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Day by Day: terrazze romane, nuova vita al Bernini Bristol

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Proprio là dove hanno pranzato Matteo Renzi e Carlo Calenda, sulla terrazza dell’Hotel Bernini Bristol della romana piazza Barberini, la cucina si rinnova. E cambia anche il nome del ristorante. Nasce The Flair – Rooftop Restaurant e diventa il fiore all’occhiello della compagnia alberghiera Sina Hotels. Per Bernabò Bocca e sua sorella Matilde Salvo Bocca, proprietari del gruppo, “The Flair conquisterà il pubblico romano e internazionale, con il carattere italiano contemporaneo, il design che riprende le linee del cielo, il giovane chef Alessandro Caputo: il tutto avvalendosi di un team esperto costituito in primis dal general manager dell’hotel Gaetano Torino, un connubio di professionalità e trainante passione, insieme alle brigate di sala e cucina”.

Il nome The Flair vuole evocare talento, fascino, stile, eleganza, sensibilità, equilibrio, tutte attitudini positive e preziose che portano a far bene le cose. Comincia una nuova strada, un panorama mozzafiato dal quale abbracciare tutta Roma, nuove idee che esaltano sapori, profumi e colori dei piatti. Domina, nel ristorante, un locale gourmand da 40 coperti, una nuova identità di cucina creata dallo chef Caputo, giovane siciliano animato da una grande passione per il lavoro di cuoco. Palermitano, dopo gli studi scientifici parte per Londra dove, dopo un anno di gavetta, entra a far parte delle brigate più dure e competitive del mondo: prima al The Fat Duck dello chef Heston Blumenthal, 3 stelle Michelin e poi a Le Gavroche, dello chef Michel Roux Jr, 2 stelle Michelin. Qui si mescolano tecniche di cucina e il rigore militare di una brigata di stampo francese, dove il duro lavoro è l’unica strada possibile. Ultima tappa molto importante per la sua cucina, prima di arrivare al Sina Bernini Bristol inizialmente a fianco di Andrea Fusco, è quella che lo vede come secondo chef di Massimiliano Alajmo al Caffè Quadri a Venezia, 3 stelle Michelin: qui apprende come avvicinarsi agli elementi con rispetto, mantenendo l’integrità, il sapore e la levità della materia prima. A supportare Caputo è il restaurant manager Maurizio Maione con uno staff di sala e di cucina composto da figure di grande esperienza e tanti giovani. Su tutti loro la regia viene curata dal general manager dell’hotel, Torino, forte di un’esperienza quarantennale nell’hotellerie di lusso. Per vivere da vicino l’emozione del backstage, oltre allo chef’s table che affaccia direttamente sui cuochi all’opera, c’è l’ampia cucina a vista da cui si possono cogliere tutti gli affascinanti segreti di un ristorante di altissimo livello: un palcoscenico suggestivo e coinvolgente per vivere l’adrenalina del servizio di The Flair.

Il menù ideato da Caputo per i 40 ospiti del ristorante segue la sua filosofia, all’insegna dell’essenziale: l’ingrediente nel piatto deve rimanere incontaminato, trattato con rispetto ed esaltato con la giusta cottura e l’abbinamento equilibrato dei sapori in modo che possano esplodere in bocca in tutta la loro vitalità. Dice lo chef: “Vorrei che alcuni dei miei piatti venissero assaporati a occhi chiusi per permettere di sprigionare tutta la loro potenza. Il mio menu degustazione si chiama Buio perché non viene svelato agli ospiti ma rivelato al tavolo man mano, in un susseguirsi di sapori che fanno sentire sulle montagne russe! Infatti, secondo la mia visione, i sapori sono esaltati non da un crescendo ma da una successione di continue variazioni e sorprese! Il mercato e la stagionalità danno il tocco finale”. Caputo rivela: “Nel tempo, durante le mie tante esperienze in Europa, ho appreso e fatte mie le culture gastronomiche più importanti come quella spagnola, francese e inglese. Ognuna esprime metodi diversi di trattare il cibo, dai più semplici che rispettano le tradizioni culinarie come quella francese ai più complessi, come quelli della cucina molecolare derivata dalla rivoluzione di Ferran Adrià. Nessuno può ormai prescindere dal conoscere profondamente l’ampio paesaggio delle tecniche di cucina: ci tengo infatti a precisare che l’evoluzione in questo campo ha portato ad un maggior rispetto della materia prima, ovviamente senza mai arrivare ad esasperazioni! Quando sono tornato in Italia ho avuto il privilegio di essere parte della brigata di Alajmo, un grande, giovane maestro che ha chiuso il cerchio delle mie competenze. Oggi, qui al The Flair che ho l’onore di guidare, ho legato la conoscenza tecnica alle mie origini siciliane, al mio modo di essere molto minimalista, amante della semplicità, dei sapori genuini e il risultato è un menu fresco e ricercato al tempo stesso. Sono un instancabile lavoratore, passo ore a provare i miei piatti, a sperimentare nuovi metodi, ed alla ricerca di prodotti di alta qualità”.

La proposta di The Flair è quindi un gioco tutto da scoprire. Oltre al menu degustazione la carta si articola su ispirazioni che partono sì dalla Sicilia, terra natia dello chef, ma che attraversano varie regioni d’Europa. Lo chef Caputo accoglie i propri ospiti con piccoli piatti di benvenuto, armonizzando morbidezza e croccantezza, delicatezza e decisione: ecco arrivare la crema di patate con tentacoli di polpo e polvere di alghe, i bon bon di baccalà con gelatina di cipolle rossa, il carciofo fritto con maionese di aglio selvatico. Come amuse bouche per la stagione invernale c’è una crema di ceci, stracciatella con basilico e pepe, crema di curcuma e pane fritto. Un tocco di particolarità è dato dall’olio monocultivar calabrese, da degustare col pane croccante per sentire tutti gli aromi dei pomodori verdi, replicando la sensazione genuina del frutto appena colto dalla pianta. Uno dei piatti da non perdere è la “Non parmigiana” che è una parmigiana scomposta, “un piatto da mangiare a occhi chiusi, in quanto la vista può ingannare” come dice lo chef: al posto della classica ricetta viene proposta una versione molto innovativa in cui la mozzarella viene ridotta in sottilissime striscioline di sfoglia su cui vengono disposte crema di melanzane, fiocchi di melanzane fritte, ristretto di pomodoro, basilico e olio in polvere. Questo piatto è un omaggio alla cucina di famiglia e racchiude tutta l’ambizione, come commenta lo chef, di riproporre “il sapore della melanzana alla parmigiana come la preparava mia madre”. Da segnalare il manzo Marango accompagnato da piccole verdure di stagione: cotto a bassa temperatura per cinquantadue ore e passato nel carbone vegetale, si scioglie letteralmente in bocca. E ancora il gambero crudo e foie gras, pane croccante, aria di bisque e gelèe al limone: una vera leccornia. La Sicilia trionfa anche nei dessert: ci sono la coulis di frutti rossi con spuma di mandorla, essenza di pino e cialda al mandarino, chiamata “Il frutteto e il bosco”, e la mousse al cioccolato con gelato alla mandorla e croccante al succo di arancia. E magari al tavolo vicino c’è Renzi…