La corsa all'Eliseo

Ballottaggio Francia, spunta la carta segreta della Le Pen

La sfidante di Macron avrebbe in serbo un nome come prossimo premier. Dietro le operazioni ci sarebbe pure Bolloré

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Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

Come è già stato ben spiegato sulla Zuppa di Porro la campagna per la rielezione di Emmanuel Macron (si vota il 24 aprile) sarà tutto tranne che facile. Nel 2017 il presidente uscente aveva preso meno voti (il 24 per cento), ma aveva un bacino di riserva “repubblicano” cioè “socialista-gollista” del 26 per cento. Domenica 10 aprile il nostro autoproclamato Jupiter ha preso il 27,6 ma il suo “bacino di riserva” è sceso al 6, con peraltro molti gollisti di peso come Éric Ciotti e persino Laurent Wauquiez che si sfilano dall’abbraccio con En Marche.

Macron, la carta della “paura”

L’”uscente” potrà contare ancora sui Verdi e sull’elettorato islamico di Jean-Luc Melanchon (una fetta non secondaria del 21,95 per cento preso dall’antico socialista massimalista), ma non su una disciplina repubblicana di un elettorato che esprime una rabbia antimacroniana (un osservatore di cose politiche francesi ci dice: “L’arroganza di Macron è ormai odiosa ai francesi quanto quella di Matteo Renzi a un certo punto è stata agli italiani”) difficilmente controllabile da un non-partito come il movimento France Insoumise .

Alla fine la carta principale di Macron sarà quella della paura del “salto nel buio” tipo la campagna di Pietro Nenni al referendum del 1946 sulla monarchia: o la repubblica o il caos. È una carta di peso perché la Francia è nazione che non disdegna le rivoluzioni, purché siano giacobine o bonapartiste cioè organizzate, non rivolte caotiche. Ma la candidata del Rassemblement nationale ha ancora qualche possibile iniziativa da intraprendere per contrastare la patente di instabilità incontrollabile che le si vuole attribuire. Per adesso ha lanciato una vaga proposta di unità nazionale che veda convergere istanze conservatrici e proposte sociali. Ma c’è chi pensa che abbia in riserbo qualche mossa più spiazzante.

Il ruolo di Bolloré

Va considerato come uno dei protagonisti nascosti di queste presidenziali, come ha scritto il “New York Times” lo scorso venerdì 8 aprile (ma i lettori più attenti ricorderanno che la Zuppa di Porro aveva parlato del protagonismo del settantenne bretone, già qualche mese fa), è Vincent Bolloré, imprenditore francese di peso che ha abbandonato l’Africa a causa dei pasticci combinati dall’attuale presidenza dell’Eliseo, e ha anche ridotto la sua iniziativa in Italia perché sempre la Parigi macroniana ha fatto da sponda al governo italiano per emarginarlo.

Con una vivace rete televisiva “CNews” e con l’acquisto di “Le Parisien”, Bolloré ha risposto alle ostilità macroniane prima inventando la candidatura di Eric Zemmour e poi sostenendo la sfortunata candidata gollista/republicain Valérie Pécresse, già figlia di un top manager di una società del gruppo Bolloré e sabotata nelle presidenziali del 2022 dai circoli sarkoziani nonché schiacciata dal “voto utile” invocato da Macron contro la Le Pen.

Un generale come premier

Non va scordato che proprio la candidata dei Republicains a un certo punto della sua campagna, ha lanciato l’idea di proporre come prossimo premier – se lei fosse salita all’Eliseo – Pierre de Villiers, generale, già capo di stato maggiore dell’esercito che si è dimesso nel 2017, nonché fratello di Philippe de Villiers, politico già gollista e storico della Vandea, punto di riferimento di quel cattolicesimo tradizionalista che aveva sostenuto la candidatura di François Fillon liquidato, secondo il suo successore alla testa dei gollisti Wauquiez, da uno scandalo montato da media, servizi e staff di Macron.

Sarà questa la carta che Bolloré regalerà, nella sua corsa finale, a Marine Le Pen? Un candidato alla premiership che rappresenti un esercito molto insoddisfatto dalla politica estera macroniana (sconfitta in aree decisive per Parigi come l’Africa subsahariana, la Libia e la Siria, presa a schiaffi dagli americani che hanno anche logorato i rapporti di Parigi con Roma e Berlino, e reso sterile ogni mossa francese per far ragionare Vladimir Putin).

Se questa sarà la prossima mossa di Marine potrebbe avere un effetto notevole, coinvolgendo una parte decisiva dell’establishment, offrendo un volto autorevole all’estero e quindi tranquillizzando quella parte di società francese che non sopporta la sterile arroganza macroniana ma che non vuole correre avventure.

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