Economia

Auto elettriche, l’Ue insiste: crea il problema, poi impone dazi alla Cina

La Commissione europea conferma: tariffe doganali contro i mezzi a batteria prodotti in Cina. E la Germania protesta

Calo vendite auto elettriche 02 © bluebay2014 e Toshe_O tramite Canva.com

L’Unione Europea ha confermato l’introduzione di dazi compensativi fino al 35,3% nel settore dell’importazione di veicoli elettrici, dazi che resteranno in vigore per un periodo di cinque anni. Questo intervento mira a controbilanciare quello che è considerato un vantaggio non equo delle aziende cinesi, derivante da sostanziosi sussidi statali, che ha scatenato un acceso dibattito tra gli operatori europei del settore.

La Commissione Europea ha spiegato che queste misure intendono annullare gli effetti delle sovvenzioni di cui beneficia l’industria automobilistica cinese, in particolare nel segmento delle batterie elettriche. Secondo le autorità europee, tali aiuti statali potrebbero causare un danno economico agli attori economici europei, ostacolando la competizione leale. Valdis Dombrovskis, commissario al commercio dell’Ue, ha sottolineato l’impegno dell’Unione verso una pratica commerciale aperta ed equa, evidenziando la volontà di esplorare soluzioni rispettose delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto).

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I nuovi dazi sono il risultato di un’indagine dettagliata che ha rivelato un incremento considerevole delle esportazioni di veicoli elettrici cinesi verso l’Europa a prezzi ridotti, cosa che ha influenzato la quota di mercato delle aziende cinesi in Ue, aumentandola rapidamente in breve tempo: nel 2020 era dell’1,9%, alla fine del secondo trimestre di quest’anno è salito al 14,1%. Entrando nel dettaglio, il gruppo Byd sarà soggetto a dazi aggiuntivi per il 17%; Geely per il 18,8% e Saic per il 35,3%. Diverso il trattamento per le Tesla prodotte a Shanghai, che invece vedranno un rincaro “solo” del 7,8%. I gruppi che hanno collaborato all’indagine europea saranno colpiti con il 20,7% di tasse aggiuntive; per i gruppi che non hanno collaborato il dazio sarà del 35,3%. I dazi provvisori imposti lo scorso 4 luglio invece non verranno riscossi, mentre i negoziati vanno avanti nell’ambito del tavolo Wto nella speranza di arrivare ad un accordo e sospendere la misura protezionistica.

Nella testa dell’Ue, la mossa dei dazi rappresenta un tentativo di difendere e stimolare l’industria automobilistica del Vecchio Continente, affrontando al contempo le sfide legate all’innovazione e ai presunti obiettivi climatici. Piccolo appunto: a creare “il problema” è stata l’Ue stessa, che si è auto-imposta entro il 2035 di produrre solo auto elettriche mandando al macero il motore a scoppio pur sapendo che la Cina aveva un vantaggio competitivo in termini di tecnologia e materie prime. Insomma: l’Ue ha creato il problema (consegnarsi nelle mani degli unici che sanno produrre auto elettriche a basso costo) e poi tenta di risolverlo a suon di dazi, che produrranno di certo una reazione cinese (già promessa) con relativa perdita di export in altri settori. Pechino nelle scorse settimane ha già risposto con ritorsioni su brandy, carne di maiale e latticini europei.

Senza contare che grandi costruttori cinesi, come BYD, hanno già avviato la costruzione di fabbriche in Europa (in Ungheria) o in Turchia, cosa che permetterà loro di produrre i mezzi direttamente sul suolo Ue con le loro tecnologie e le loro materie prima, aggirando così i dazi.

Non ci stanno infatti i tedeschi. La reazione dell’industria automobilistica tedesca, attraverso le parole di Hildegard Müller della Vda, evidenzia preoccupazioni sull’impatto dei dazi sul commercio globale e il rischio di provocare ampi conflitti commerciali: “Questa è una battuta d’arresto per il libero commercio globale – ha detto – e quindi per la prosperità, la conservazione dei posti di lavoro e la crescita dell’Europa”. Ricordiamo che solo 10 governi hanno votato a favore dei dazi (tra cui l’Italia) mentre 5 hanno votato contro (Berlino è tra questi) e 12 si sono astenuti.