Anziché corteggiare Fedez e Chiara Ferragni, il premier Conte farebbe meglio a seguire le riflessioni dell’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio che, stante l’attuale gestione di questa pandemia, teme per l’Italia una catastrofe economica simile a quella del 1929.
Nuova crisi
“Ci troviamo colpiti da una difficile crisi dovuta a cause non economiche ma che, impedendo la normale attività lavorativa in molti segmenti del nostro sistema economico e sociale, hanno influito profondamente sull’attività produttiva […] ed hanno coinvolto per alcuni aspetti anche il sistema sanitario rendendo più gravi le conseguenze della terribile pandemia”. Ricordando le manchevolezze del periodo 1929-32, in cui il mondo cadde in una crisi strutturale, Fazio ammonisce: “evitiamo di fare gli stessi errori”.
Nel suo ultimo saggio L’inflazione in Germania nel 1918-1923 e la crisi mondiale del 1929, le parole del banchiere centrale in sella dal 1993 al 2005 pesano come pietre. Soprattutto perché pronunciate da una personalità che, per le sue teorie sulla politica monetaria, è stato apprezzata anche da due premi Nobel come Milton Friedman, fondatore del pensiero monetarista (1976), e dal neokeynesiano Franco Modigliani (1985). Le argomentazioni di Fazio, grande ammiratore di Sant’Agostino e Tommaso Moro, vanno tenute in considerazione perché, vulgate giudiziarie a parte, è stato il Governatore che maggiormente ha difeso, fin quando ha potuto, il sistema bancario italiano dall’assalto straniero.
E lo ha potuto fare, a differenza di altri suoi colleghi perennemente osannati come Carli, Ciampi e Draghi, perché non è mai stato collegato a quei centri di pressione come Fiat, De Benedetti, Confindustria, Goldman Sachs o Mediobanca, avendo sempre avuto ‘pensiero autonomo’ e non condizionato da quella finanza laica e rapace che in Italia ha spesso fatto il bello e cattivo tempo. Una finanza che è andata pesantemente all’attacco di quest’unico, e ultimo, banchiere centrale legato al mondo cattolico e, anche per questo, indigesto al tempio illuminista di via Nazionale, dove Fazio, per la qualità dei suoi studi monetari, è ancora ricordato.
Econometria
La prima parte del libro si sviluppa, come in un romanzo, dalla storia di un ragazzo partito da Alvito, piccolo centro agricolo in provincia di Frosinone, che riesce ad approdare al MIT di Boston dove approfondisce le sue conoscenze con mostri sacri come Paul Samuelson (altro premio Nobel) che ‘ragionava attorno alla New Economic Policy, con la quale Kennedy si impegnava a ridurre la disoccupazione e la connessa povertà’. Da allora una sola passione per il giovane Fazio: l’econometria, che negli anni lo portò a studiare, sotto la direzione di Guido Carli, un insieme di equazioni finalizzate ad interpretare il comportamento del nostro sistema economico, impostando delle analisi per calcolare i rendimenti dei titoli. Anni di lavoro, poi, nell’Italia del boom economico, per mettere a punto un fondamentale modello econometrico l‘M1BI.
Scorrendo le pagine, si entra nel cuore dell’esperienza in Banca d’Italia quando, a differenza di oggi, il governatore parlava una sola volta nell’assemblea generale di fine maggio per indicare le linee di politica economica dell’Istituto di credito centrale. Le famose considerazioni finali venivano preparate nell’ufficio di Guido Carli – dove troneggiava un dipinto di San Sebastiano trafitto – da un gruppo di dodici persone, tra direttorio e funzionari, con riunioni che iniziavano alle 16,00 in punto e finivano a mezzanotte. Ogni singola parola veniva soppesata in vista della solenne lettura davanti al gotha del mondo economico ed industriale e, a rimarcare l’indipendenza dell’Istituto, in assenza del governo.
Si racconta poi anche dei tragici anni ‘70-‘80 dei governi Andreotti, con l’Italia stretta tra terrorismo e il difficile cambio della lira fino agli accordi europei di Maastricht e alla nascita dell’euro. Si affronta, infine, l’attualità con la pandemia che sta sconvolgendo i mercati e, a questo proposito, i ricordi di Antonio Fazio su come si è arrivati alla crisi del 1929 sono oggi di grande insegnamento: “Anche perché la storia è maestra di vita, ma occorre saperla leggere e, come diceva Cicerone, ripercorrerla e attingere, nei limiti del possibile, dai testimoni del tempo”.