PoliticaTwitter Files: la censura social

Dimissioni di Musk? Pessima idea: l’importanza della narrazione

Perché la “liberazione” di Twitter non basta, occorre infrangere la narrazione secondo cui Musk ha fallito e la resistenza è inutile. Il protocollo anti-dissenso del Potere

Politica / Twitter Files: la censura social

Le eventuali dimissioni di Elon Musk dalla carica di ceo di Twitter, in questo momento, sarebbero una pessima idea, che annullerebbe molti dei risultati che la sua acquisizione di Twitter ha ottenuto.

Ovviamente Elon passerà comunque, prima o poi, a cose più grandi e migliori. E naturalmente possiamo ancora sperare che un nuovo amministratore delegato non ripristini il regime precedente (e probabilmente non lo farà, se non altro per quanto era bizantino). Ma resterebbe un duro colpo.

Il protocollo anti-dissenso

Il fronte anti-Elon ha dipinto fin dal primo giorno un quadro disastroso sul nuovo Twitter gestito da Musk, insistendo sul fatto che la piattaforma sarebbe ormai un caos di malfunzionamenti e arbitrari abusi alla libertà di parola, quando in realtà lo era prima, quando non trovavano mai da lamentarsi. E spesso si tratta delle stesse persone impegnate a minimizzare le rivelazioni dei Twitter Files.

I livelli di livore manifestati nei confronti di incidenti di policies minori, e l’ipocrita improvvisa preoccupazione per la libertà di parola da parte di persone che per anni hanno attivamente sostenuto più censura, non sono conciliabili con una semplice, o onesta preoccupazione da utenti.

Questo comportamento non è casuale, fa parte del modo in cui la nuova intellighenzia occidentale di tendenza tecnocratica affronta il dissenso. Funziona in tre passaggi: (1) negare e/o sminuire il problema; (2) ridicolizzare il dissenso; (3) demonizzare i dissidenti.

Primo: negare

Il protocollo inizia negando l’esistenza stessa del problema, o se esiste è un problema minore. Per anni è stato negato che censura sistematica e discriminazione esistessero su Twitter e altre piattaforme social.

Ora che abbiamo visto, grazie ai Twitter Files, fino a che punto lo erano, queste rivelazioni vengono minimizzate, quando non del tutto ignorate.

Secondo: ridicolizzare

Il secondo passo è cercare di far credere alle persone che sì, le cose non vanno bene, ma l’alternativa è peggiore. Al giorno d’oggi, questo obiettivo viene perseguito in gran parte ridicolizzando chiunque proponga linee d’azione alternative come un buffone incompetente, i cui attributi plebei gli impediscono di comprendere correttamente ciò che è veramente necessario fare per risolvere il problema.

Ciò ha perfettamente senso dal punto di vista del pensiero tecnocratico, poiché le tecnocrazie sono in realtà aristocrazie sotto mentite spoglie.

Terzo: demonizzare

Se non basta, il terzo passo è la demonizzazione. Il dissidente non è solo un buffone incompetente, ma è anche pericoloso, e ora sta mettendo in pericolo l’intero sistema con la sua dissidenza. La democrazia è in pericolo!

Con Elon Musk e Twitter siamo al secondo passaggio. Se si dimette in questo momento, è probabile che è lì che i suoi sforzi per correggere Twitter rimarranno nella leggenda popolare. Questo renderebbe anche più difficile proseguire sulla strada della riforma che Musk ha inaugurato.

L’importanza della narrazione

La narrazione del fallimento si ripercuoterà su qualsiasi nuovo ceo che gli succederà e vorrà continuare il suo percorso. Un fallimento di Musk, diventerà un fallimento della sua visione per Twitter.

Ma anche se alla fine Twitter dovesse migliorare notevolmente (e lo è già), e anche se i poteri forti decidono di non passare alla fase tre, verrà stabilita una narrazione secondo cui Musk ha fallito e Twitter era migliore sotto Vijaya Gadde e Yoel Roth.

Ma la narrazione è davvero così importante? Sì. Una narrazione secondo cui nemmeno l’uomo più ricco del mondo può fronteggiare i poteri costituiti è estremamente importante per i poteri costituiti. La maggior parte del loro potere odierno si basa infatti sull’idea che non ci sia alternativa ad essi.

Non importa quanto falliscano o abusino del loro potere, la loro contro-argomentazione è sempre che i loro potenziali sostituti sono più incompetenti o più abusivi.

La rassegnazione delle persone comuni

Questa strategia, unita al controllo della narrazione attraverso la censura e la disinformazione, ha avuto successo nel far tollerare alle persone livelli di disfunzione politica che non avrebbero mai tollerato solo pochi anni fa.

Dissoluzione dei confini e immigrazione clandestina a milioni, senzatetto dilaganti e scene di droga all’aperto, criminalità alle stelle, inflazione e prezzi dei carburanti fuori controllo, blackout continui dovuti a politiche energetiche sbagliate, sorveglianza governativa quasi totale.

Purtroppo funziona. Le persone comuni non sono rivoluzionarie. Rimuovere le alternative attraverso i tre passaggi citati le spinge alla rassegnazione, non alla ribellione. E così diventa troppo facile isolare i pochi che scelgono la ribellione.

Questa strategia sta facendo credere alle persone comuni che il dissenso non valga la pena, e che i dissidenti siano solo piantagrane che peggiorano le cose. Non c’è niente di nuovo sotto il sole, questo è il trucco più antico del potere.

La speranza

A costo di apparire eccessivamente drammatici, la liberazione di Twitter rappresenta una speranza per molti. Speranza nella possibilità che il dissenso possa ancora portare alla riforma.

Anche se Musk lascerà Twitter in una condizione migliore di come l’ha trovata, le conseguenze di non riuscire a infrangere la narrazione secondo cui i suoi sforzi sono stati un fallimento, e che la resistenza è quindi inutile, sarebbero gravi.

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