Basta coccolare i figli: cosa c’insegna il “miracolo” dei bimbi nella giungla

La storia dei 4 bambini sopravvissuti 40 giorni nella giungla dell’Amazzonia ha dell’incredibile

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Quando i militari della Tap1 delle forze speciali colombiane hanno avvistato i bambini nella giungla hanno messo mano alla loro radiotrasmittente gridando “miracolo”: la parola in codice concordata per indicare il successo dell’Operazione speranza, quaranta giorni nella selva amazzonica e 2.500 chilometri di foresta battuta, alla ricerca dei quattro fratellini scampati ad un incidente aereo.

Il termine “miracolo”, lanciato al mondo dalle ricetrasmittenti dei soccorritori, non sembra inadeguato o esagerato di fronte al ritrovamento dei 4 fratellini vivi. Ci si chiede, infatti, come sia stato possibile un evento del genere. Di certo una misteriosa concatenazione di condizioni favorevoli ha portato a questo risultato abbastanza improbabile rispetto allo shock dell’incidente aereo, alla giovanissima età dei protagonisti, allo scenario naturale che ha accolto i sopravvissuti.

Ma forse proprio alcuni di questi elementi hanno in qualche modo “aiutato” la Provvidenza a compiere il miracolo: la giovane età dei protagonisti ha dato loro una forza fisica e spirituale genuina; il fatto di essersi ritrovati “insieme” ha consolidato il desiderio di resistere; la situazione di grave emergenza li ha probabilmente spinti a cogliere ogni minuscola opportunità di cibo e di riparo, soprattutto dalla fauna selvatica. Sarebbe interessante comprendere quale sia stata la formazione “a monte” di questi bambini, soprattutto del fratello maggiore: una resilienza di questo tipo non si inventa da un momento all’altro e non è spiegabile solo dalla contingenza emergenziale.

Qualcosa, nella vita e nella formazione di questi bambini, può averli in qualche modo aiutati ad affrontare una situazione drammaticamente unica, ma in qualche modo “preparata”. Sicuramente la natura non è stata per loro “nemica”, ma quasi madre e custode, proprio per loro che la mamma l’avevano persa. Sicuramente un esito di questo tipo non si inventa. La formazione umana li ha enormemente aiutati.

Pertanto questa vicenda ci porta a qualche utile considerazione: innanzitutto il ruolo della formazione dei bambini: quanto più gli adulti continueranno a fare di tutto per edulcorare tutte le situazioni, tanto più i nostri bambini saranno incapaci di affrontare le diverse situazioni della vita. Se un bambino italiano cade a scuola, banalmente giocando in cortile e riportando una semplice escoriazione, si aprono tutta una serie di procedure per accertare come si sarebbe potuta evitare quella caduta. Mi è capitato in Africa di vedere bambini giocare: quando cadevano, si rialzavano subito e riprendevano a giocare serenamente. In Italia arriva la lettera dell’avvocato. Forse che i nostri bambini necessitino di altre attenzioni?

Altra considerazione: il nostro rapporto con la natura. È uno dei temi più cari del pontificato di Papa Francesco: la natura ci protegge, noi la distruggiamo, usando irresponsabilmente le sue risorse. Pertanto, andando oltre quell’ecologismo che diventa in tanti casi una ideologia per la quale, per difendere l’ambiente, occorre imbrattare fontane e palazzi storici, bisogna ricondurre il tema del rispetto per il creato alla responsabilità della persona, del singolo e puntare, conseguentemente e nuovamente, alla sua formazione. Occorre davvero un nuovo umanesimo che punti alla formazione di un uomo nuovo, più semplice, umanamente formato e pertanto aperto ai bisogni dell’altro.

Suor Anna Monia Alfieri, 15 giugno 2023

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