Con una vivace rete televisiva “CNews” e con l’acquisto di “Le Parisien”, Bolloré ha risposto alle ostilità macroniane prima inventando la candidatura di Eric Zemmour e poi sostenendo la sfortunata candidata gollista/republicain Valérie Pécresse, già figlia di un top manager di una società del gruppo Bolloré e sabotata nelle presidenziali del 2022 dai circoli sarkoziani nonché schiacciata dal “voto utile” invocato da Macron contro la Le Pen.
Un generale come premier
Non va scordato che proprio la candidata dei Republicains a un certo punto della sua campagna, ha lanciato l’idea di proporre come prossimo premier – se lei fosse salita all’Eliseo – Pierre de Villiers, generale, già capo di stato maggiore dell’esercito che si è dimesso nel 2017, nonché fratello di Philippe de Villiers, politico già gollista e storico della Vandea, punto di riferimento di quel cattolicesimo tradizionalista che aveva sostenuto la candidatura di François Fillon liquidato, secondo il suo successore alla testa dei gollisti Wauquiez, da uno scandalo montato da media, servizi e staff di Macron.
Sarà questa la carta che Bolloré regalerà, nella sua corsa finale, a Marine Le Pen? Un candidato alla premiership che rappresenti un esercito molto insoddisfatto dalla politica estera macroniana (sconfitta in aree decisive per Parigi come l’Africa subsahariana, la Libia e la Siria, presa a schiaffi dagli americani che hanno anche logorato i rapporti di Parigi con Roma e Berlino, e reso sterile ogni mossa francese per far ragionare Vladimir Putin).
Se questa sarà la prossima mossa di Marine potrebbe avere un effetto notevole, coinvolgendo una parte decisiva dell’establishment, offrendo un volto autorevole all’estero e quindi tranquillizzando quella parte di società francese che non sopporta la sterile arroganza macroniana ma che non vuole correre avventure.