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A Salisbury c’è la Magna Carta. Da 800 anni, la sfida è quella: limitazione del potere contro potere assoluto. Appunti per occidentali confusi

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Consiglio a tutti, in occasione di un eventuale prossimo viaggio in Inghilterra, di trascorrere almeno una mezza giornata a Salisbury, località divenuta tragicamente nota per l’attacco di matrice russa condotto con il “nerve agent” che ha ridotto in fin di vita l’ex spia Skripal, sua figlia Yulia e diversi altri cittadini innocenti. Tra parentesi: checché ne pensino gli stranamente silenziosi putinisti italici (forse attendono solo le elezioni-farsa di domenica in Russia per tornare a fare le majorettes entusiaste), non siamo solo dinanzi a un crimine, ma a un vero e proprio atto di terrorismo di stato.

Ma non perdiamo il filo e torniamo a Salisbury. In fondo, il caso fa bene le cose, perché non c’è luogo più simbolico di quello per ricordarci chi e cosa dovremmo essere in Occidente.

A Salisbury, infatti, nel mezzo della splendida campagna inglese, c’è una meravigliosa cattedrale gotica (testimonianza di una radice spirituale profonda). Lì c’è anche il primo orologio funzionante (testimonianza dell’ingegno e dell’operosità umana). E sempre lì è conservata (testimonianza di un salto di civiltà politica) una delle quattro copie originali della Magna Carta, il documento che 802 anni fa sancì per la prima volta la limitazione dei poteri del sovrano, e – conseguentemente – l’affermazione, la protezione e il riconoscimento delle libertà politiche dei cittadini.

In quel testo c’è lo spartiacque più classico tra autoritarismo e costituzionalizzazione del potere, tra sovrano legibus solutus e fissazione di paletti alla potestà pubblica. E’ (o dovrebbe essere) la nostra carta d’identità come occidentali, il senso stesso del nostro ruolo nella storia.

A ben vedere, anche nel secolo che si è appena aperto, la sfida è tutta qui. Tra un’Anglosfera che continua a scommettere sulla combinazione (certo, sempre imperfetta e fragile: ma benedetta!) tra capitalismo e istituzioni democratiche, e – dall’altra parte della barricata – un insieme di realtà autoritarie molto diverse tra loro, ma unite nell’ostilità culturale e psicologica all’Occidente, e che sono determinate (dalla Cina alla Russia all’Iran) a imporre un diverso modello, impostato sull’accettazione (parziale) del mercato ma senza alcuna limitazione del potere autoritario, senza reale libertà politica, senza circolazione delle élites, senza diritti inalienabili della persona.

Tutti sappiamo quanto i meccanismi politici e istituzionali del nostro Occidente siano difettosi, bisognosi di manutenzione e a volte di profonda trasformazione: ma si tratta pur sempre della sperimentazione più civile e avanzata, oltre che della meno violenta, concepita e praticata dalla specie umana. Ogni altro sistema va giudicato in base a questo “test”: provate a trovarvi nella condizione di oppositore o di minoranza a Mosca, a Teheran, a Pechino. E poi ne riparliamo.

Ecco perché un attentato a Salisbury è una profanazione e un monito. Dovremmo indignarci per la prima e riflettere profondamente sul secondo. Ritrovando l’orgoglio perduto e le convinzioni smarrite.

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