Esteri

Basta con “finta pace” e tregue varie. Le guerre vanno vinte

Quando il conflitto raggiunge il livello che è sotto i nostri occhi, l’unica opzione praticabile è avere la forza di concluderlo

© Pavlo Vakhrushev e pronto8000 tramite Canva.com

“Ceterum censeo, Carthaginem esse delendam”, diceva Catone il censore dopo la missione svolta a Cartagine come delegato inviato da Roma nel vano tentativo di arbitrare la pace tra i cartaginesi e Massinissa, Re di Numidia. Noi la tramandiamo come “Cartagine dev’essere distrutta” in realtà era la formula con la quale, dopo il ritorno da Cartagine, Catone terminava ogni discorso svolto al Senato Romano qualunque fosse l’argomento trattato e che potremmo interpretare: “Oltre a tutto quello di cui vi ho parlato, ritengo che Cartagine debba essere distrutta”.

Insomma dopo aver conosciuto i fatti e i protagonisti Catone si era determinato che l’unica opzione, per salvaguardare la sicurezza di Roma e la pace duratura, fosse la completa distruzione di Cartagine con la terza e definitiva guerra punica. Non voleva una “guerra fredda”, non si preoccupava dei “danni collaterali”, non voleva “una operazione militare speciale” o una “guerra per procura”, non voleva sganciare “bombe intelligenti”. Quello che cercava Catone era la soluzione di un problema per il quale erano state percorse tutte le possibili opzioni “pacifiche”: Catone voleva raggiungere la pace e la sicurezza per Roma, attraverso la definitiva sconfitta di Cartagine.

Oggi sembriamo aver dimenticato l’obiettivo di ogni guerra, ovvero la ricerca di un nuovo equilibrio dopo che, crescita/decrescita economica o calo della natalità, rivendicazioni territoriali o pretese religiose, abbiano infranto l’equilibrio precedente. È la ricerca di questo nuovo equilibrio che si chiama pace e può essere raggiunto solo da governi e uomini decisi e fermi nelle loro decisioni. In questi mesi mi sono chiesto spesso perché tutti sapientemente ci informano delle tragedie della guerra, mentre nessuno sembra vedere i disastri della finta pace: crescita di fazioni terroristiche armate capaci di infettare intere nazioni privandole della sovranità (houty, Hezbollah, Hamas, talebani, ecc.); trascinamento di guerre per anni alternando tregue farlocche e recrudescenze di violenza attraverso attentati, bombardamenti e infiltrazioni; terrorismo utilizzato come arma globale; migrazioni generate da conflitti regionali; stragi come strumento per risolvere scontri tribali o religiosi (Sudan, Burkina Faso, Somalia, Siria, ecc.). Questo è il dramma che viviamo da anni, che incauti opinionisti e politici si ostinano a chiamare “pace” e vorrebbero ripristinare e preservare.

Di fronte a qualunque tragedia ed alla conseguente reazione il ritornello è sempre lo stesso, “de escalation” e “pace” ad ogni costo, ignorando pervicacemente che quello che questi sofisticati analisti chiamano pace, oggi significherebbe la fine di Israele e l’asservimento dell’Ucraina al neo imperialismo russo. Per essere più chiaro un nuovo tentativo definitivo di pogrom nei confronti del popolo ebraico e il nuovo asservimento delle popolazioni slave al potere di Mosca dopo quello imperiale e quello comunista. Come si può chiamare pace il furto del territorio subito dall’Ucraina o l’incessante bombardamento subito da Israele, come si può invocare la de escalation di fronte ad un nemico straordinariamente più forte o incredibilmente più numeroso, come si può confondere aggressore e aggredito.

Oggi ucraini e israeliani sono gli avamposti di un Occidente che combatte contro regimi e ideologie malvagie, e se loro dovessero soccombere toccherà ad altri combattere per la nostra libertà, fino al momento in cui toccherà a ciascuno di noi o ai nostri figli, perché così sono le guerre e se non vengono terminate si espandono come un tumore alimentato da rancore e speranza di prevalere. E se parlo di regimi e ideologie malvagie lo dico da occidentale che ritiene di dover fare una scelta di campo, perché questo è il nostro dovere di cittadini, sostenere, anche con la forza, i nostri valori ed interessi. Questo non significa non giudicare ciò che è giusto o sbagliato, significa farlo consapevoli delle conseguenze delle nostre scelte e dell’eredità della nostra storia.

Oggi l’Iran e la Russia sono i nemici dell’Occidente e Benjamin Netanyahu e Volodymyr Zelensky sono i più recenti protagonisti della stessa lotta di Catone: la ricerca della pace, prima per Roma oggi per l’intero Occidente. Perché quando la guerra ha raggiunto il livello che è sotto i nostri occhi, l’unica opzione è avere la forza di concluderla, mentre l’errore più grave è sospenderla o deescalarla come cercano di farci credere.

Smettiamola con il wokismo deescalatorio, smettiamola di ascoltare Orsini o la Albanese, evitiamo di far mancare i rifornimenti all’Ucraina qualunque sia il risultato delle presidenziali Usa, affermiamo con chiarezza nel Parlamento italiano e nelle istituzioni Europee che questi conflitti devono essere vinti, mettiamo fine all’ipocrisia dell’UNRWA smettendo di finanziarla. Sarebbe bello trasformare questi conflitti nell’opportunità per l’Unione Europea di affermarsi come protagonista politico e militare. Ma se forse abbiamo la forza, di sicuro ci manca il coraggio.

Antonio De Filippi, 3 novembre 2024

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