diverso dai cassonetti che si riempiono di rifiuti che non vengono svuotati. Perché il servizio è lento (per usare un eufemismo) come il servizio degli autobus e della metro. Perché Roma ha vestigia antiche che devono essere decorate di cose nuove e belle per risaltare. Se accanto le metti il degrado, tutto il fascino del suo tesoro antico, come in un gioco di rimandi specchiati al contrario, apparirà brutto e sciatto.

A Roma gli spazzini non esistono più. I marciapiedi non vengono puliti. A volte lo fanno i ragazzi africani deportati a forza nel nostro paese dalla mafia italiana in combutta con quella dei loro paesi d’origine e fiancheggiati dalla sinistra antagonista (quella che lavorerebbe per l’emancipazione dell’umanità). Lo fanno ovviamente gratis, qualche anima pia a volte fa loro l’elemosina (sulla quale forse i loro protettori prendono pure il pizzo). Ma ovviamente non basta. L’inciviltà di chi abita questa città fa il paio con l’inciviltà e il senso di abbandono delle istituzioni politico-amministrative. Esiste un sistema AMA per la raccolta dei rifiuti ingombranti. E’ gratuito. Chiami e vengono a ritirare il divano, il mobiletto, il frigo, la lampada, la poltroncina che si vuole dismettere. Lo fanno in pochissimi. Ogni tanto, accanto ai cassonetti compaiono come per magia elementi d’arredo in disuso in attesa dello smaltitore misericordioso.

Io poi sono un esteta, e tutto questo degrado lo si nota con maggior attenzione quando si guardano i volti della gente; c’è brutta gente in giro per Roma. Gente che mette paura per il suo aspetto, non solo dimesso, ma minaccioso. Sarà colpa dell’immigrazione incontrollata che ha fatto entrare di tutto nel nostro paese? Anche, probabilmente. Forse le espressioni, il modo di vestire, di camminare, di guardarsi intorno, di stare al mondo, riflettono il degrado che la città subisce. Le rughe e il cipiglio malevolo degli occupanti degli spazi urbani come simbolo/segno dell’atmosfera inospitale, caotica, iraconda, per certi versi, dell’ambiente che li circonda.

Ci vorrebbe un’occupazione straniera, forse, per porre fine a questo declino. Nominare d’imperio come sindaco, che so, un critico d’arte, il direttore di un museo internazionale, uno studioso di Storia Antica… Prima però ci vorrebbe un esorcista che liberi dal demonio grilloide i supporter del Movimento 5 Stelle, il maggior responsabile dell’inesorabile distruzione a cui Roma sta andando incontro. Sono invasati, irragionevoli, fanno paura nella loro ostinazione a difendere l’indifendibile. “Muoia Sansone con tutti i Filistei” è il loro motto; piuttosto che ammettere di aver avuto torto, di essersi fidati di imbonitori, di livorosi in cerca soltanto di vendetta, preferirebbero vedere la loro città sprofondare. E ci stanno riuscendo, senza che qualcuno muova un dito per fermarli. Nessuno lo muove (e questo spaventa di più), nemmeno un novello Carminati del ‘bene’, folgorato magari nella sua roccaforte, quella Ponte Milvio di costantiniana e cristiana memoria oggi ammiccante hotspot per spritz e movida. Da cui, forse, potrebbe partire la riscossa: se solo la borghesia romana iniziasse a fare la borghesia e imporre il suo gusto al popolino vendicatore. Purtroppo la borghesia romana (come del resto l’Aristocrazia che l’ha risucchiata) non è mai stata medicea, e rinascimentale, né risorgimentale (non ha mai fatto l’Italia, anzi); solo papalina e fagottara e pigra e bastarda e indolente e illetterata e arruffona, peggio del popolino. E i risultati si vedono tutti. Diciamocelo ancora una volta: se a Roma le togli i preti, e oggi i preti si fanno bellamente gli affari loro, rischia di non esserci più niente. Quattro pietre e sanpietrini, come su una giostra su cui i romani fanno il giro della morte, senza il coraggio di guardare sotto.