Basi Usa sotto attacco. Il Pentagono ha un dilemma: come rispondere?

Nel corso delle ultime settimane si sono moltiplicati gli assalti contro gli statunitensi in Medio Oriente

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Clima rovente in Medio Oriente, preoccupano le possibili ripercussioni a livello internazionale. Il rischio di un’escalation è palpabile e c’è da valutare un altro fenomeno in preoccupante aumento: gli attacchi contro le basi Usa dispiegate nella zona calda. Un’emergenza che ha scatenato non poche tensioni al Pentagono, in particolare per la strategia adottata dal presidente Biden: come riportato dal Washington Post, più di un funzionario ha espresso malcontento per quello che viene considerato un incoerente piano di contrasto ai gruppi sostenuti dall’Iran, ritenuti responsabili. Senza dimenticare ì come i limitati attacchi aerei di ritorsione approvati dal presidente Biden non siano riusciti a fermare le violenze.

Secondo molte figure di spicco del Pentagono, manca una definizione chiara di ciò che si sta cercando di scoraggiare. Anche perché se l’obiettivo è scongiurare futuri attacchi iraniani, sta miseramente fallendo. A gettare benzina sul fuoco il sostegno di Washington all’azione di Israele in Palestina e fino ad oggi gli avvertimenti nei confronti di Teheran a tenere a freno i gruppi di milizie sono rimasti inascoltati. Secondo quanto ricostruito dal quotidiano a stelle e strisce, dal 17 ottobre, le truppe statunitensi in Iraq e in Siria hanno dovuto affrontare attacchi quasi quotidiani con razzi e droni, per un totale di almeno 61 incidenti e altrettanti feriti. Numeri preoccupanti, che testimoniano la grande diffidenza contro la linea Biden.

L’attuale capo della Casa Bianca ha dato il via libera a tre serie di attacchi aerei, tutti nella Siria orientale. Il Pentagono ha fornito al presidente ulteriori opzioni oltre alle azioni intraprese fino ad oggi. E all’interno del Dipartimento della Difesa vi sono crescenti dubbi sull’attuale approccio. “Non vedo alcuna deterrenza. Continuano a sparare, aspettando che rispondiamo. Noi non lo facciamo, quindi continuano a sparare. E alla fine uno di quei droni, o uno di quei missili o razzi, ucciderà un americano”, l’affondo del senatore repubblicano Kevin Cramer. Ci sono poche alternative alle misure adottate fino ad oggi, confidano ancora dal Pentagono, tra il rischio di allargamento del conflitto e quello di esacerbare il sentimento anti-americano. Ciò che è certo è che anche a Washington il clima è tutt’altro che disteso.

Massimo Balsamo, 20 novembre 2023

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