Rimane ancora al centro la polemica sulla revoca (e poi il dietrofront) del patrocinio al Roma Pride 2023 da parte della giunta regionale del centrodestra laziale. Il presidente Francesco Rocca ha infatti deciso di fare un passo indietro nella giornata di ieri, quando ha ribadito la volontà di ripristinare il patrocinio, ma solo in presenza delle scuse degli organizzatori del Pride.
Il documento di Roma Pride
Le freddure si sono incentrate sulla pratica dell’utero in affitto. La revoca del centrodestra sarebbe giustificata dalla continua promozione di “comportamenti illegali” da parte delle associazioni Lgbtq, fino ad arrivare al (delirante) documento che nei fatti aprirà le porte della manifestazione di questo sabato.
Per approfondire:
- Roma Pride, prima la revoca poi il dietrofront: che autogol del centrodestra
- Povera Arisa che loda Meloni: i ‘tolleranti’ del gay pride la silurano
- Ddl Zan, al gay pride calpestano il Papa
Si tratta di una vera e propria invettiva nei confronti del governo Meloni, prima descritto come colpevole di “aver dichiarato guerra alle famiglie arcobaleno, a spese delle nostre figlie e dei nostri figli”, poi sostenitore di “una politica oscurantista e di negazione nei confronti di temi correlati a esigenze concrete della vita di milioni di persone”. Ma ovviamente non finisce qui: non poteva mancare la solita retorica sul pericolo di una “onda nera conservatrice” che aleggia nelle stanze di Palazzo Chigi. Un’onda che è descritta come “reazionaria, clericale e bigotta, che ha investito altri Paesi europei, come l’Ungheria e la Polonia”.
La strumentalizzazione dei bambini
Eppure, non è questo a presentare il carattere più preoccupante del manifesto di Roma Pride 2023. Piuttosto, la voce “i liberi desideri sono rivoluzionari”, dove si alimenta l’idea di creazione di “un processo di rivoluzione sessuale e sentimentale per tutti e tutte”. Ma colpisce soprattutto la strumentalizzazione dei bambini, che fin dai primi Pride – come ammette espressamente il documento – “sfilavano accanto a dyke in pelle e motocicletta e a leather men con maschere antigas e fruste“. Uno scenario a dir poco sconcertante, dove appare lampante il tentativo di vincolare i più giovani all’ideologia, piuttosto che ad un libero riconoscimento della propria identità sessuale.
Un passaggio che ha fatto scatenare l’ira del presidente regionale Francesco Rocca, seguito da quello sulla pratica dell’utero in affitto: “Il movimento LGBTQIAK+ ritiene che i diritti delle donne in tema di autodeterminazione dei propri corpi (aborto, gestazione per altri, sex work) e desideri e per la totale parità in tema di diritti lavorativi e salariali siano alla base di qualunque altra rivendicazione identitaria e di orientamento”. Una posizione ulteriormente sottolineata in queste ultime ore dal Roma Pride, che ha già specificato di non essere intenzionato a offrire scuse alla giunta regionale. Il che renderà (quasi) impossibile la restituzione del patrocinio.