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Basta regalie: perché è giusto rivedere il bonus cultura

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Se è l’idea stessa del bonus che ripugna ad una coscienza liberale, a maggior ragione particolarmente demagogico risulta ad essa il cosiddetto “bonus cultura” che Matteo Renzi introdusse in fretta e furia a scopi elettorali quando era a Palazzo Chigi. Chiaramente anche un liberale deve agire con pragmatismo, buon senso e senso politico, quindi qui non si sta a proporre l’eliminazione ex abrupto di quella pubblica regalìa. Che però essa vada rivista e riformulata, come ha detto il ministro Gennaro Sangiuliano, a me pare evidente.

Prima di tutto il problema è “filosofico”, oserei dire: cosa è cultura? Come si può definire culturale un consumo, e distinguerlo da altri che non lo sono? Il bonus lega la cultura a un oggetto o a un evento fisico: un libro, una mostra, un concerto. In questo modo, quella che viene avvalorata è l’idea mercantilistica e consolatoria di cultura che ha corso nel demi-monde pseudoculturale di chi frequenta acriticamente le librerie, alla moda, i teatri all’avanguardia, le cui linee guida vengono imposte da caste intellettuali, economiche e politiche.

La cultura andrebbe invece ricercata a parte subjecti non obiecti, consistendo in un movimento intellettuale in base al quale ci si riappropria di un “contenuto” culturale e lo si rielabora criticamente facendolo iventare parte integrante di se stessi. Inutile dire che i classici si prestano a ciò e non i libri di Fabio Volo e Michela Murgia o le messinscene teatrali di Emma Dante.

In questo senso, la domanda da chiedersi è se un diciottenne possa avere la capacità di discernere, oppure non ci sia bisogno della mediazione di un maestro come avviene nell’istituzione scolastica. Una mediazione che non può essere direttamente dello Stato, che, se si proponesse di imporre le proprie letture, diventerebbe ipso facto uno Stato etico.

“Leggere fa bene”, “compra un libro e cresci”, sono slogan che lascerei al marketing delle librerie Feltrinelli. Quanti libri circolano che fanno pena! E leggere non è altro che l’incontro dialogante fra due persone: per un diciottenne sarebbe opportuno che l’interlocutore fosse qualcuno che lo sa indirizzare e stimolare e lo aiuti a far emergere la parte critica che alberga in sé e in ogni uomo.

C’è poi un problema di equità, come ha sottolineato sempre Sangiuliano. Chi vive in una famiglia colta e benestante, con una ricca biblioteca, e con la possibilità di viaggiare e tessere rapporti di qualità, non ha la necessità di incontrare quelle persone eccellenti che sono gli autori dei libri eccellenti.

Ammesso e non concesso che il bonus possa essere una soluzione, legare l’aiuto alle ISEE, come ha detto sempre Sangiuliano, è doveroso, soprattutto in un periodo medio-breve. Gli “aiuti a pioggia” hanno solo un scopo politico, tanto che nel caso del bonus cultura si è motivato il provvedimento con la necessità di una generica “fiducia nei giovani”. I quali, in verità, di ben altra fiducia avrebbero bisogno da parte dei senior.

In ogni caso, quello che è necessario e che ci si aspetta da un governo di destra, passata l’impellenza della legge di bilancio, è una riconsiderazione sistematica di tutto il problema “cultura”, al di là delle mode, della demagogia e dei fini estrinseci che ad essa ha da sempre affidato la sinistra. Andrebbe recuperato lo spirito, se non proprio i contenuti, della “riforma Gentile” (ma abbozzata in precedenza da Croce), Che lo si riesca a fare nel 2023, cioè giusto un secolo dopo la sa promulgazione, sarebbe davvero un buon risultato per l’Italia

Corrado Ocone, 10 dicembre 2022

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