Ci sono lacune frasi che, in questo 21esimo giorno di guerra in Ucraina, bisogna tenere bene a mente. E riguardano l’Italia. Perché da una parte il nostro Esercito ha emanato una circolare, definita “di routine”, per incrementare l’addestramento alla guerra dei soldati; dall’altra i dati sul campo sono oggettivi, e va preso atto del fatto che il rischio di un conflitto, in determinate situazioni, è sempre molto alto.
Lo ha fatto capire chiaramente il Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica durante l’audizione alle commissioni di Difesa di Camera e Senato. Dopo l’invasione russa in Ucraina, la Nato ha dispiegato buona parte del suo potenziale militare sul fianco Est. Quello che guarda a Mosca. Oggi Stoltenberg ha parlato di 100mila soldati Usa sul campo, ma insieme a loro ci sono anche i nostri militari e quelli degli altri Paesi Ue. L’Italia, ha spiegato il generale Luca Goretti, ha deciso di raddoppiare la presenza dei caccia Eurofighter in Romania, a “meno di venti miglia dal confine ucraino”. Cosa significa? Significa che il rischio di un “incidente”, di quelli che di solito provocano conflitti globali, è dietro l’angolo.
I nostri caccia non restano infatti in aeroporto. Decollano per fare voli di ricognizione e magari di controllo dei confini. Ma nei cieli non c’è una linea precisa che delimita le frontiere, dunque il rischio di sconfinare è alto. “Per questo – ha spiegato Goretti – dico ai miei equipaggi che mai come ora ogni cosa deve essere fatta secondo le regole. Dobbiamo prestare attenzione nella nostra attività di difesa aerea: basta niente per sconfinare e trovarci in guerra. Per questo dico ai miei equipaggi che mai come ora ogni cosa deve essere fatta secondo le regole. Non bisogna mai farsi prendere dalla foga di vedere cosa c’è. Potrebbero esserci tentativi di farci entrare in territorio ucraino e sarebbe la fine”.
C’è un motivo, spiega il generale, se la Nato ha dispiegato così tanti caccia a pochi chilometri dal confine ucraino. E c’è un motivo anche se Zelensky da settimane continua a chiedere agli Alleati di istituire una No Fly Zone. “Ogni operazione bellica – ha detto il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica – deve ‘pulire l’aria’ in maniera tale che chi arriva sul terreno non trovi contrasto. L’abbiamo visto in Ucraina, dove sono stati colpiti siti del sistema antiaereo. Serve sempre un ombrello protettivo, ecco perché l’Aeronautica arriva sempre per prima. La Nato per prima cosa ha messo in campo tutti gli aerei per coprire il territorio: questo è un deterrente”.
E qui arriviamo al “nodo” italiano. Negli ultimi anni, infatti, il Belpaese ha deciso di ridurre la dotazione di aerei da guerra. Siamo passati in 20 anni da 842 a 500. Certo, i caccia costano. Ricordate le polemiche sugli F-35? Ecco. Però adesso ci troviamo con solo 300 aerei con “funzioni combat, nonostante – ricorda il generale Goretti – “un dimensionamento attendista della forza è sbagliato e la storia ce lo sta ricordando in questi giorni con cruda evidenza”.