Twitter Files: la censura social

La conversione di Zuckerberg: con Trump e Musk contro la censura. Ue avvertita

L’ammissione: siamo andati troppo oltre, su spinta di governi e media tradizionali. Verso la resa dei conti con l’Ue che ha “istituzionalizzato” la censura: lavoreremo con Trump per difendere free speech e aziende Usa

Zuckerberg (video X)

Proprio mentre vorrebbero imbavagliare Musk, perdono anche Zuckerberg…

Vedrete, dopo il video di ieri, Mark Zuckerberg verrà iscritto in un batter d’occhio nella lista dei cattivi, degli appestati, da almeno mezzo mondo politico e mediatico, italiano ed europeo. Forse non nella stessa posizione di Musk, ma subito dopo di lui.

No, nemmeno la conversione del fondatore di Facebook, che ieri ha annunciato l’abbandono degli strumenti di censura social e ha abbracciato il free speech seguendo la via tracciata da Elon Musk, insinuerà in loro il dubbio di avere torto, si limiteranno ad aggiungere una nuova figurina nell’album della immaginaria “Tecnodestra”.

Riallineamento

Con il video di ieri Zuckerberg non si è limitato a rottamare i fact-checker (troppo schierati, troppi contenuti censurati), sostituendoli con le community notes sull’esempio di X. Non un tecnicismo, la sua è una scelta di campo. Quello annunciato ieri è un riallineamento completo sulle posizioni dell’arci-rivale Musk e del presidente Donald Trump sul tema della libertà d’espressione.

Prima vittoria per Musk

Aver portato Zuckerberg dalla sua parte è la prima grande vittoria di Musk nella sua battaglia a difesa del free speech, la più profonda motivazione alla base dell’acquisto di Twitter – sebbene i suoi critici ancora fingano di non saperlo.

Un cocente smacco per Bruxelles e per tutti i sostenitori del bavaglio sui social qui in Europa. Meta infatti intende adottare il modello X, proprio lo stesso finito nel mirino della Commissione europea per presunta violazione del Digital Services Act (DSA). Un’ulteriore prova che l’Ue, con il suo DSA e i suoi tecnoburocrati, è dalla parte sbagliata della storia e deve prepararsi ad affrontare l’offensiva Usa anche su questo fronte.

Ma sono diversi i passaggi del breve video di Zuckerberg che meritano di essere riportati integralmente e commentati.

Troppa censura

Per l’ennesima volta Zuckerberg – dopo le ammissioni pubbliche, anche davanti al Congresso – ha riconosciuto come negli ultimi anni i contenuti sui social media siano stati censurati dietro pressioni politiche, su spinta dei governi e dei media tradizionali.

Negli ultimi anni c’è stato un “ampio dibattito sui potenziali danni dei contenuti online”, “i governi e i media tradizionali hanno spinto per avere sempre più censura“, sostenendo senza sosta quanto la disinformazione rappresenti una minaccia per la democrazia, ma in realtà per motivi essenzialmente politici.

“Abbiamo cercato in buona fede di rispondere a queste preoccupazioni senza diventare gli arbitri della verità, ma i fact-checker sono stati troppo schierati politicamente e hanno distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata, soprattutto negli Stati Uniti”.

“Ci siamo rivolti a fact-checker indipendenti e di terze parti”, ha spiegato Joel Kaplan, funzionario di Meta, a Fox News. “È diventato chiaro che ci sono troppi pregiudizi politici in ciò che scelgono di verificare”.

Ci siamo dotati di “sistemi complessi di moderazione dei contenuti”, ha spiegato Zuckerberg. Ma il problema di questi sistemi è che “commettono errori” e “se accidentalmente censurano l’1 per cento dei post, si tratta di milioni di persone”. Quindi, ammette il ceo di Meta, “abbiamo raggiunto un punto in cui facciamo troppi errori e troppa censura“.

