Carlos Tavares ha scoperto l’acqua calda: le auto elettriche costano troppo, la classe media non le vuole e la Cina ha un vantaggio competitivo quasi impossibile da colmare nel breve periodo. Il problema è che, invece di fare un passo indietro sulle folli regole green dell’Europa che ci stanno portando verso l’abisso a piccoli passi, di fronte a questa sfida epocale l’Ad di Stellantis scodella il più antico dei rimedi: “Paga Pantalone”. Cioè lo Stato. Ovvero il contribuente. Se la rivoluzione elettrica non funziona, che siano le tasse a finanziarla.
Ovviamente in audizione oggi a Montecitorio, Tavares (dato in uscita da Stellantis nel 2026) non ha usato questi termini. Ma poco ci manca. “La nostra missione è quella di portare ai nostri cittadini una mobilità sicura, pulita e affidabile”, ha detto. “Siamo tutti d’accordo (non questo sito, ndr) che il riscaldamento globale sia una realtà” e “dobbiamo fare qualcosa per modificare la situazione”. Stellantis “è pronta per la transizione”, rivendica il fatto che le regole le siano state imposte e non le abbia scelte, ma non farà pressioni per ottenere una marcia indietro sulle regole per le emissioni, come invece chiesto da Acea. L’associazione europea di costruttori di auto vorrebbe un rinvio al 2027 del regolamento che prevede entro il 2025 un taglio drastico delle emissioni nell’automotive, ma Stellantis si è dissociata. “Nel nostro settore – ha spiegato Tavares – il tempo di attraversamento è molto lungo. Non chiederemo nessuna modifica ma di garantire la stabilità delle regole. La strategia stabilita dalla Ue forse non è la migliore tra tutte quelle possibili. Ma siamo convinti che la strategia migliore in questo momento non sia quella di mettersi a litigare sulle regole”. Insomma: scelta sbagliata, ma meglio continuare a scavarsi la fossa. Grande idea.
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Per il resto, di fronte ai parlamentari, l’Ad dell’ex Fiat ha analizzato correttamente il problema. “Il sistema non è in grado di sostenere costi più alti, il consumatore non li vuole e non riesce ad affrontarli – ha spiegato – Ma io per produrre auto elettriche ho costi di produzione maggiori del 40%”. Non solo. L’Italia paga anche di più l’elettricità, anche rispetto ai competitor europei (“il doppio rispetto alla Spagna”). E soprattutto nel mercato, dazi o meno dell’Ue, sta per approdare Pechino con le sue auto elettriche ultra scontate. “In Cina c’è una eccedenza di capacità, una saturazione degli stabilimenti – ha spiegato Tavares – La loro crescita non va bene e allora cosa fanno: esportano. Gli Usa si chiudono subito a riccio, l’Europa cerca di fare questa stessa cosa. I cinesi hanno un 30% di vantaggio competitivo. Io non mi stupisco del perché il settore sia in tensione e ci siano tutti questi attriti. Stellantis è una azienda globale e deve affrontare la concorrenza cinese. Dovremmo farlo comunque anche in una situazione di tariffe a difesa del mercato”.
Resta quel problemino mica da niente: gli acquirenti non comprano auto elettriche, che restano invendute nei concessionari (pure loro infuriati con l’Ue e con Stellantis). “Perché non vendiamo auto elettriche in Italia?”, si è chiesto Tavares. Risposta: costano troppo. Quindi “dobbiamo renderle accessibili alla classe media”. E come? Le opzioni sono sul tavolo sono due: o delocalizzando oppure con con i cari vecchi “incentivi e sussidi”. Ovvero, suggerisce l’ad di Stellantis, “attraverso fiscalità di vantaggio”. I sussidi però non sono gratis, soprattutto in un’economia non esattamente florida come quella italiana: pesano sulla fiscalità generale e non è un caso se anche la Germania abbia iniziato a tagliarli di netto.
O elettrico, o morte. È chiaro che di fronte a questo scenario Tavares ha gioco facile nel dire che “se vogliamo mantenere i nostri impianti” in Italia “dobbiamo vendere i veicoli a un prezzo accessibile alla classe media”. Niente volumi di vendita, niente impianti produttivi. Facile. E al momento in Italia il piano arriva solo fino al 2030, in alcuni casi al 2033. Ma se Stellantis non riuscirà a riassorbire velocemente quel 40% di costi in più delle elettriche, proteggendo così “i nostri margini”, l’azienda non potrà “assegnare i veicoli agli impianti oltre il 2030”. Impianti che quindi potrebbero anche chiudere, mentre l’automobilista o compra auto usate a benzina oppure vira sulla Cina. “Tutto dipende dai costi. Se vogliamo mantenere l’attività nei nostri impianti dobbiamo vendere i veicoli a prezzi accessibili per la classe media”.
Un po’ a sorpresa, va detto, l’audizione di Tavares ha provocato irritazioni a sinistra. “Ci aspettavamo molto di più”, ha detto Elly Schlein che chiede al governo di istituire una cabina di regia. “Garanzie e incentivi dallo Stato italiano ne avete già presi. Siete venuti in Italia e avete goduto di una garanzia del 90% – aggiunge Giuseppe Conte – Avete portato a casa 6,3 miliardi ma c’erano impegni nelle clausole sui livelli occupazionali e sugli investimenti e non avete mantenuto neanche uno di quegli impegni”.
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