Lascio da parte la sequenza (ormai consueta per Virginia Raggi, sindaco di Roma sempre più a propria insaputa) dei “non sapevo”, “non è mia responsabilità”, eccetera.
Sta di fatto che da trentasei ore si è scatenata un’ennesima ed evitabilissima canea sulla possibilità di intitolare a Roma una strada a Giorgio Almirante, storico segretario del Movimento Sociale Italiano, parlamentare per decenni, leader di una parte dell’Italia politica.
Incredibilmente, si è ricominciato con i “no”, con le levate di scudi in nome dell’antifascismo (sarebbe il caso di dire: del fascismo degli antifascisti), con una surreale e violenta pretesa di “damnatio memoriae”, di cancellazione quasi fisica per chi non appartenga o non sia appartenuto alla parte ritenuta “giusta”.
Così, in un’Italia che pullula di vie e strade intitolate a Palmiro Togliatti, “Via Almirante” non dovrebbe avere diritto di cittadinanza, secondo alcuni. Discutere nel merito mi pare perfino ridicolo: costoro pensano forse di cancellare la storia, di sbianchettarla, di annullare i capitoli sgraditi, di scrivere una versione italiana dell’enciclopedia sovietica.
E’ semplicemente avvilente che perfino la toponomastica diventi lo strumento per comportamenti di questo tipo: che poi accada in una città, Roma, in cui tutto (fisicamente e moralmente) cade a pezzi, è il segno di un ulteriore accelerato passaggio dal declino al degrado.