Abbassare da subito tutte le tariffe autostradali è l’unica misura che questo governo del cambiamento potrebbe ottenere in tempi brevissimi, anziché avventurarsi in infinite dispute legali per la revoca della concessione alla famiglia Benetton, azionista di riferimento di Autostrade per l’Italia. Basterebbe che dai cassetti del Ministero delle Infrastrutture venisse valorizzato il documento avente per oggetto la “Determinazione degli ambiti territoriali ottimali”, redatto nel 2016 dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Il Ministro dell’epoca, Graziano Delrio, ha autorizzato la pubblicazione del documento ma non ha utilizzato al meglio le informazioni dettagliate per ogni singola concessionaria.
Il Premier Conte e i suoi Dioscuri Salvini e Di Maio farebbero bene a chiedere approfondimenti al collega Danilo Toninelli. Emergerebbe che nemmeno un solo tratto autostradale, non solo i km in concessione ad Autostrade per l’Italia, rispetta standard di efficienza adeguati. Sulla base di questo documento, che il governo Renzi non ha approfondito, in polemica com’era con l’Autorità indipendente, il Ministro dei Trasporti può chiamare al tavolo tutti i concessionari e pretendere un immediato abbassamento delle tariffe.
I concessionari non potrebbero che accettare, anche perché il Parlamento italiano deve ancora ratificare la proroga che la Ue ha consentito loro per i mancati investimenti. Tariffe e proroga sono quello che sta maggiormente a cuore soprattutto a Giovanni Castellucci, padre-padrone di Autostrade per l’Italia, che si è sempre battuto come un leone per le galline dalle uova d’oro del suo bilancio.
Non c’è lobbista in Parlamento, qualsiasi cosa si occupi, vuoi di energia, di acqua o di rifiuti, che non si interroghi sulla capacità del manager dei Benetton di ottenere pedaggi così alti. C’è chi ricorda sorridendo come nell’ultima tornata di trattative, sempre con governi di centrosinistra e appoggiati dal Think Tank VeDrò di Enrico Letta, abbia voluto accordare un minimo risparmio ai motociclisti per poi pretendere quello che serviva a lui per le auto e i camion.
L’ha sempre spuntata grazie ad una straordinaria strategia che viene da lontano, pensata da Luciano Benetton, complice Oliviero Toscani, che ha fatto passare la famiglia di Ponzano Veneto come dei bravi samaritani multietnici e multirazziali. Ed è stato possibile, con i media inginocchiati, come nella Repubblica delle Banane di Woddy Allen, anche perché in Italia nessuno ha fatto caso a quello che i Benetton hanno invece combinato a 12mila chilometri di distanza e che Amnesty International Argentina denuncia con forza. In Patagonia, infatti, sono stati protagonisti dell’imponente sfollamento della popolazione dei Mapuche, testualmente popolo della terra, che abitavano nei 900mila ettari che loro hanno acquistato e dove pascolano 260mila capi di bestiame, tra pecore e montoni.
Ma il crollo del Ponte di Genova è un terremoto che cambia nel profondo la geografia politica italiana. Con il ponte è crollato anche un mondo radical chic che ha imposto per anni al Paese una filosofia etica per cui tutto quello che è di destra è cafone e tutto quello che è di sinistra è etico e corretto. Una filosofia catto-comunista che ha contagiato intellettuali e registi e che ha trovato nella famiglia Benetton i massimi esegeti della creatività e della sobrietà. Se il governo sarà capace di far abbassare le tariffe autostradali, le più alte d’Europa, significa che qualcosa davvero sta cambiando. Ed è l’unico modo per onorare i morti.
Luigi Bisignani, Libero 20 luglio 2018