Economia

Banche, come funziona la tassa (marxista) sugli extraprofitti

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Ieri sera il governo sedicente liberale ha stabilito una tassa straordinaria sugli extraprofitti degli intermediari finanziari, le banche in sostanza, escludendo le società di gestione dei fondi comuni d’investimento e le società di intermediazione mobiliare. Questa misura è contenuta nel Dl Asset approvato dal Consiglio dei ministri. L’aliquota di questa tassa straordinaria è del 40% e, stando a fonti di Palazzo Chigi, dovrebbe fruttare 2 miliardi di euro. Un modo, dicono esultati Lega e Fdi, ma pure Antonio Tajani, per “correggere” la politica sui tassi di interesse della Bce e limitare l’aumento delle rate dei mutui. In sintesi: una norma socialista.

Come funziona la tassa sugli extraprofitti

Ma vediamo in che modo è stata pensata questa diavoleria. Come spiega in un comunicato il governo, “l’imposta straordinaria è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sul maggior valore tra”:

  1. l’ammontare del margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 5 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022;
  2. l’ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

In ogni caso la tassa “sarà versata nel corso del 2024 e non sarà deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive”. Le maggiori entrate derivanti da tale imposta saranno destinate al finanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.

Il governo corre dietro a Sanchez

Il prelievo non è ovviamente un’invenzione italiana. E non è un caso che ad averla partorita in Europa sia stato il governo socialista di Pedro Sanchez. La Spagna è stata infatti il primo paese a introdurre un’imposta sugli extra profitti per contrastare la crisi economica. Le grandi banche spagnole hanno già pagato 637,1 milioni di euro per la prima tranche di questa tassa. Il ministero delle finanze spagnolo prevede che le entrate annuali di questa imposta temporanea supereranno i 2,9 miliardi di euro nel 2023 e 2024. Anche nel Regno Unito è in corso una discussione per introdurre un’imposta sugli extra profitti dopo che le banche sono state accusate di “affarismo”. In risposta a queste accuse, il regolatore finanziario ha richiesto alle banche di accelerare gli sforzi per migliorare l’accesso ai loro migliori tassi di risparmio.

Crollano le banche in borsa

La nuova tassa italiana sugli extra profitti delle banche, tuttavia, ha colto di sorpresa il mercato. Le azioni delle banche quotate a Piazza Affari sono crollate nella prima ora di scambi, causando una perdita di circa 10 miliardi di euro in capitalizzazione di mercato. Secondo gli analisti, l’utile netto delle banche nel 2023 potrebbe essere ridotto di circa il 10% a causa di questa nuova taxa.

D’altro canto, l’aumento dei tassi da parte della Banca centrale europea ha portato a un notevole aumento del margine di interesse delle banche. Dopo l’introduzione della tassa sugli extra profitti, il margine di interesse delle prime cinque banche italiane (Intesa, Unicredit, BancoBpm, Bper e Mps) ha registrato una crescita del 18,5% nel 2022 rispetto all’anno precedente.

Tuttavia, il presidente del Gruppo Azione-Italia Viva al Senato, Enrico Borghi, ha espresso preoccupazione che le banche possano addebitare i clienti per la tassa. Su Twitter, Borghi ha scritto: “A parte che il concetto di ‘extraprofitto’ richiama il marxista ‘plusvalore’, ho la sensazione che le banche ricaricheranno i 2 mld di maggiori tasse sui clienti. Quindi è nei fatti una tassa occulta per i cittadini. Servirebbe concorrenza, ma capisco che è chiedere troppo.”