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Si stanno avvicinando le elezioni europee e i primi ad essersene accorti sono proprio i vertici di Bruxelles, quella Commissione europea che ha avviato una serie di nomine e di incarichi quantomeno curiose.
Non bastava già avere un commissario europeo italiano nominato nel 2019, quindi all’inizio della legislatura europea, con una precisa visione ideologica. Sto parlando chiaramente di Gentiloni, ex primo ministro del Partito Democratico italiano, in questi giorni non a caso contestato anche dal governo per una serie di posizioni assunte.
Poi pochi mesi fa l’Unione Europea ha deciso di nominare Luigi Di Maio come rappresentante per il Golfo Persico. Luigi Di Maio, già ministro degli esteri italiano, reduce da un risultato non proprio ottimale per usare un eufemismo alle elezioni politiche dello scorso anno, viene ringraziato dall’Unione Europea, premiato l’Unione Europea con questa nomina dopo peraltro che dalla Farnesina aveva rischiato di mandare all’aria i rapporti con gli Emirati Arabi e con parte dei paesi del Golfo Persico.
Subito dopo, è stato nominato pure Mario Draghi per fare una verifica sul tema della competitività, anche lui una figura propriamente vicina al governo, anche se si dice che comunque mantiene buoni rapporti con Giorgia Meloni. Ma la terza nomina che fa un po’ saltare dalla sedia è quella di Enrico Letta: già presidente del Consiglio italiano del Partito Democratico, ha avuto un incarico per un rapporto sul mercato unico.
Ora, la domanda alla luce di Gentiloni ma soprattutto di Di Maio, Draghi e Letta è: ma queste nomine Ue, non saranno forse un tentativo di depotenziare, commissariare addirittura, il governo italiano? Nel momento in cui c’è un governo votato dai cittadini italiani, di centrodestra, che ha una precisa linea sui temi europei, a pochi mesi dall’elezione europea a Bruxelles vengono premiati degli italiani che hanno una visione ideologica antitetica. Il dubbio sorge.
Francesco Giubilei, 20 settembre 2023