Tanto che la Le Pen è riuscita, con la radicale ricalibratura del suo messaggio tarato sul contrasto alle disparità sociali e territoriali, a farsi percepire come più affidabile, neutralizzando la campagna demonizzante dei suoi avversari.
La presa di distanza della Meloni
Analizzando i riflessi del voto francese sulle dinamiche politiche italiane non si può fare a meno di evidenziarne l’effetto frammentante nel centrodestra con Matteo Salvini che si congratula per il risultato della Le Pen (“Felici del tuo successo e orgogliosi della tua amicizia”), Giorgia Meloni che non si concede al panegirico sovranista, anzi fa serpeggiare una certa estraneità al duello d’Oltralpe (“Nessun candidato al secondo turno rappresenta il partito dei Conservatori di cui faccio parte”) e Silvio Berlusconi che propende per la figura moderata di Macron. La reazione differenziata del centrodestra conferma le specificità plurali della coalizione che non vanno equivocate come tenta di fare la sinistra, strumentalizzando ed enfatizzando divisioni più apparenti che sostanziali.
Inoltre, non si possono omettere le diversificate appartenenze alle famiglie politiche europee: i leghisti schierati con la Le Pen nel gruppo Identità e Democrazia, la destra meloniana che guida i Conservatori dell’Ecr e i forzisti posizionati nel Ppe, che è alleato con i liberali dell’Alde di cui è parte il movimento di Macron. La realtà è che la Lega, FdI e Forza Italia si sono dimostrate compatte sulla linea atlantista nel condannare l’aggressione russa e nel posizionarsi in difesa della popolazione assediata. Così come l’unità si è palesata nella contestazione alla delega fiscale per avversare qualsiasi ipotesi di aumento delle tasse. I distinguo sul voto francese sono espressione di una salutare pluralità che, tuttavia, non pregiudica la solidità della coalizione che è vincolata ai valori di fondo della cultura occidentale.
Andrea Amata, 12 aprile 2022