Sacconi, uno dei pochi intellettuali che si sono cimentati con la dura realtà del governo della cosa pubblica senza perdere il proprio spirito liberale, e Mingardi, nel loro ultimo libro (Stato essenziale, Società vitale) sono convinti che stia per iniziare una fase nuova, soprattutto «per ciò che riguarda i rapporti economici»: un po’ per il combinato disposto di inflazione e vincoli di bilancio e un po’ per la «consapevolezza che non è più praticabile l’alternativa dello Stato che tutto protegge».
Certo esiste la tentazione che gli autori chiamano «metodo lockdown», che è figlia di una politica debole, «ormai abituata a non decidere più nulla». Ma forse la parte più interessante del libro è il capitolo intitolato: «Impresa e Lavoro, pregiudizi duri a morire». «L’epoca in cui viviamo è dominata dalla proliferazione dei “diritti”. Questi ultimi però non ricordano neppure vagamente l’antica triade liberale di vita libertà proprietà. Non sono cioè istanze che i singoli rivendicano contro l’arbitrio del sovrano. Sono, in buona sostanza, spettanze: si offrono regimi di favore, sussidi, aiuti a gruppi particolari, definiti nel loro stato di “vittime della società” in vista della successiva compensazione. È una forma di corruzione del linguaggio, che però in politica porta anche alla corruzione delle idee, come ci ha insegnato George Orwell».
L’impresa è ancora vista come luogo di sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E di conseguenza si regola a più non posso. Gli autori fanno esempi pratici e ci raccontano come sia stata estesa ad esempio la regola del golden power persino alla fornitura dei materiali per la banda larga. «Uno Stato che si impiccia anche dei dettagli non è uno Stato forte, ma debole». Sul lavoro poi, le intuizioni di Sacconi, sono fondamentali: «È stato addirittura immaginato un contratto del lavoro unico, come una scarpa che va bene per qualsiasi piede. Questa apparente semplificazione si porta appresso tutta una serie di altre complicazioni. È la legge che deve essere semplice ed essenziale; il pregiudizio culturale da superare è quello per cui solo la legge può difendere il contraente debole (il lavoratore) dagli eventuali abusi delle imprese: nella società della competenza l’autonoma regolazione tra le parti è molto più attenta alle esigenze dei lavoratori e delle imprese rispetto alla norma inderogabile. L’approccio alla regolazione di impresa si accompagna un simmetrico approccio alla regolazione del lavoro, entrambi debbono trovare nella rivalutazione del contratto il loro punto di forza. Basta con norme sanzionatorie, dirigiste, fondate sul sospetto dell’abuso e sul culto della legge. Serve invece premiare la libera iniziativa dei singoli dei corpi sociali valorizzando la contrattazione più della legge». Difficile scrivere meglio.
Nicola Porro, Il Giornale 22 gennaio 2023