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Basta con la storia della Maglie e della Rai “occupata”

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Non rompete le scatole alla Maglie. Non trasformate una normale staffetta da spoil system informativo in una piccola e miserabile guerra di religione, in una scaramuccia di papiri rifritti, ovvero gli echi di uno scandaletto note-spese, che all’epoca finì in archiviazione, e che oggi è solo una recrudescenza di titoli e cifre mal digerite.

Finitela con queste trombonate su “il posto che fu di Enzo Biagi”. Quel posto di di tanti altri, di Riccardo Berti, di Oscar Giannino (sia pure in altro orario), di Pierluigi Battista, di Giuliano Ferrara. “Il posto di Enzo Biagi” dopo venti anni non esiste più, è un frammento di palinsesto come tutti gli altri.  Oggi ci sono la rete, i social, gli opinionisti su YouTube, l’informazione di Raiuno non è più una chiesa apostolica, ma uno dei tanti culti praticati.

E non tirate fuori questa pippa ridicola della “Rai occupata”: la Rai è sempre occupata da qualcuno, conduttori e giornalisti di ogni segno e colore, che rimangono come le stratificazioni delle invasioni barbariche. Se ci sono Vespa, Iacona, Iannacone, Fazio, la Berlinguer, la Bruchi e la Bortone – per dire – ci potrà essere uno spazio anche per la Maglie, oppure no?

Il problema di Maria Giovanna, dunque, non è che sia di destra o di sinistra (ovviamente è di destra), ma che ha delle idee forti. E soprattutto: che è intelligente. A volte si pensa e si sostiene che alla Rai dovrebbe prevalere una informazione priva di accento, stile finto-imparziale, se possibile manipolata con destrezza. Il bello della Maglie – invece – che molto spesso ha idee opposte alle mie, è che non le manda a dire, e che sempre è trasparente.

È andata spesso controcorrente, è stata spesso in disgrazia, ha indovinato la vittoria di Trump quando decine di altri analisti la consideravano impossibile perché era caparbiamente refrattaria al luogo comune. Quindi io non ho bisogno di condividere il pensiero della Maglie per trovarlo utile.  Bisogna solo trovarlo interessante. Tutto il resto è noia.

Luca Telese, 5 febbraio 2019