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Il senso di una Pasqua particolare, insieme laica, religiosa, umanistica, occidentale

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Per i cristiani credenti, la Pasqua segna la resurrezione – dopo una morte umiliante e dolorosa – dell’unico Figlio di Dio. Forse, purtroppo, sono gli stessi credenti ad averlo dimenticato: e non toccherà certo a un laico e liberale come me fare lezioni sul punto. Certo, però, tra pranzi, gite e riti stanchi, occorrerà pur ricordare chi sia – o chi si presume sia, o chi dovrebbe essere – quel Risorto.

Probabilmente, anche dalla mia prospettiva liberale e agnostica (di chi non ha certezze, di chi sa di non sapere, di chi si interroga senza risposte sul mistero nel quale siamo tutti immersi, ed è ovviamente rispettoso di ogni convinzione religiosa), vale la pena di fare una riflessione di fondo.

Prima della rivoluzione cristiana, e quindi in epoca greca o romana, tutto era diverso. Per la filosofia greca (pensate a Platone) c’era una superiorità schiacciante del mondo ideale rispetto a quello reale. Gli uomini? Dei poveri esseri rinchiusi in una caverna, incapaci di uscirne, e persi dietro le ombre proiettate sulla parete della caverna, senza poter accedere alla realtà vera. Nella concezione romana, poi, lo status era tutto, e le classi un fondamento sociale imprescindibile.

Ecco, l’improvviso irrompere di una filosofia – il cristianesimo – che presume l’incarnarsi umanissimo del Figlio di Dio, è un colossale riscatto della condizione umana, un improvviso e spettacolare recupero di dignità e centralità. Figurarsi: l’unico Figlio di Dio che condivide la carne, le ossa, il sangue dei poveracci “rinchiusi” nella caverna platonica. E per giunta, al di là di classi e status, con l’affermazione della piena dignità di ogni singolo individuo, di ogni singola persona!

Sta qui, anche per i laici e per i liberali, il senso profondo della Pasqua. Vorrei dire di una Pasqua insieme laica, religiosa e umanistica.

E (sia consentito scriverlo in questo 2018) anche di una Pasqua occidentale. Il terrore islamista (e forse occorrerà cominciare a scrivere: islamico) si diffonde. Troppi rispondono con la paura, arretrando, rinunciando a pezzi e connotati della civiltà occidentale.

Lo ripeto ancora: sono un laico, un liberale, nel piccolissimo della mia vicenda politica ho speso molto tempo contro dogmatismi e ingerenze confessionali nello stato e nella legislazione (non nella società: ci mancherebbe, viva Tocqueville, siamo dentro uno spazio aperto in cui anche la dimensione religiosa trova il suo naturale dispiegarsi!!!).

Ma proprio da laico e da liberale occidentale, so che la nostra cultura nasce dal dialogo (a volte teso, a volte fecondo, a volte drammaticamente conflittuale) tra Atene, Roma, Gerusalemme, e in epoca meno lontana Londra e Washington. In una cavalcata di secoli, è quello il perimetro che ci ha formato.

Guai se lo dimentichiamo. Guai se, in nome del politicamente corretto, di una omogeneizzazione forzata, di un multiculturalismo fallimentare e fallito, dimentichiamo ciò che ha reso il nostro Occidente un mondo libero, e quindi diverso da altri e da altro.

C’è da lavorare (sì, sì: l’accusa la so, colonialismo-esportatori di democrazia-neocon-eccetera eccetera, ed è un’accusa che mi fa ridere sin da ragazzino) per portare altrove questi nostri valori e farli conoscere a chi potrebbe sceglierli. Non per portare qui oscurantismi, integralismi, opzioni culturali e politiche disastrose e spesso violente.

Buona Pasqua.

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