Zuckerberg riconosce anche ciò che la sinistra e i “veri liberali” si rifiutano con tutte le forze di vedere e cioè che l’elezione di Donald Trump rappresenta un “momento chiave culturale, nel senso di tornare a dare priorità al free speech“, di ristabilire il pluralismo.

Da qui la decisione di “tornare alle origini“, al suo discorso del 2019 a favore del free speech, insomma di “ristabilire la libertà d’espressione sulle nostre piattaforme”, ammettendo implicitamente che oggi scarseggia.

Via i fact-checker

Punto primo, “elimineremo i fact-checker e li sostituiremo con le community notes, in modo simile a X, partendo dagli Stati Uniti”. Cosa significa “partendo dagli Stati Uniti“? Significa che Meta adotterà una policy differenziata a seconda delle regole in vigore nell’area geografica in cui si trova ad operare.

Per esempio, nell’area Ue il sistema di moderazione dei contenuti rimarrà invariato. Ma solo per il momento, perché Zuckerberg ha detto di condividere l’obiettivo di “difendere la libertà di espressione in tutto il mondo” e annunciato testualmente che “lavorerà con il presidente Trump per opporre resistenza ai governi che perseguitano le aziende americane e spingono per maggiore censura”.

Messaggio all’Ue

Non manca un riferimento esplicito all’Unione europea, che ha un “sempre crescente numero di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono difficile creare qualcosa di innovativo”.

Tempi durissimi quindi si prospettano per Bruxelles e le altre capitali europee a cui piace la censura social. Zuckerberg promette di dare battaglia, al fianco di Musk, con il pieno sostegno di Washington, Casa Bianca e Congresso, alle forme di censura e alle limitazioni previste dalle regolamentazioni Ue come il DSA, così come alla censura praticata dai regimi dell’America Latina e dalla Repubblica Popolare Cinese.

L’unico modo che abbiamo per opporci a questa tendenza globale è con il sostegno del governo degli Stati Uniti e questo spiega perché è stato così difficile negli scorsi quattro anni, durante i quali anche il governo Usa (ecco la bordata all’amministrazione Biden, ndr) ha spinto per la censura. Perseguitando noi e altre aziende americane ha incoraggiato altri governi ad andare persino oltre.

Ora, ha spiegato Kaplan a Fox News riferendosi all’amministrazione Trump, “abbiamo in arrivo una nuova amministrazione che è lontana dal fare pressione sulle aziende affinché censurino e un grande sostenitore della libertà di espressione. Ci riporta ai valori su cui Mark ha fondato l’azienda”.

Ritorno dei contenuti politici

Secondo, prosegue Zuckerberg nel video, “semplificheremo le nostre policies ed elimineremo diverse restrizioni su argomenti come l’immigrazione e il gender” (un’altra conferma della censura praticata in particolare su questi due temi). Anche qui un’altra importante ammissione: “ciò che era iniziato come un movimento per essere più inclusivi, è stato sempre più usato per zittire opinioni e persone di idee diverse. È stato oltrepassato il limite”.

Terzo, da ora i filtri, che commettono errori e sono responsabili della gran parte della censura, si concentreranno nel contrastare contenuti illegali e gravi violazioni. Quarto, i contenuti politici torneranno ad essere suggeriti dalle piattaforme. Quinto, i team di moderazione dei contenuti verranno trasferiti dalla California al Texas. Anche questo un passo molto significativo.

Il vento è cambiato

Sarebbe sbagliato interpretare la decisione di Zuckerberg come un atto di servilismo nei confronti del nuovo inquilino della Casa Bianca. Alla base della “conversione” di Zuckerberg ci sono ragioni ideali, il ritorno al free speech, ma anche solide ragioni economiche.

Innanzitutto, il successo del suo principale concorrente, X, e il declino di Facebook. L’insofferenza per le pretese regolatorie dell’Unione europea, che costringe le piattaforme ad affrontare costi sempre maggiori per adeguarsi a normative sempre più arbitrarie. Ma grazie all’acquisizione di Twitter da parte di Musk prima, e alla rielezione di Trump poi, il vento è cambiato.